Tears of Sirens Flow 2019 - Trip-Hop, Rock, Elettronica

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Tra presupposti minimali e aperture emozionanti, la ricetta dei Tears of Sirens delizia dalla prima all’ultima nota e fa di “Flow” un disco magico

Giulia Riboli e Fabio Properzi, ovvero i Tears of Sirens, hanno attirato l’attenzione sulla loro musica già con l’EP di debutto, “The Abyss”, e la curiosità si è trasformata in vero e proprio entusiasmo all’uscita del loro primo lavoro su lunga distanza, “Hum”, che ha conquistato ascoltatori in tutto il mondo grazie alle sonorità ricercate e spiccatamente internazionali. Con “Flow” il duo apulo-piemontese conferma la propria raffinata sensibilità inanellando otto brani emozionanti e carichi di pathos che, pur ruotando sempre intorno alle imprevedibili e travolgenti orbite disegnate dal theremin di Giulia, si completano nelle architetture immaginifiche realizzate dagli altri strumenti, su cui morbida scende infine l’ammaliante voce di Fabio.

Sebbene ricche di echi e richiami di Portishead, Radiohead e affini, le composizioni dei Tears of Sirens hanno sempre una loro spiccata e distinta personalità che prende forma grazie alla cura certosina con cui i due sperimentano soluzioni per lo più insolite. Gli arrangiamenti pongono sempre in primo piano la dinamica dei pezzi, che risalta soprattutto attraverso i crescendo incalzanti, e mettono in scena sublimi giochi di pieni e vuoti, di luci e ombre. Così gli scenari di “Flow” nascono da visioni oscure su cui soffiano venti d’inquietudine ma procedono continuamente alla ricerca della luce salvifica, della redenzione, della speranza, come se la “consapevolezza che per il mondo il tempo è ormai scaduto” – come dichiarano nella presentazione di questo disco – fosse contemporaneamente un auspicio per un nuovo inizio.

L’opening del disco, nonché primo singolo, “Lost”, ci proietta in una “selva oscura” a partire dalla quale, con le tracce successive, intraprendiamo un vero e proprio viaggio nei meandri del nostro inconscio e, a volte con passi più lenti e altre con fughe tormentate, procediamo fino alla luce che giunge nel finale, con la conclusiva “Light ray” (e già dai titoli dei pezzi citati la parabola dal buio alla luce sembra evidente). Punti cardine del percorso sono “Waste in my mouth – Reloaded”, un ipnotico labirinto di immagini sonore dalle melodie travolgenti, e la commovente “Into my veins”, in cui la semplicità sfiora il sublime.

Tra presupposti minimali e immense aperture emozionanti, la ricetta speciale dei Tears of Sirens delizia dalla prima all’ultima nota e fa di “Flow” un disco davvero magico.

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La recensione Flow di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2020-05-08 10:29:59

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