Tilak Illusione 2002 - Sperimentale, Etnico, Elettronica

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Secondo episodio sulla lunga distanza per i Tilak. Riduttivo sarebbe parlare di world music o di genere etnico, perché se è vero che molte e variegate sono le influenze ‘geografiche’ cui il quartetto è sottoposto - tanto che le lingue impiegate nel disco spaziano dall’italiano all’inglese (con brani tratti da Byron), dal greco all’assiro (con brani estratti da un poema epico) -, in realtà siamo in presenza di una miscela in cui dominano suggestioni indiane, con l’uso ricorrente del sitar e delle percussioni tradizionali, su un impianto generale a volte vagamente fusion, il tutto sapientemente vivacizzato da pattern ritmici drum&bass e da un utilizzo non eccessivo, ma sempre importante dell’elettronica.

Un disco, questo “Illusione”, sicuramente non facile, e che richiede un ascolto attento e interessato, anche in virtù di testi profondi che trattano tematiche esistenziali e, ancor più, spirituali, un po’ nello stile del Battiato operistico. Ma si sbaglierebbe chi pensasse a un disco ‘pesante’ o poco ascoltabile: se è vero che la pecca di una certa ‘prolissità’ fa capo in qualche episodio, va dato atto al gruppo di essere riuscito in più di un caso a gestire bene quell’equilibrio tra spessore musicale e ascoltabilità che invece spesso sembra mancare a tante band, fatidicamente sbilanciate indipendentemente dal genere, a favore di uno o dell’altro aspetto, quasi che la sintesi non fosse possibile.

Vanno fatti i complimenti ai ragazzi per il modo in cui il disco suona: potente e raffinato al tempo stesso, con un perfetto equilibrio tra le parti strumentali e le notevoli doti vocali e interpretative della cantante che spiccano pur non risultando mai fuori dalle righe (si ascolti la traccia 12 senza titolo).

Tra le tracce segnalo l’ambientale “So we’ll go no more a roving”, soffusa e raffinata, e la straniante e dilatata “AlSecondo episodio sulla lunga distanza per i Tilak. Riduttivo sarebbe parlare di world-music o di genere etnico, perché se è vero che molte e variegate sono le influenze ‘geografiche’ cui il quartetto è sottoposto - tanto che le lingue impiegate nel disco spaziano dall’italiano all’inglese (con brani tratti da Byron), dal greco all’assiro (con brani estratti da un poema epico)- in realtà siamo in presenza di una miscela in cui dominano suggestioni indiane (con l’uso ricorrente del sitar e delle percussioni tradizionali) su un impianto generale a volte vagamente fusion. Il tutto sapientemente vivacizzato da pattern ritmici drum&bass e da un utilizzo non eccessivo, ma sempre importante dell’elettronica.

Un disco, questo “Illusione”, sicuramente non facile, e che richiede un ascolto attento e interessato, anche in virtù di testi profondi che trattano tematiche esistenziali e, ancor più, spirituali - un po’ nello stile del Battiato operistico. Ma si sbaglierebbe chi pensasse a un disco ‘pesante’ o poco ascoltabile: se è vero che la pecca di una certa ‘prolissità’ fa capo in qualche episodio, va dato atto al gruppo di essere riuscito in più di un caso a gestire bene quell’equilibrio tra spessore musicale e ascoltabilità, che invece spesso sembra mancare a tante band, fatidicamente sbilanciate indipendentemente dal genere, a favore di uno o dell’altro aspetto, quasi che la sintesi non fosse possibile.

Vanno fatti i complimenti al quartetto per il modo in cui il disco suona: potente e raffinato al tempo stesso, con un perfetto equilibrio tra le parti strumentali e le notevoli doti vocali e interpretative della cantante, che spiccano pur non risultando mai fuori dalle righe (si ascolti la traccia 12 senza titolo). Tra i brani da segnalare anche l’ambientale “So we’ll go no more a roving”, soffusa e raffinata, e la straniante e dilatata “Alaassumakunuu’si”.

In definitiva questo é un album che merita attenzione, specie dagli appassionati del genere, e che presenta un gruppo maturo, con un progetto artistico ben focalizzato e realizzato. aassumakunuu’si”. Un disco che merita attenzione, specie dagli appassionati del genere, e che presenta un gruppo maturo, con un progetto artistico ben focalizzato e realizzato.

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La recensione Illusione di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2003-07-28 00:00:00

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