Arctic Plateau The Enemy Inside 2012 - New-Wave, Post-Rock, Shoegaze

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Undici tracce post-rock che cullano e a volte spettinano come una madre frustrata che educa il proprio figlio con dosi di carota e bastone frullate in parti uguali.

Ci sono dischi fatti di singoli, poche tracce e tutte canticchiabili dopo il primo ascolto, tutto si concentra in strofa-ritornello-strofa-ritornello e finisce che dopo una settimana già ci si stanca perchè l'effetto novità si è esaurito. Ci sono poi dischi fatti di atmosfere, canzoni dense e dilatate sulle quali è impossibile imbattesi per caso, le si è scelte e le si vuole ascoltare dall'inizio alla fine senza interruzioni.

"The Enemy Inside" appartiene alla seconda categoria, ha una capacità ipnotica notevole, in molti pezzi ci si aliena dietro i fumi di correnti esterofile quando in verità è tutto made in Italy. Undici tracce post-rock che cullano a volte e a volte spettinano come una madre frustrata che educa il proprio figlio con dosi di bastone e carota frullati in parti uguali.

E' un sogno plastico ed eterogeneo all'inizio, i giovani rami degli alberi e i fili d'erba salgono sempre più in alto con l'audace desiderio di toccare il cielo nuvoloso, vogliono sporcarsi di grigio per mimetizzarsi tra i grattacieli, l'uomo d'altronde è così: tentativi su tentativi per innalzarsi velleitario e le radici inevitabilmente sempre inchiodate a terra. Così si compongono le tracce di questo album, ognuna si sveglia intorpidita di riverberi e delay, dalla chitarra fatta di vetro zampillano poche note come se fossero d'acqua, si forma un rivolo melodico che diventa sempre più corposo fino alla cascata. Il volume aumenta, le piccole increspature si fanno tumulto e le distorsioni crescono: lo scroscio è totale, trattenersi sulla corrente elettrica è difficile, troppe scosse da cui farsi travolgere. "Idiot Adult", "Abuse" e "Trentasette" sono lo specchio dell'impeto che cresce lentamente della foce e si riversa furioso nella furia dello shoegaze.

Omogeneità tra le tracce, la strada è ben centrata ed imboccata senza dubbi: Giradini di Mirò e Tortoise guardano da dietro la tenda per tutta la durata del disco senza mai palesarsi completamente. Le nebbie si infittiscono o si diradano lisergiche attorno alle piante che germogliano, vento e staticità alterano come capricci l'andamento delle canzoni, sporcizia rappresa come lanuggine malinconica aspetta solo di essere raschiata con le mani, con le unghie se serve, dalla coscenza della pianta adulta. "The Enemy Inside" concentra tutta la rabbia urlata per non aver concimato in modo corretto il proprio bonsai che ora perde le foglie, è stecchito dai rigori dell'inverno e chissà se tornerà a rinverdire. 

La poetica del lavoro degli Arctic Plateau in questo album è racchiusa nello scoforto della giovinezza perduta, l'infanzia immacolata troppo breve e leggera per contrapporsi con forza alla crescita dell'uomo che, una volta tinto di grigio difficilmente recupera lucentezza; come quei fili d'erba, quei rami d'albero che tentavano di puntare in alto, al successo individuale, ma che le radici non fanno fatica a richiamare alla realtà terrena.

Meglio quindi un'esistenza da bonsai, conscio delle proprie bassezze fisiche, ma rigoglioso e fiero, in grado di sucitare incredulità in chi lo guarda tanta è la perfezione e l'armonia della forma.

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La recensione The Enemy Inside di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2013-03-08 00:00:00

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