Colour Moves A loose end 2015 - Psichedelia, New-Wave, Indie

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Una sfida contro il tempo (che passa) vinta alla grandissima dai Colour Moves

C'è tutta una storia dietro a questo (finto) esordio dei Colour Moves, storia che meriterebbe di essere raccontata fin nei minimi dettagli, anche solo per coglierne lo spirito che ha (ri)animato il quintetto dopo quasi 30 anni dalla vera prima volta. "A loose end" viene infatti concepito (inconsapevolmente) durante la gioventù di Luca Cajelli (basso), Daniele Gavino Mura (batteria), Marco Magistrali (tastiere), Luigi “Gigi” Pecota (chitarra), Sergio "Saccingo" Tanara (voce) e Giorgio Ciccarelli (basso, chitarra).

La band ebbe vita breve a quel tempo, ma compose appunto moltissime canzoni oltre a quelle pubblicate come singoli, demo o in compilation/tributi. Oggi quel materiale ritorna a prendere vita, dopo che nel 2013 i Nostri decidono di ritrovarsi e, riascoltando i demo dell'epoca, scoprono che quei brani hanno ancora qualcosa da dire. Per cui imbastiscono una sorta di "Ritorno al futuro", chiudendosi in studio sia per risuonare ex-novo alcune tracce (quelle del disco 1) e sia per remixarne altre (quelle del disco 2). La distinzione vale ovviamente se decideste di comprare l'edizione in vinile, unico supporto fisico stampato, quasi a sottolineare il legame temporale delle tracce.

Vien da sé che, lanciandovi all'ascolto di questa raccolta, potreste percepire al primo ascolto una sensazione come di smarrimento, avendo a che fare con suoni e arrangiamenti riconducibili a 3 decadi orsono. E, sarà il caso di ricordarlo, i Colour Moves erano contemporanei dei R.E.M ("Murmur" è del 1983), dei Dream Syndicate ("The Days of Wine and Roses" è del 1982), dei Feelies ("The good heart" è del 1986), nonché figli dei Big Star di Alex Chilton, degli Jefferson Airplane, dei Soft Boys di Robyn Hitchcock, dei Television e, inevitabilmente, dei Velvet Underground (di cui ripescano la cover di "Venus in furs", già edita nella compilation "A tribute to Andy Warhol" del 1987). Peccato solo si trovassero ai confini dell'Impero del rock'n'roll, ché queste 13 tracce ci restituiscono una formazione in grado di competere con quei nomi - e, credetemi, non si tratta di spirito patriottico.

Per chi all'epoca c'era (o anche per chi quell'epoca l'abbia scoperta solo in seguito), "A loose end" diventa quindi un inusuale quanto graditissimo ritorno al passato. Di fatto la band non ha spostato di una sola virgola quanto scritto in origine, riuscendo a mantenere intatta l'ispirazione che diede vita alle canzoni. Proprio questo aspetto rende tutto il lavoro affascinante, trattandosi con ogni probabilità della sfida più grossa a cui i Colour Moves andavano incontro.

Una sfida che i 5 hanno davvero vinto alla grande. Peccato (per loro) sia il 2015 e non il 1985; fortunati noi, invece, ad averli (ri)trovati.

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La recensione A loose end di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2015-03-30 09:00:00

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