Capibara Gonzo 2015 - Hip-Hop, Elettronica, Ghettotech

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Un album alla Capibara in cui manca sempre la melodia. Si sente un po' la mancanza di "Jordan" ma se l'ha fatto così un motivo ci sarà

Ad ascoltare questo suo nuovo “Gonzo” posso solo dire una cosa: mi manca il Capibara di “Jordan”, l'album che precede questa nuova uscita del producer romano a capo della White Forest Records. Sì, mi manca perché forse lui non è più quello di “Jordan”, e finisce che poi uno si affeziona e vuole che le cose rimangano sempre tali e quali. Invece è giusto che un artista vada avanti e faccia il percorso che si sente di fare. Non sei tu, sono io.
Però “Jordan” funzionava davvero perché metteva insieme melodia, groove, sample un po' nerd però efficacissimi, attitudine da club. Era un album solido e poco importa che qui Capibara mi usi quei mantra di voci pitchate come in “Indoor” o che vada di percussioni etniche su “Key/Mon” o “Camel Hight” (quest'ultima con Petit Singe), o che si faccia aiutare da un rapper (Sgamo in “Septum”), che sono cose che già si sapevano da prima. Manca sempre (fondamentalmente) la melodia. Ma non è una fissazione la mia: è che ancora mi ritrovo a canticchiare cose come “TV Party” o “D”, che sono fra i momenti memorabili di “Jordan”. E perché? Perché c'erano (frammenti di) melodie. Quindi, per tirare le somme: Capibara ha fatto un album alla Capibara ma non di quelli da canticchiare mentre si esce di casa per fare la spesa. E se lui ha deciso di fare così, avrà pure le sue ragioni. Ad maiora!, come si diceva a Roma tempo fa.

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La recensione Gonzo di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2015-05-23 09:00:00

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