EddaIllusion2022 - Cantautoriale

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Il ritorno del cantautore milanese è un piccolo miracolo fatto di canzoni minimali e vive al tempo stesso, che finisce col commuovere nei suoi punti più emotivi

Da quando Edda ha riniziato a registrare canzoni, dall’album Sempre Biot del 2008, dopo essersi trovato come rockstar nei Ritmo Tribale, poi perso, poi ancora ritrovato diverso, ha sempre detto che i suoi dischi fanno schifo. Forse si salva Graziosa utopia, secondo lui. Giusto per provare ad essere un minimo più oggettivi, quel disco lì del 2017 è un capolavoro e questo del 2022, Illusion, non è da meno, anche se chi ascolta non troverà quel tipo di indie rock più compiuto e rotondo. Nel mezzo c’è stato Fru Fru, un album diverso, meno incisivo, più volutamente leggero. Stavolta Edda torna con un album di inediti che già dal primo ascolto convince e incuriosisce, che si scarta a vari livelli come uno di quei regali col pacco grande (nessun gioco di parole) che man mano che lo apri trovi un sacco di cartone e pacchi sempre più piccoli. Poi, sorpresa finale, nel pacchetto più piccolo c’è un diamante.

La produzione di Illusion è a opera di Gianni Maroccolo, vate del rock italiano indipendente dagli anni ’80 dei Litfiba fino ai CCCP, CSI e poi ancora Marlene Kuntz, bassista eccezionale e arrangiatore attento, per un sodalizio che suona come i dischi che venivano creati per il vinile, senza la massimizzazione selvaggia delle tracce che toglie la dinamica ai brani. Un disco di canzoni che non superano i quattro minuti, in cui Stefano Rampoldi utilizza registri vocali inusuali in canzoni dissonanti, istrioniche; che sembrano corpi vivi, che cambiano forma e sostanza nei minuti in cui di solito, in una canzone pop, si fa in tempo a mettere su un paio di strofe e di ritornelli identici. E che mostrano quanto l'accoppiata Maroccolo/Rampoldi sia in grado di trovare nuove forme espressive, ben più vivide e stordenti di quanto molti progetti giovani riescano a fare in questo momento.

L'avevamo già percepito con Lia, struggente primo singolo estratto dal disco, dedicato alla vita mai conosciuta di una madre prima che diventi madre. Quello rimane uno dei picchi del disco, a cui si aggiungono Mio capitano, canto drammatico su un testo che unisce pathos, dialetto e immagini volgarissime, il cuore lancinante di Trema, le chitarre fumanti di Carlo Magno, e in generale un disco ispiratissimo, minimale e variegato al tempo stesso, che fa sorridere nelle sue immagini più triviali per poi commuovere con un solo battito di ciglia. Tutto unito dalla voce pastosa e dalle parole smangiucchiate di Edda, che ancora una volta mostra l'infinita grazia del quotidiano. Anche di quello più rozzo.

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La recensione Illusion di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2022-09-23 00:01:00

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