The Bluebeaters Everybody Knows 2015 - Ska

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La rinascita di una band che ha riscoperto il sacro fuoco che ne ha animato gli esordi: questo è il disco che chi ha amato alla follia i primi Bluebeaters aspettava da molto tempo

Correva l'anno 1999. Una band, nata quasi per gioco qualche anno prima da una costola dei Casino Royale (che, ricordiamolo, sono stati ai loro esordi una delle cose migliori che il levare italiano abbia mai prodotto) e degli Africa Unite (idem), si proponeva di rivisitare in chiave rocksteady e bluebeat (da cui il nome) alcuni grandi classici della tradizione giamaicana e non.

Partendo in sordina, quasi da club segreto, vendendo inizialmente il disco solo online, cosa che ora è normale ma in tempi di 56k era fantascienza. E da gioco divenne realtà, con i concerti che piano piano iniziano a radunare fiumane di gente (personalmente ricordo in particolare quello al Rolling Stone di Milano, visto con un caro amico e compagno di liceo, appassionatissimo di sonorità giamaicane, con cui si decise all'istante di fondare la nostra prima band, rocksteady appunto) e il successo che diventò travolgente, quando il folgorante "The album" venne ristampato con l'aggiunta del singolo "Il cielo in una stanza", con Gino Paoli.

Ma da lì in poi la storia la conoscono tutti. A noi qui interessano quegli esordi, con la sezione fiati di Parpaglione e Mr. T-Bone, con Patrick Benifei che ancora sedeva dietro il pianoforte a coda, con Bunna al basso e a cantare "Coming in from the cold" di Marley. Con un pezzo di Delroy Wilson, "Somebody has stolen my girl", che all'epoca era già in repertorio (e nel "Wonderful live" dell'anno successivo, perfetta fotografia dei primi Bluebeaters) e che non a caso apre questo nuovo lavoro della band, il primo senza Giuliano Palma: come dire, la volontà di tornare alle origini di quel progetto, alla magica essenzialità dell'one drop, non potrebbe essere più chiara di così.

Non si rinnega ciò che si è fatto negli anni, i bagni di folla con "Messico e nuvole" e "Tutta mia la città", la mezza fusione con i New York Ska Jazz Ensemble e i non formidabili brani originali di "Combo", ma si mette, con molta serenità, un punto. "Everybody knows" è il da capo: Patrick rientra nella band come vocalist al posto di Giuliano (e chi più adatto di lui, che già era il suo alter ego nei Soul Kingdom, a fine anni Novanta), Cato e Ferdi rimangono le colonne portanti della ritmica, la sezione fiati macina un riff dietro l'altro nella miglior tradizione Skatalites, il suono torna quanto più Studio One si possa immaginare.

E ne giova anche il repertorio, scelto stavolta interamente (o così sembra) tra i reali ascolti della band e del suo pubblico della prima ora, per cui brani come "Teenage kicks" degli Undertones, "Revolution rock" dei Clash, "Girlfriend in a coma" degli Smiths e "Roll with it" degli Oasis sono veri e propri anthem, tanto quanto lo sono "True confession" dei Silvertones e la già citata "Somebody has stolen my girl", e lo erano a suo tempo "Artibella" di Ken Boothe e "Let him try" di Alton Ellis, artisti che non pochi della mia generazione hanno scoperto grazie al lavoro di divulgazione dello ska original di cui i Bluebeaters si sono sempre fatti carico.

E anche quelli che sulla carta potrebbero sembrare azzardi (ma non lo erano anche "Believe" e "Wonderful life", in fin dei conti?), come "Toxic" di Britney Spears o le riletture di Springsteen, Neil Young e Kraftwerk, sono lontani anni luce dagli ammiccamenti un po' furbetti all'hair metal o alla canzone italiana che la facevano da padrone nelle ultime uscite live della formazione. Perché diverso è lo spirito, diversa è l'attitudine di una band che, forse perché non ha niente da perdere o forse perché finalmente libera dalle logiche ferree di certo show-business e dalla personalità ingombrante del suo ex-frontman, ha riscoperto il suo sacro fuoco e vive una seconda giovinezza assolutamente inaspettata, sfornando il disco che chi ha amato alla follia i primi Bluebeaters (e la musica in levare con tutti i crismi) aspettava da molto, molto tempo. Lunga vita.

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La recensione Everybody Knows di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2015-06-08 00:00:00

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