Marcho’s s/t 2005 - Pop, Elettronica

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Nuovo colpo macaco. L’etichetta mestrina continua a segnalarsi per la qualità delle sue proposte. E brava! E bravi! Questo Marcho’s, poi, appare davvero progetto foriero di sviluppi. Paternità al cervello di Marco Mossuto, ragazzo che viveva la sua vita elettrica in quel di Cormons, provincia di Gorizia, regione Friuli Venezia Giulia. Gli sta stretta. E perciò, non se ne va in qualche metropoli, dove lunghezza, larghezza, altezza e profondità sono ancor più anguste, no no no. Se ne va ai confini estremi tra Italia e Slovenia, “nelle Valli del Natisone, in quel gruppo di case (5 o 6?) che si incontrano prima di salire a Topolove”, come recita la sua scheda di presentazione. Ragazzi, questo è un vero figo. Abbandona i suoi cari per vivere insieme ai suoi cavi, conscio che elettrico e internet ti permettono di vivere in un posto sperduto ed essere comunque nel flusso globale. Sì, lo so, siamo in Italia: qui dominano ancora gli sfigati, i vecchi fuori e vecchi dentro che credono ancora alla canzone “Com'è bella la città, / com'è grande la città, / com'è viva la città, / com'è allegra la città....! / Piena di strade e di negozi / e di vetrine piene di luce, / con tanta gente che lavora, / con tanta gente che produce. /Vieni, vieni in città, / che stai a fare in campagna? / Se tu vuoi farti una vita / devi venire in città!...”. Antichi. Com’è antico e sorpassato questo nostro disgraziato paese in cui ho/abbiamo la disgrazia di vivere. Tant’è. La vita è altrove. Il centro del mondo è ovunque, dove vuoi tu.

Così Marchos coi suoi sinth, col suo pc, la sua passione e una bottiglia di vino, scrive le sue canzoncine, ironiche, divertenti, leggere e fresche, cresciute su un'elettronica pop e radiofonica, ballabile e intelligente, che non somigliano a nessuno e insieme richiamano echi distanti. Com’è come non è, Marchos piglia la sua piccola astronave aliena e a Mestre, metropoli rispetto alle case sparse di Topolove, la sua musica cattura l’anima e il cuore di Alberto Cozzi, faccia d’angelo dei Travolta affamato di nuovi stimoli per l’anno nuovo. Fatta la storia. Si portano i nastri agli amici macachi ed esce il singolazzo, mentre si vocifera di un duo basso e tastiere che dovrebbe percorrere i marciapiedi balneari estivi dell’Adriatico.

Chi vivrà vedrà, ché di doman non v’è certezza. Fatto sta che ora abbiamo sti due brani e uno spizzico pronti ad andare in loop sul nostro lettore cd. “Mal di testa” coi suoi saltelli in due quarti è un tormentone malato che vi spaccherà i neuroni facendovi godere. “Una mia ossessione” sembra iniziare simile, ma c’è quel cantato malandrino e rabbioso che mi fa sovvenir in mente l’Alberto Radius di “Nel ghetto” (che ci volete fare? Sarà una mia ossessione). E poi, quello schizzetto finale con suonino da Tamagotchi che avrebbe fatto orgasmare il Vince Clarke annata 1981. Me li immagino sparati da qualche sound system, sti tre tocchi electro, e un ballo collettivo da ironica tregenda e recupero popolano, con masse che zompettano su e giù. In qualche campo di Venèssia, ciò. O meglio, tra i monti del Friûl, e mandi ai fantâts! O nella vostra stanzetta, nel vostro cuoricino, crollati esausti sul letto dopo tanto ballàr, a limonàr intenti.

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La recensione s/t di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2005-05-14 00:00:00

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