Dumbo Gets MadThank You Neil2015 - Psichedelia, Pop, Lounge

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I Dumbo Gets Mad tornano con un concept album e una rotondità di suono che prende di petto il pop, quello più psichedelico

In una carriera di soli cinque anni i Dumbo Gets Mad si sono guadagnati il titolo ormai riconosciuto di gruppo italiano psych-pop per eccellenza: l’esordio "Elephants At The Door" e il successivo "Quantum Leap" hanno convinto pubblico e critica (internazionale prima che nazionale) a colpi di melodie intrecciate, digressioni lisergiche, organi '70s e fresco sperimentalismo. Il terzo album "Thank You Neil" forse è meno incisivo dei precedenti: le melodie più lineari, le digressioni meno profonde, la sperimentazione smussata per arrivare a una rotondità di suono che prende di petto il pop. Ovviamente, una declinazione molto particolare di pop, quella dreamy alla Toro Y Moi o Youth Lagoon, che si definisce in un certo gusto retrò deviato in un paesaggio onirico.

Rispetto alla frenesia sperimentale di "Quantum Leap", "Thank You Neil" poggia sicuramente su una coerenza più lineare e strutturata, e il concept che sta alla base del disco è esplicitato sin dal titolo: il Neil ringraziato è Neil deGrasse Tyson, conduttore di "Cosmos – A Spacetime Odyssey", un programma televisivo americano dove la spettacolarità dei viaggi nello spazio (con precisi effetti digitali) si unisce ad un'informata divulgazione scientifica.

Così come i Dumbo Gets Mad fanno riferimento ad un'atmosfera musicale tipica degli anni ’70, il programma televisivo in questione è un remake recente di una serie andata in onda nel 1980. Per questo ci sono almeno due “culture dello spazio” che si scontrano: se da una parte c’è "Thank You Neil", dall’altra ci possono essere due album rappresentativi dell’immaginario spaziale anni '70, ovvero "Space Oddity" di David Bowie e "Mothership Connection" di Parliament.
L’immaginario di David Bowie è figlio dell’allunaggio. Ricorrono i temi dell’eroismo, dell’avventura, della fascinazione non tanto per lo spazio in sé quanto per il superamento dei limiti umani (anche Ziggy Stardust altri non è che un supereroe, un uomo oltre i limiti). Nei Parliament di George Clinton indubbiamente il viaggio spaziale è un corrispettivo del viaggio spirituale, ma, considerando le dinamiche sociali dell’epoca, è facile riscontrare in questo viaggio un anelito alla libertà almeno individuale (o una fuga dalle condizioni di vita).

Nel lavoro dei Dumbo Gets Mad invece l’esaltazione per le conquiste umane è del tutto scomparsa. La fascinazione per lo spazio infinito è travolgente, e a confronto i sogni di conquista dell’uomo sono ridicoli: “The more we know, the less we mean” della title track e “Human kind is not able to do something special for free” di "340000" sono frasi sintomatiche, ma anche il titolo del primo singolo rilasciato, "Misanthropulsar", lascia intendere questa disillusione. Invece, non si deve confondere la psichedelia con il misticismo da santone di George Clinton: il viaggio spaziale dei Dumbo Gets Mad non è spirituale, ma intimo, privato come i sogni, slegato da qualsiasi anelito sociale o collettivo.

Ma se questi sono i confronti tematici, i punti di riferimento musicali sono ben altri. Seguendo una scelta che si può leggere alla base di questa disillusione spirituale, i Dumbo Gets Mad non guardano ai grandi autori della psichedelia o del funk (i due generi che più li identificano), ma alle produzioni scivolate più in sordina, come le colonne sonore di Piero Umiliani o Bruno Nicolai, ricoperte di una patina così onirica da strizzare l’occhio a certe atmosfere fiabesche disneyane ("Haters Paradise").
E così si va da momenti più trippy, come "Andromedian Girl" o "Quasar", a momenti più rock come in "Losing It", ma la coerenza di fondo del concept non tradisce una struttura complessa in continua variazione. Bravi.

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La recensione Thank You Neil di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2015-11-16 10:02:00

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