Teresa De Sio A sud! A sud! 2005 - Cantautoriale

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Dopo nove anni di silenzio – tenendo fuori dal conto la partecipazione al disco “La notte del Dio che balla” e della raccolta del 1997, “Primo viene l’amore” - torna Teresa De Sio. E lo fa in grande stile, controcorrente, con un lavoro egregiamente prodotto, altrettanto egregiamente suonato, con un elenco di partecipazioni da leccarsi i baffi. Un disco pieno, denso ed intenso. Solare ma anche riflessivo, introspettivo e sanguigno. Tredici capitoli, uno più ingrigante dell’altro. Tutti essenziali, nulla da tagliare. C’è anche troppo, dentro “A sud! A sud!”.

Preavviso agli scettici nei confronti degli standard tradizionali e della musica popolare: dentro questo disco, in realtà, c’è di tutto. Jam strumentali, percussioni perfette e cesellate (bravo Arnaldo Vacca che ho avuto modo di apprezzare dal vivo con gli Indaco, dei quali ha traghettato alcune sonorità), un tentativo intelligente di riproporre con arguzia la musica popolare in maniera innovativa – che sembrerebbe un’antitesi – e “fruibile” da chiunque, dandole la dignità che merita con una produzione di alta qualità. Che è poi la missione alla quale la De Sio si è immolata sin dalla fine degli anni ’70 con le prime esperienze con i Musica Nova.

L’attacco con “O diavolo s’arrecreia” è entusiasmante, così come “La montanara”, il pezzo che segue. Poetica e struggente “Lu bene mio”, di Matteo Salvatore. Riprende con un basso prorompente il nuovo – nel senso di non standard - “Mamma Napoli”, scritto con Sasà Flauto, che rivendicando la napolanità più ortodossa (“E nun bastano cient’anne/All’acqua e mare pe’ pute’ cagnà sta razza”) è in realtà il primo pezzo organicamente strutturato e, come dire, più “memorizzabile” – l’inciso è davvero struggente, in un crescendo commovente e musicalmente dionisiaco. “Positano” calma le acque, con una swingata altalenante e ben cesellata. Manifesto dell’intero disco è “A sud! A sud!”, con una ritmica – quasi sincopata - da far paura e una serie di raffinati intarsi firmati Erma Castrista al violino. Doppietta melodica con “Addio” e “Stelle”: soffici, dolci, tutte arpeggi e linee essenziali, labor limae e voce – come al solito poliedrica, frastagliata, fra il mefistofelico e l’angelico, l’inquietante ed il rassicurante, quella di Teresa De Sio – in cui trova spazio anche qualche sostanziosa e sfiziosa spruzzata jazzy che, a qual punto della tracklist, dopo l’assalto popolare e vigoroso dei primi capitoli, ci sta davvero bene. Soprattutto in “Stelle”. Arriva Raiz in “Stammo buono”, che s’apre con un programmatico loop di fisarmonica ed un tappeto sonoro grandioso, e che lavora abilmente sui sentimenti che un crescendo ben architettato può suscitare. E’ il singolo del disco, che ha anche il merito di pennellare una Napoli finalmente – e ci voleva una napoletana doc a farlo - non è tutta pastiera e capitone (“A Napule stanno e padrone/Cu cravatte, cammise e canzune/ Teneno o cellulare/Teneno a varca a mare/ Te veneno a sparare/ si nun lle paghe o pizzo”). Dieci e lode. “Quando turnammo a nascere” sta alle radici del folk partenopeo, e quindi è d’obbligo. Ma gli scorci migliori arrivano dai nuovi pezzi firmati dalla De Sio, come quelli di cui si è già detto e “Salta salta”, che si svincola per un momento dal dialetto napoletano: tutti caratterizzati da un’euforia, una precisione, una minuzia che sottolineano l’inizio di una nuova golden age per la cantautrice partenopea. Chiudono l’immancabile “Pizzica” ed un pezzo molto pop – con lunga coda strumentale - che quasi non t’aspetti, dopo una scorpacciata di aria e mare del Mezzogiorno: “Aumm aumm”, in cui le capacità vocali della De Sio si esaltano.

Questo per chi dice che la musica popolare non è easy-listening: “A sud! A sud!” è uno dei dischi che ho ascoltato con più “facilità” e spontaneità, senza forzature, nell’ultimo anno. Un disco di effusioni, lacrime, sorrisi acustici, ecologici, pieni di sangue e Vita.

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La recensione A sud! A sud! di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2005-01-13 00:00:00

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