K Tokyo 2002 - Rock, Indie, Alternativo

Primascelta! Tokyo precedente precedente

Giungono all'esordio vero e proprio sulla lunga distanza i K, forti della firma con le edizioni BMG. Piedi ben saldi a terra, il gruppo patavino ha evitato l'attesa sforna un cd registrato e mixato in totale autarchia su cui però compare il marchio di una major e - cosa che più conta, ed abbandoniamo così le beghe del versante ‘commerciale’ - che ha un suono certo non da demo-tape, anzi, ha una pacca che non ha nulla da invidiare ad osannate produzioni d'oltreoceano!

“Tokyo” allinea 11 episodi davvero convincenti, che dimostrano l'evidente evoluzione della band, capitanata da Andrea Maschio, il tentativo di prendere una ‘via propria’ che li discosti dalla (meritata nonchè onorevole!) nomea di ‘Smashing Pumpkins italiani’.

La qual cosa, da sola, varrebbe comunque il prezzo richiesto per il dischetto distribuito da Venus: perchè davvero le chitarre dei K sanno essere così dannatamente grasse, perchè gli stacchi ed alcuni passaggi odorano davvero di Billy Corgan. E chi non pensa che si tratti di sopraffine profumo, avrà comunque di che apprezzare i K: sul palco, perchè le chitarriste carine con la Telecaster non son cosa da tutti i giorni; nell'ascolto domestico, dove si possono apprezzare al meglio gli inserti degli archi e le finiture; ma anche in auto, dove il basso distorto - woofer permettendo - dovrebbe pigliare lo stomaco e riempirvi di sane, buone, pure vibrazioni rock.

Con tutto questo entusiasmo, quindi, va di buon diritto il bollino ‘Primascelta’ a “Tokyo”. Nonostante qualche dubbio inziale: forse perchè mi aspettavo di più: archi più british, che ‘aprissero’ la canzone e non che si limitassero a seguirne gli accordi - comunque sommersi dal magma di chitarre. Anche la voce a tratti non convince, scivola su forzature filo-Pelù, malefiche trappole che il vocalist non ha saputo evitare come in alcuni tratti della pur efficace “Non preferisco niente”.

Eppure, come non perdonare simili quisquilie ai K? Ehi, ma non per altro: bastano le grandi canzoni di un album che è un maturo monolite (e che qui, per scelta, si è evitato di menzionare singolarmente), per sorridere e riscoprire corpose chitarre capaci di portentose svisate, un drumming che è un treno, una scrittura solida e melodie di facile presa ma per questo non idiote.

“Tokyo” è un album di (massì, su dai scriviamolo!) Rock italiano, diamine. E della miglior pasta!

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La recensione Tokyo di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2002-04-15 00:00:00

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