The D United States Of Mind 2015 - Rock'n'roll, Rock, Indie

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The D sul pianeta britpop di "United States of Mind"

Dall’intro del lontano pianeta “Plutone” dove il risveglio degli ampi arpeggi dell’elettrica precedono i suoni delle navicelle spaziali, si apre l’album con la traccia omonima “United States of Mind”.

Il solare disincanto dei The D gravita attorno alla freschezza e immediatezza dei Manic Street Preachers girando sui medesimi arpeggi iniziali, facendone di “United States of Mind” un brano semplice e gradevole. I quattro musicisti di Avellino sono di quanto più vicino possa esserci al mondo del britpop, senza cadere in una parabola di facili cliché e parodie del genere, agevolandone una direzione più vocata al panorama delle indie band britanniche sorte all’ombra di Blur e Oasis. Forse l’unica vera citazione più evidente li vede come autori di “The Genius” a causa di una scelta ritmica dell’intro fortemente influenzata dal tiro adottato in “Bring It On” e più in generale da Definitely Maybe degli Oasis, senza comunque esserne troppo penalizzata nell’idea del pezzo.

“Felix Theon & Mr. Fox”, si serve invece dell’ultimo Alex Turner per mettere in scena un buon pezzo degno dei Suede ponendo l’ultimo accento sull’assolo di chitarra in chiusura. Prosegue il proverbiale cammino con i preziosi synth a rinforzo negli arrangiamenti fino ad arrivare ad “All Star”, una quasi riuscita marcia britpop dettata dal ritornello costantemente rimarcato nei riff e fraseggi musicali, in un crescendo di cori a sostegno dell’intero pezzo. Diversamente in modo più spensierato, si giunge all’accattivante carica indie surf in stile Vaccines con “Pete”, dedica alla vita trasgressiva di Pete Doherty.

“Black Ants Invasion” a dispetto della fin troppo pop commerciale di “Pounds”, tesse le trame melodiche dell’album, confinando “Glenn Matthews” all’episodio più inaspettato del disco. Se da una parte la traccia di chiusura, apre un varco alternativo verso sonorità meno rotonde, dall’altra, il brano si discosta troppo dal resto di “United States of Mind”, che non presenta particolari sbavature per un album ben composto se non per una lieve mancanza d'intensità e carattere nelle idee proposte dalla band.

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La recensione United States Of Mind di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2016-02-19 00:00:00

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