Carolina Bubbico Il dono dell'ubiquità 2020 - Pop, Jazz

Disco della settimana Il dono dell'ubiquità precedente precedente

Pop e Jazz, il Salento e gli States, semplicità e virtuosismo. La musicista leccese infiocchetta melodie accattivanti su arrangiamenti complessi in un disco irresistibile

Il dono dell’ubiquità è il terzo disco da solista di Carolina Bubbico, jazzista leccese che nel 2015 si è fatta vedere dal grande pubblico dirigendo l’orchestra al Festival di Sanremo. Se in quella circostanza doveva accompagnare l’esibizione de Il volo, qua la musicista salentina sfodera un disco molto distante dalle pompose melodie del trio canoro giovane fuori e vecchio dentro: Carolina Bubbico declina le sue influenze jazz in un disco che strizza l’occhiolino al neo soul elettronico di Janelle Monaé, alla sinuosità di Erykah Badu e alle contaminazioni di Robert Glasper.

In Inghilterra, il campione assoluto del jazz trasformato in pop è l’enfant prodige Jacob Collier, fin irritante per quanto è consapevole del suo talento. Carolina Bubbico ha un approccio simile nell’infiocchettare melodie accattivanti su arrangiamenti complessi, spesso con armonizzazioni vocali e intro a cappella, ma senza quella tendenza a strafare continuamente tipica della star britannica. Ed è in questo equilibrio tra semplicità e virtuosismo che il disco trova la sua forza.

Il dono dell’ubiquità è un titolo emblematico: ci troviamo allo stesso tempo con i piedi ben piantati nel Belpaese – e di cui Italianità vuole essere un divertente omaggio funk dialettale con Speaker Cenzou, Sud Sound System, Serena Brancale e Davide Shorty – e gli States, tra la Puglia, la Roma di Enzo Carella, la Indianapolis di Prince e pure il Mali (Baba Sissoko fa una comparsata in Voyage).

Carolina Bubbico riesce a muoversi in bilico sul bordo del pop in plastica da classifica, senza caderci rovinosamente dentro: la stessa Bimba, singolo che anticipava l’uscita del disco, smarca subito il ritornello catchy con cui si apre e diventa una hit ricca di trascinante groove. Altri episodi degni di nota: il duetto-ballatona Beverly Hills, che nulla c’entra con i Weezer, tutta giocata su piano e batteria e con la partecipazione di Michael Mayo, e il funk di Respirare, sostenuto da un basso essenziale e glorioso. Un disco che ci lascia ancora un po' di estate, in questo autunno che avanza inesorabile.

 

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La recensione Il dono dell'ubiquità di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2020-10-02 08:00:00

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