Hit-Kunle In The Pot 2017 - Rock, Alternativo, Afro

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Gli Hit-Kunle firmano uno degli esordi dell’anno: l’immediatezza di un’anima punk-rock al servizio di un afro-latin tra groove bollente e chitarre funky.

Dopo averci conquistato a mani basse col debutto degli Any Other, Bello Records ci fa innamorare con l’esordio degli Hit-Kunle: il duo padovano (che dal vivo diventa trio) vi rovescerà addosso un calderone di groove bollente e chitarre funky che, per praticità, definisce tropical rock, ma che in realtà nasconde un impasto di stili, colori e influenze. È facile farsi colpire dall'inaspettata urgenza e semplicità di forma che sembra quasi richiamare il crudo punk-rock dei Violent Femmes, o un classico anni '70. La voce di Folake Oladun, che corteggia il soul in più di un’occasione, fa in questo caso da spartiacque tra l’anima latina della sezione ritmica e i martellanti riff di una chitarra elettrica volutamente scarna, in un costante tira e molla tra l’Africa e il Vecchio Continente.

La formula, a quanto pare, funziona in modo brillante: i primi quattro, cinque pezzi del disco sono tutti potenziali singoli, poggiano saldamente su melodie immediate, percussioni accattivanti e una freschissima patina caraibica che non si trova poi così spesso dalle nostre parti. “May I Have Some?” e “Acid Fruit” proiettano immediatamente lo stile ben definito del gruppo, giocandosi fin dall’inizio la carta più danzereccia. Non che si smetta mai veramente di ballare in compagnia degli Hit-Kunle, ma alla frenesia dell’apertura si passa con nonchalance alle atmosfere più rilassate di “Slowdown”: il tormentone estivo da ascoltare anche in inverno.

Non pago di aver piazzato tre canzoni solidissime di fila, il duo aggiunge un leggero tocco psichedelico a un ritornello che canterete ad oltranza (“Bells”), per poi riaccogliere in grande stile, con la seguente “Share Your Love”, le adorate chunky  guitars e il miglior attore non protagonista del gruppo: il basso di Massimiliano Vio. A partire dalla breve intro tormentata di “Wildcat”, una vena più malinconica fa invece puntualmente capolino, man mano che ci si avvicina alla conclusione. Sia chiaro, resta una malinconia velata, nascosta con eleganza tra le immancabili atmosfere festose, ma che comunque riesce a trovare una sua valvola di sfogo ora sotto forma di chitarra distorta (“Pleasing Vice”), ora nel cantato più morbido di Folake (“He Was So Sad”).

Sarebbe ingiusto, a questo punto, liquidare gli Hit-Kunle con una frettolosa etichetta dal sapore tropicale. C’è un’anima punk che pulsa dietro le congas e i video con la frutta esotica, che per uscire allo scoperto ha trovato la sua piena realizzazione nelle sonorità afro-latin. C’è un pizzico di soul quanto basta e tutto il funk di cui avete bisogno. A questo punto, resta solo un grande rammarico dietro uno degli esordi dell’anno: se gli Hit-Kunle avessero pubblicato il disco a inizio estate, magari a fine agosto avremmo cantato uno dei loro pezzi, invece di una “Riccione” qualunque.

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La recensione In The Pot di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2017-10-02 00:00:00

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