Club Tenco. Nei 60 c'erano più creativi

Su La Stampa di oggi leggiamo un articolo, a firma di Andrea Scanzi, che col pretesto di presentare il Club Tenco di quest'anno, si pone una domanda: ha ancora senso questa manifestazione nel ruolo di talent-scout? Sì, solo se "saprà liberarsi di quegli stereotipi per cui la canzone colta è bella solo se annoia."
Eppure, a parte l'annosa (quanto scontata) questione sul rapporto tra canzone colta e noia, non ci pare che durante l'anno il Club Tenco lavori alacremente per presentare nomi nuovi su cui scommettere. Al contrario, svolge il classico compitino da "revisore dei conti", a certificare il lavoro di scouting a cui evidentemente assolvono altre realtà. Senza contare che l'opera di revisione è spesso e volentieri datata, perché se il risultato è quello di pubblicare una raccolta (ovviamente in cd, nel 2010...) intitolata "La leva cantautorale degli Anni Zero" - mancando, per fare un esempio, un nome eclatante come quello dei Non Voglio Che Clara (segnalati dallo stesso Scanzi tra gli assenti...) - forse gli organizzatori meriterebbero critiche più feroci.

Il punto è che, quando sui media se ne parla, si continua a rimestare su ciò che é stato anziché sfruttare lo spazio a disposizione per raccontare un po' più dettagliamente delle proposte che meritano attenzione; per cui si racconta ogni anno la stessa storia, gli stessi ospiti (alcuni coetanei di Tenco!) che si turnano, le polemiche per i finanziamenti delle giunte amiche/nemiche che mancano e via discorrendo. Come se non bastasse, si ritorna puntualmente sul fatto che "nei Sessanta era più facile essere creativi" (dove sta scritto?), e di fronte al "ricambio generazionale" si constata persino che "la musica d'autore paga uno dei grandi problemi italiani". Sorprendente, vero?

In fondo basterebbe andare a cercarsele le cose nuove, ma occorrono tempo, voglia e - suonerà retorico - una discreta propensione alle novità, tutte qualità lontane anni luce dall'organizzazione del Club Tenco. Però bisogna dirglielo, sfacciatamente, anche a costo di doversi pagare il buffet, suggerendogli inoltre che non basta inventarsi una nuova "targa" (o un'altra raccolta...) per sperare di assolvere al compito. Altrimenti c'è sempre Renzo Arbore e l'Orchestra Italiana... // Faustiko

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L'articolo Club Tenco. Nei 60 c'erano più creativi di Redazione è apparso su Rockit.it il 2010-11-11 00:00:00

COMMENTI (12)

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  • rokkitt 14 anni fa Rispondi

    per "questo posto", intendi quello che ogni anno organizza festival e manifestazioni che danno spazio (e palco) a decine e decine di nomi, mentre il Tenco considera ancora Morgan e la Consoli quali esponenti della nuova musica?...

    a chi ti riferisci...dente,le luci, beatrice antolini,...questi sono alcuni dei nomi nuovi della musica italiana????
    ops... (nomi e cognomi)...questi 4 messi insieme non hanno 1/10 del talento di morgan...solo per citarne uno.e, bada ben, io non sono un fan di Marco "morgan" Castoldi...anzi...

  • rokkitt 14 anni fa Rispondi

    ci saro' ...:)

  • faustiko 14 anni fa Rispondi

    Per il MiOdi devi venire al mercoledì successivo... :]

  • faustiko 14 anni fa Rispondi

    A parte che Marco Villa ti ha già risposto in maniera esauriente, ribadisco che quando fate le critiche (mi vanno benissimo...) sarebbe più costruttivo che facciate nomi e cognomi...

  • quid 14 anni fa Rispondi

    per "questo posto", intendi quello che ogni anno organizza festival e manifestazioni che danno spazio (e palco) a decine e decine di nomi, mentre il Tenco considera ancora Morgan e la Consoli quali esponenti della nuova musica?

