Rei120 Il germoglio 2002 - Rock, Crossover

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C’è da sentirsi in colpa per aver fatto passare così tanto tempo dall’arrivo del cd dei Rei 120, visto che si tratta di uno dei migliori lavori che hanno accompagnato le mie giornate nell’ultimo periodo. La storia è andata più o meno così: accade che ascolti certi dischi così tante volte, che entrano a far parte della tua giornata senza più fare caso alla loro presenza, si imprimono da sottofondo alle tue azioni, alle tue letture, al lavaggio dei denti, ai preparativi di fronte allo specchio ecc ecc e allora non riesci più guardarli dal di fuori e metterli per iscritto sarebbe comunque riduttivo.

Il motivo è semplice, quanto complesso. Non sentirete solo musica in questo cd: vedrete un film, una storia narrata fatta di pochi colori e vibrazioni sottopelle, per capirci sul genere delle produzione indipendenti italiane di provincia (alla Ovosodo) con location Ancona (città dei Rei 120). Vedrete un protagonista solitario, che prende a calci il vento con la sua chitarra, sorride con tristezza e contiene il dolore nella sua “canzone felice”.

La copertina sposa i toni sfumati del cielo e delle molecole al microscopio; il profumo è di quelli buoni e suscita atmosfere decisamente soffuse, oltre che foriere di suoni elettronici naturalmente. Come si sa, mai lasciarsi incantare dalle apparenze della copertina: delle volte (e questo è il caso), scopriamo molto di più di quanto prospettavamo. Concedetemi la difficoltà nel descrivere qualcosa di affascinante, che in questo caso non è facile impresa: la formula contiene chitarre accelerate e incalzanti, linea di basso tendente al prog melodico intrise di accordi dolciastri, samples&loops negli angoli giusti, vocalizzi altisonanti tra i primi Metallica/Soundgarden/Muse e inclinazioni malinconiche e intimiste che incrociano Buckley figlio e i torinesi Fluxus.

Dieci tracce di rock onnicomprensivo dalle più svariate incursioni: attimi di leggiadra poesia si scagliano su accattivanti riffs tempestosi che ti si infrangono addosso come un bacio appassionato e drammatico allo stesso tempo. Evidente il passato cross over/heavy-metal dei Rei 120, qui addolcito da un sound decisamente piacevole anche quando l’incisiva voce di Federico Dagoli prende la rincorsa su sfoghi “Toolliani “.

Quest’album segna un cambio di rotta verso sonorità pop/rock velate di sperimentalismo e di rapporti sapientemente bilanciati tra i confini metal e i bagliori dell’indie rock d’oltralpe come nel “il germoglio”, dove a chitarre distorte si alternano contrabbassi rimembranti i cari dEUS.

Un’assoluta piacevolezza rapisce le orecchie e avvolge tutto d’un fiato la coda dell’album, tra “canzone felice” e “pandora”. E’ così che va delle volte: l’orecchio si blocca come uno stoccafisso su uno massimo due brani guida e tralascia il resto per un momento. 1min 20 sec di “Canzone felice” bastano per un ‘immersione in apnea nelle ultime tracce di Ok Computer, in un sospiro dei Jesus&Mary chain, e a regalarci un improvviso senso di liberazione. Perfetta la scelta in inglese dell’esecuzione di Pandora, dove un eco in lontananza sembra cantato dalla pancia della balena o dal fondo del mitico vaso nefasto: il brano sfuma via a suon di sax come una cantilena nella scena chiave del film. Curiosa la sensazione che le precedenti tracce siano state sono una lunga(e intensa)introduzione al ponte costruito tra l’ottava e la nona track. Emblematica la comparazione suggerita dallo stesso titolo (Il germoglio) col susseguirsi delle stagioni: dai chiaroscuri rigidi invernali al riflesso di fiori che sprigionano essenze, germogli affiorati alla luce, la liberazione dal sottosuolo è ormai compiuta. Ska e rock’n’roll di “Sopra l’inferno” concludono l’epifania di una rappresentazione di ottima qualità e dispiegano le ali di una band dai caratteri altamente distintivi e personalizzati.

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La recensione Il germoglio di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2003-03-22 00:00:00

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