TYTUS Rain After Drought 2019 - Metal, Hard Rock

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Dieci tracce di thrash metal classico ma non nostalgico, a metà fra la lezione dei Metallica e quella del metalcore

Sorte strana quella del metal, stretto fra il pressoché totale disinteresse di chi non lo abbia amato per almeno un periodo della sua vita, e l’ortodossia dei fan pronti a disconoscere qualunque deviazione eccessiva dal canone stabilito, soprattutto quando si parla dei sottogeneri classici, quelli generazione ‘80. Di positivo c’è che l’ecosistema heavy è forse non fiorente, ma in relativo equilibrio: scarse le possibilità di reale rinnovamento, scarso l’interesse dei fan in merito ad esse. E’ così che ci si può trovare a consigliare tranquillamente un album come questo ‘Rain After Drought’, secondo full lenght dei Tytus. Autodefinitisi New Wave of Traditional Heavy Metal, in riferimento alla New Wave of Bristih Heavy Metal che negli anni ‘80 aveva portato alla ribalta gruppi come Iron Maiden o Motorhead, in realtà il quartetto triestino batte più che altro la bandiera del primo thrash metal di scuola americana, quello, per intenderci, dei Metallica. Non è per amor di semplicità che citiamo la band simbolo del genere e uno dei gruppi più famosi al mondo: è proprio al quartetto di James Hetfield e soci che rimandano molti elementi del lavoro dei Tytus. Parliamo della voce, del riffing, delle composizioni dal minutaggio medio-alto con intro e intermezzi acustici e melodici, in generale di un senso della melodia che contraddistingueva i ‘tallica dei primi album rispetto a tanti altri esponenti del thrash americano o teutonico, e che in effetti li avvicinava di più all’heavy metal Made in uk e alle armonie di chitarra di gruppi come gli Iron Maiden. Accanto a quella del metal più classico, nel songwriting dei Tytus è forte anche l’influenza del metalcore anni 2000, che prendeva le mosse proprio dal thrash metal e lo sottoponeva a una revisione dei suoni e ad una forte iniezione melodica proveniente dal melodic death, ma anche da un certo emo. Bullet For My Valentine o ancora di più Trivium (che con i triestini condividono sicuramente un forte amore per i primi Metallica), sono nomi che chi conosce un po’ la scena metalcore anche solo grazie alla forte esposizione mediatica di qualche anno fa non avrà difficoltà ad associare a tracce come The Storm That Kill Us All o a ritrovare qua e là del DNA dell’album. Anche grazie alla lezione metalcore, dosata senza indugiare troppo nei clichè che imperversavano nel periodo di maggior successo commerciale, ‘Rain After Drought’ risulta essere un album molto classico ma che riesce a non suonare stantio, grazie anche ad una produzione credibile e per fortuna non in linea con la dimensione amatoriale spesso assunta dalle nicchie musicali. Raccomandato agli amanti del genere, astenersi fondamentalisti nostalgici.

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La recensione Rain After Drought di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2019-05-29 20:22:44

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