  • rokkitt 14 anni fa Rispondi

    non credo che su questo portale si possa neanche vagamente accennare ad una critica al premio tenco...forse da qualche altra parte se ne potrebbe parlare..ma qui, dove si pompano a dismisura progetti totalmente inutili e privi di un qualsiasi contenuto artistico serio che non sia un pippone di qualche recensore nerd...qui proprio non credo.... questo non è il posto giusto per criticare o dibattere sul premio tenco.:|

  • fekkia 14 anni fa Rispondi

    se ci affidiamo al consolatorio è perchè abbiamo un terribile bisogno di essere consolati, punto primo.

    punto secondo, attorno a figure come dente e brunori in quest'ultimo periodo si è creato un consenso di critica e di pubblico, i loro dischi hanno venduto qualcosina, le loro canzoni hanno fatto il giro, hanno fatto felice della gente, mi sembra corretto che abbiano un posto di riguardo in un festival di musica italiana: poi ti ricordo che tra le uscite "serali" al miami dell'anno scorso c'erano i giardini di mirò che non sono esattamente gente che ammicca a battisti e gaetano...

    quella "roba così digerita" di cui parli si chiama semplicemente canzone pop, ed è digerita proprio perchè la fanno tutti da tanti tanti anni. io credo si debba gioire quando qualcuno che la fa con stile con gusto e con intensità raggiunge consensi sempre più ampi. proprio per questo ora io esco di casa, raggiungo l'ariston, e vado a cercare brunori per fargli i complimenti.

    grazie del dibattito, è interessante, continuiamo!

  • utentedoppione 14 anni fa Rispondi

    Sarò il solito criticone...ma il mi ami non mi sembra che risponda a queste caratteristiche: se rischia qualcosa la rischia alle 16.00 quando c'è poca gente. Poi più va avanti la sera più ci si affida al consolatorio, ai dente, ai brunori... ma è possibile mai che si dia così tanto spazio a modi di scrivere così poco originali? D'accordo Dario Brunori scrive canzoni carine, ma niente di più, niente negli arrangiamenti, testi che ammiccano facili facili a situazioni d'infanzia... non gli voglio male, solo non capisco come si voglia ascoltare della roba così già digerita, tutto qui. Ed è così per molte situazioni nell'indie, che dovrebbe essere il posto deputato alla creazione di idee nuove...

  • fekkia 14 anni fa Rispondi

    mah, tra tutti i festival che conosco io, quello che più si avvicina alla tua descrizione è proprio il mi ami. il pubblico non vuole sentire musica trita e ritrita, non è vero, il pubblico siamo tutti noi, non esiste un pubblico "là fuori", tu vuoi sentire musica trita e ritrita? il problema è forse la mancanza di quegli spazi "non condizionati", ma non saprei se veramente il compito di un festival sia quello di essere "non condizionato" (anche perchè forse in tal caso mancherebbe di direzione artistica). Per uno spazio neutro ci sono i negozi di dischi, ammesso che se ne trovino ancora in giro.

  • utentedoppione 14 anni fa Rispondi

    Secondo me il problema principale in Italia è il pubblico e, quindi, a pioggia tutti gli altri comparti ne risentono.
    Poco pubblico e per giunta vuole sentire musica trita e ritrita, come ad esempio i Non Voglio che Clara. Il loro è un linguaggio vecchio, che non sposta di una virgola quanto detto da altri in precedenza, e pure fuori tempo massimo.
    Il mio non è un appello per una musica nuova a tutti costi.
    Vorrei solo che laddove ci sono spazi -teoricamente- non condizionati ci fosse più amore per la sperimentazione, per la creazione di un modus operandi differente. Vorrei che ci fossero festival che non cedessero alla logica dell'headliner che porta gente, che il pubblico fosse più curioso, che i musicisti bravi non si scoraggiassero e non appendessero lo strumento al chiodo per convertirsi in qualcosa di appetibile (nei due paradigmi possibili in italia adesso ovvero il caciaronmaledetto alla TDO o il sentimentalretrò).
    Arrivederci