Trouble Vs Glue Die Trauerweide 2013 - Electro, Pop punk, Dance

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Elettronica, post punk, noise: far rumore, ma farlo molto bene.

I movimenti meccanici quotidiani, quelli che vanno da sé quasi fossero privi di controllo, quei gesti automatici che mentre li fai il tuo cervello varca confini molteplici e differenti, ecco, quelli lì sono ciò a cui penso ascoltando “Die Trauerweide”: perché tutto è rapido, asciutto, come se ci si spostasse a scatti su una pista piccolissima, semivuota e surreale, e alla fine non ricordi bene cosa hai fatto durante lo scorrere irrequieto dei brani. L’elettronica diventa un mezzo per realizzare ritratti spigolosi, piatti lentamente digeribili, schegge velocissime che colpiscono alle spalle, e si rimane in bilico tra post punk decadente e grosse dosi di quel che viene dopo nella sua accezione più noise, sbilenca, lontana anni luce dalla forma-canzone, e tutto questo lo dico in senso positivo.

Che sia l’ipnotica “Metal Lead” trascinata dalla drum machine in un crescendo di effetti su una struttura essenziale, o “Spacegrave” coi suoi intervalli da videogame, e pure “All the Things that I Want”, la più incisiva, quella che rimane in testa più a lungo, tutto produce la sensazione di venire ingoiati, totalmente assorbiti, spostati con vigore da un’altra parte dove ci si confonde, si sbatte agli angoli, si scivola e si cade: e avanti con i nostri movimenti automatici, con l’alternarsi uomo/donna, coi balletti scarni e i clap your hands di “My Holy Sake” camminando sul lato più industrial del nostro peregrinare senza scopo, e perdersi nei cerchi concentrici di “Rudders in the Air” che ti prende a schiaffi con noncuranza.

A volte, quando si rilassano un po’ cercando strutture in cui immergersi con maggiore facilità, mi ricordano i Pixies (“In a Strangers’ Town”), ma hanno un’anima distinta, un cuore che cerca rumore per mangiarlo e trasformarlo, un nucleo minimale che si avvolge di diavolerie tecnologiche disturbanti, di quel disturbo che poi ne vuoi ancora, e dall’inizio alla fine di questo disco c’è una tensione così forte che fa stringere i denti e irrigidire la schiena, mille chiodi, infinite proiezioni confuse tra i gesti quotidiani, e non puoi distogliere l’attenzione, proprio non puoi: dunque bravi.

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La recensione Die Trauerweide di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2013-09-17 00:00:00

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