Miriana Faieta Racconti 2021 - Cantautoriale, Pop

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Uno scrigno con dentro tanti piccoli gioielli, un sogno che inizia e non si sa quando finisce, perchè forse...non finisce mai.

Racconti è il primo lavoro discografico solista di Miriana Faieta, cantautrice pescarese e personalità ormai conosciuta in ambito jazz, voce cristallina e impostazione perfetta.

Si tratta di un ep, una tasca piena di piccoli gioielli, cantati con leggerezza, con testi semplici e immediati e con un arrangiamento che prende per mano l'ascoltatore e lo lancia in un girotondo gioioso e positivo.

Il sasso nella scarpa inizia con accordi fermi di pianoforte e voce e si snoda leggera con l'aggiunta di archi e xilofono. Il tema dell'infanzia perduta ancora prima di averla potuta elaborare viene snocciolato con una semplicità disarmante da una voce che non risulta mai invadente, anzi semina leggerezza nell'ascoltatore.

Carolina parte con molto più brio e racconta di una donna che cerca di accettare se stessa e convincere gli altri che questa accettazione sia reale. Accettazione forse di una vocazione o comunque di un qualcosa che non manca di produrre in lei dei sensi di colpa.

Lo chiami Dio inizia con pennellate di pianoforte e voce. Parla di "uomo e donna e tutto ciò che c'è nel mezzo", di quel qualcosa di inafferrabile, che continui a sfiorare e mai ad acchiappare con tutta la mano. L'andamento della canzone è stabile, ben puntellato eppure le chitarre riescono a far decollare la canzone insieme ad una metrica del testo che accelera inesorabilmente fino ad un delicato finale "Lo chiami Dio ma non lo cerchi più da un pezzo…".

Il professore si apre sempre con un pianoforte protagonista e accenni di fiati. Si tratta del racconto di un uomo, vedovo, che si rinchiude nel suo mondo pieno di vuoto, senza più un centro attorno cui orbitare. C'è il senso dell'abbandono, la voglia di arrendersi alla propria fine, alla fine della propria vita a metà. Colpisce anche qui il contrasto tra l'argomento così pesante e scabroso e l'interpretazione leggiadra che rende l'ascolto equilibrato e non troppo tragico.

Le otto notti inizia con una voce in un registro un po' più alto e un pianoforte con un chorus sognante. L'ingresso di un arpeggio di chitarra e la cassa in quarti da propulsione e fa partire il pezzo mantenendolo morbido, mentre il testo ci racconta le notti che passano dal silenzio, al tentativo di produrre un frastuono che non viene sentito. Anche qui il tema dell'incomunicabilità con l'universo viene affrontata con positività, per cui l'ottava notte lascia una speranza, l'incontro con un'anima affine e un mondo che diventa nuovamente luminoso.

Nostalgia parte con spazzole e contrabbasso ostinati a cui si unisce presto il pianoforte, poi la chitarra acustica. Stiamo guardando un dipinto dove c'è un pilota, poi uno dove c'è un pescatore, poi ancora una bambina che esce da scuola, poi la gatta che torna dopo essere scappata da casa e via dicendo. L'armonia ci porta senza accorgercene verso sonorità nostalgiche mentre il racconto prosegue e pennella altre piccole cornici e ci porta lentamente verso la fine di una specie di sogno ma senza farci risvegliare, con una coda strumentale che invece ci culla, per mantenerci in questo stato piacevolmente onirico, concludendo sospeso.

Racconti, come dicevamo, è uno scrigno ricco di piccoli gioielli, tanto leggeri quanto preziosi, al contrario dell'oro. Gli arrangiamenti sognanti sembrano essere emanazione diretta dei testi e per questo bisogna ringraziare gli eccelsi musicisti che hanno partecipato alla registrazione. La voce è quella marcia in più che con estrema padronanza tecnica e dolcezza ci porta oltre confine e nel frattempo ci rassicura con quel timbro flautato di una mamma che sta cantando una ninna nanna al proprio figlio, sperando di calmarlo e di accompagnarlo nel mondo dei sogni.

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La recensione Racconti di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2021-08-31 19:22:09

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