Belize Graffiti 2018 - Trip-Hop, Pop

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I Belize sono sì una band pop, ma con un gusto e una ricercatezza che li smarca da tutti gli altri

Essere contemporanei è una capacità che in campo artistico sottolinea la capacità di nascondere i riferimenti e l'ispirazione che generano l'opera, utilizzare tecniche personali ed essere il meno vecchi possibile. I Belize da questo punto di vista sono perfetti, l'originalità della loro musica vince di netto contro ogni tentativo di accostamento o similitudine con altri, il loro pop è assime leggero e denso. "Graffiti", questo il titolo del loro ultimo disco, esce a distanza di due anni dal precedente "Spazioperso": le stratificazioni sonore si accumulano in maniera sistematica, ci sono dettagli sonori nuovi ad ogni ascolto, testi oscillanti tra il serio e il naif, atmosfere malinconiche che però sanno far sognare, giochi di contrasto-canzone difficili da trovare in altre band del momento.
"A lei", primo pezzo in scaletta, è una dedica velata, che lascia l'amaro in bocca, si percepisce una senso di inadeguatezza diffuso che equilibra l'apparente leggerezza della melodia. La stessa sensazione si avverte in brani come "Pianosequenza" e "Iride", dove stralci di trip-hop spuntano tra l'indie e il resto.

L'elettronica è preponderante anche quando si capisce che la canzone ha radici più minimali, chitarra acustica e voce, come la bella "Barca" (con Generic Animal), in cui le voci di Luca e Riccardo si appoggiano l'una all'altra senza combaciare mai, un'imperfezione che ci sta da dio. Altro featuring importante quello con Mecna in "Non aprite quella porta", di sicuro il brano più carico di volume e d'enfasi, con una struttura che sale e poi ridiscende in picchiata come un rollercoaster.

Cura chirurgica dei suoni e gusto ricercato negli arrangiamenti, soprattutto nei brani più melliflui, come la canzone che da titolo all'intero lavoro "Graffiti", la progressione del brano che si crea strato dopo strato sopra un tappeto fatto di gocce sonore, regala due minuti e mezzo che vorresti continuassero per sempre. Strana è la chiusura, "Brotherhood" inizia con una chitarra da film di Tarantino che forse poco ha a che fare con il resto del brano, che pian piano, si dissolve in effetti distorti come a simulare un'eclissi. 

I Belize sono sì un band pop, ma non una delle tante: le loro composizioni sono frutto di una ricerca sonora non così scontata, e già questo li pone su un piedistallo non accessibile a tutti. La fusione delle melodie vocali così leggere e chiare con le sintesi elettroniche, vero tratto distintivo, tolgono ogni dubbio sulla bontà di questo progetto.

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La recensione Graffiti di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2018-07-16 09:00:00

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