Panda Kid I Saw My Soul Leaving 2015 - Lo-Fi, New-Wave, C86

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Tra eclettismo minimale e suoni sporchi, il trionfo del lo-fi e e la rivincita di un loser.

In questa ricerca continua di cose giuste da fare, dello stile vincente per presentarsi il sabato sera, delle strategie sottili per conquistare tutti, ecco un disco che fa del lo-fi il numero su cui puntare, e non intendo soltanto a livello prettamente musicale: Panda Kid ha la reale attitudine del loser che alla fine trionfa. Eclettismo minimale e suoni sporchi, garage, punk e new wave privati di ogni possibile elemento catchy per raschiare il cemento, graffiare la lavagna e farti innamorare, di quegli amori che non confidi a nessuno sennò ti direbbero che non stai bene.

Ascoltando “I Saw my Soul Leaving” penso a qualcuno che cammina sciolto sulla spiaggia con gli anfibi, che dorme con gli occhiali da sole o mangia patate fritte e cioccolato: una leggera, curiosa follia che come una linea piccola e dritta separa la consuetudine da ciò che siamo davvero, basta fare un passo e ci sei dentro anche tu. Prendi “Garage on the Beach”, una marea oscura e tagliente che si scioglie nelle distorsioni noise di una chitarra ubriaca, con la drum machine che ti scivola sui fianchi e preme sullo stomaco, è proprio come non riuscire a dormire e assumere posizioni contorte che peggiorano soltanto la situazione.

Il mood hawaiano di “A Long Long Summer” sposa il tropical con ambienti ruvidi e polverosi, come tenere manifesti con palme e noci di cocco in cantina, ed è così anche in “We will be Palm”, sedie a sdraio in cantina, cocktail multicolore in cantina: è il concetto di basement che subisce una vera rivoluzione, occhio che potrebbe conquistare anche te. “Sun Take Care of Us” parte come un rullo darkwave per trasformarsi infine nell’apice della psichedelia che del resto aleggia come uno spirito guida un po’ alticcio su tutto l’album, e si chiude con “Summetry”, il pezzo certamente più orecchiabile e forse l’unico che si affaccia fuori per vedere che tempo fa, un pop lieve e calibrato che compie il percorso ideale per diventare una potenziale hit.

Acido, asciutto e lontanissimo da qualunque idea di eleganza formale, questo disco è il momento in cui tutte le sovrastrutture crollano, e in mezzo a un monte di bellezza finta e durevole come uno schiocco di dita, spunta lui, il beautiful loser, e in un attimo taglia la folla, lascia il segno, si prende la sua rivincita per poi tornare tra le palme e i cocchi della sua cantina.

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La recensione I Saw My Soul Leaving di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2015-10-02 10:00:00

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