Fine Before You Came Il numero sette 2017 - Post-Rock, Emo

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Chi si aspetta il massimo del coinvolgimento emotivo da una band come la loro questa volta avvertirà un po' di mestiere. Se non sultani sicuramente visir del sentimento.

È difficile se non impossibile scindere il mero aspetto musicale da tutto ciò che vi ruota attorno quando parliamo dei FBYC. Anche questa volta un ritorno improvviso, contro ogni logica di mercato che ormai vuole il disco fuori in premiere e poi nei vari store. "Il numero sette" esce su Facebook, rigorosamente in free download, con un link Mediafire che ci ammicca e esplode nelle ore successive. Ogni volta sempre la stessa storia e si torna a parlare di una band di culto che indubbiamente ha fatto da apri porte a un genere rimasto sempre iper-protetto dalla e nella sua nicchia.
"Il numero sette" è un disco maturo e ostile ai facili ascolti. Nulla di rivoluzionario viene messo sul piatto se non la solita summa di emo post-hc fugaziano (sentite "Trabocchetti" e provate a non cantare “I'm a patient boy”), ibridato con post-rock, in questo caso unica vera novità probabilmente dovuta a chi ha firmato il disco in studio (Matt Bordin già al lavoro con Squadra Omega), insieme ad avventi di psichedelia e retrogusto doom industrial (qualcuno ha pensato ai God Machine?).

I testi se hanno ancora una vena biografica la vedono però alquanto sbiadita e non possiedono quegli anthem del passato finiti di diritto impressi indelebili su pelle (e sulle bacheche dei social network). Nessuna frase ti lascia ad occhi sgranati ed è qui che probabilmente troviamo l'unica lacuna ben visibile per chi si aspetta il massimo coinvolgimento emotivo ed empatico da una band come la loro.
Il cantato di Jacopo appare diverso in ogni brano e alzi la mano chi non ha avvertito influenze delle più svariate e distanti, da Federico Fiumani a Tiziano Ferro ("Sequel"). In generale per chi scrive, leggendo anche le parole con cui la band ha presentato il disco (“i pezzi hanno ancora i nomi provvisori della saletta. alcuni senza una fine, altri col testo da mettere apposto [...] anche se son circa 2 anni che li lavoriamo") è un disco nato dai ritagli di tempo di una band che non ha mai avuto intenzione di fare questo nella vita, ormai vestita da adulta e che va ad aggiungere un tassello alla sua personalissima storia. Belle chitarre, tanto mestiere e cuore medio. Se non sultani sicuramente visir del sentimento.

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La recensione Il numero sette di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2017-03-18 09:00:00

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