Tre Allegri Ragazzi Morti - telefonica, 22-02-2007

(Luca dei TARM - Foto di Cecilia Ibanez)

“La seconda rivoluzione sessuale” (La Tempesta) è uno di quei dischi che rischiano di fotografare un decennio. Meglio farci quattro chiacchiere con Davide Toffolo. Che parla di titoli, sesso, musica, resistenza, etica e Rockit. Due persone al telefono: Davide e Renzo Stefanel.



Stamattina apro Rolling Stone e vedo che Madeddu mi ha fregato la prima domanda: il titolo.
Il titolo è un titolo... ha dentro cose che mi interessavano. Il disco non è propriamente un concept, e il titolo è come la copertina, come un suono, come un colore. Ci sono delle parole che mi interessano, come rivoluzione, e poi il disco ha una sessualità e una sensualità più esplicite di tutti gli altri. Ma “la seconda rivoluzione sessuale” resta un titolo, un colore. È una specie di auspicio, visto che in passato uno dei momenti migliori del rock è combaciato con la prima rivoluzione sessuale. Mi piacerebbe accendesse il desiderio di viverne un’altra.

Questo è un disco sul sesso, sul piacere, sulla mercificazione, sul rock’n’roll, sulla resistenza, sulla libertà. Parliamone.
È come dici tu... C’ho messo un po’ a scrivere questo disco. L’altro era di tre anni fa. La scrittura ha preso un tempo lunghissimo. Succede così perché io non sono propriamente un musicista: ho bisogno che le cose mi succedano intorno. Ho una scrittura diretta, ma non autobiografica. Spesso i miei sono acquerelli e ho bisogno di tempo per raccogliere sensazioni. Il disco non è stato progettato, ma non è nemmeno un disco per ballare o per sballarsi, e neppure di genere. I Tre Allegri Ragazzi Morti fanno musica che alla fine non è facilmente inscrivibile dentro un movimento. I temi che ci sono dentro sono sempre stati il motore della nostra scrittura. Le figure, i quadri forse stavolta sono diversi dagli altri. Questo è un disco dove c’è una specie di fiducia nella musica. E’ una reazione rispetto a “Il sogno del gorilla bianco”, non perché di quel disco non mi piacciano le canzoni, anzi alcune di quelle penso che siano tra le più belle dei Tre Allegri ragazzi Morti, ma era un disco più scuro, con un fondo di paura più forte. Questo disco ha una reazione più giocosa allo stato di cose del mondo.

Questa cosa si avverte, fortemente, ma si avverte anche la sua controparte negativa. A me dà l’impressione che alla ricerca del piacere, gioiosa, si contrapponga un forte senso di precarietà, di insoddisfazione. E le due cose trovano un incontro nella confusione dei ruoli, che è bella, ma dà anche insicurezza.
Spiegati meglio. Dove la vedi questa cosa?

Per farti un esempio, in “La Sorella Di Mio Fratello”. È chiaro che canti la storia di una donna che vorrebbe “essere libera” . Ma per questo vorrebbe “essere un uomo”. E questa storia la canti tu, che sei un uomo. A chi ascolta arriva un effetto un po’ straniante.
Un disco lo capisco dopo un po’ di tempo che l’ho fatto. Ma ti ripeto che la mi idea di scrittura non è autobiografica. Io racconto sensazioni, faccio disegni, guardo quello che vedo intorno. C’è sicuramente un senso di precarietà. Ma non c’è l’ipotesi di un legame con la contingenza della cronaca. Negli anni la nostra scrittura non ha sviluppato un rapporto vero con la cronaca, ma con la dimensione sentimentale. È una cronaca sentimentale. Non ha una dimensione politica nel senso tradizionale del termine.

E per fortuna…
No, ma ci sono anche cose con una dimensione politica più diretta che m piacciono. Ad esempio i primi 99 Posse, dove la dimensione politica diventava poesia, o gli Assalti Frontali, che mi sono sempre piaciuti. Ma nella mia musica una dimensione politica diretta non ce la voglio.

Infatti coglievo proprio una precarietà emotiva… E però in questo disco c’è una canzone più “politica” nel senso tradizionale del termine, no? “La Poesia E La Merce” , dico, che anche musicalmente ha riferimenti al gospel, ai folk, perfino ai canti della Resistenza, a un certo Celentano, oltre a contenere un po’ di autocitazione da “1994”, sempre a livello musicale.
Le cose che dici sono quelle che compongono la canzone. Però è nata come uno sfogo mio verso Enrico che in quel periodo mi faceva una testa così con MySpace. È una cosa bella, ma produce assuefazione. Bisogna tenerci una distanza critica. Comunque tanti anni fa se mi dicevano che c’era un posto dove ci si metteva a nudo, dicendo quali sono i propri gusti eccetera, avrei detto che era difficile farlo. Ora è diventato facile, ma anche poco critico: per questo “Un altro amico vuol dire che sono / più nudo e vulnerabile". Nell’ironia, era un tentativo di dire a Enrico di stare lontano da MySpace. La canzone di suo racconta quello che io sono e siamo noi consumatori. Per la musicalità quello che avevo in testa come archetipo erano i Talking Heads, ma non i primi, quelli successivi, con cui gospel, musica popolare americana e un suono più elettrico riuscivano a convivere nella stessa struttura.

Tornando all’ambivalenza gioia/precarietà, in “L’Impegno” canti “Ogni posto è una galera / anche il più bello è una galera / Ogni corpo è una porta”.
Oggi è così per me, domani chi lo sa. In quei versi c’è molto del senso del disco. In questo viaggio del disco noi siamo diventati altri. Io sono un disegnatore, ma dopo tutti questi anni a fare il musicista è chiaro che ci si riparla un po’ sopra. Questa cosa del distacco dal territorio è stato un tentativo di uscire dalla provincia ma non per una Milano pseudocentrale, che non è il centro di un cazzo. Ma perché è uno spazio di sospensione differente.

L’altro concetto lì è la possibilità di mettere in condivisione il proprio stato emotivo e fisico proprio attraverso la fisicità. Luca dice che questo è il disco più anticattolico che abbiamo fatto e che lo abbiamo fatto proprio perché siamo italiani. È un disco italiano perché solo in Italia c’è una pressione religiosa sull’esistenza così reale. A posteriori ha ragione lui.

Cade a pennello in un periodo di Pacs, Dico, offensiva della Chiesa perfino contro il divorzio, di campagna della destra sulla maternità come unica e vera realizzazione della donna…
La nostra visione del mondo non è certo a destra.

Come in ogni disco c’è un personaggio. Stavolta è “La Salamandra”, che ritorna in tre canzoni. Perché proprio questo animale, con i suoi risvolti simbolici?
Hai detto bene, simbolici e magici. Quello che ho trovato di più in questo animale qua è il legame con l’acqua, una fisicità diversa da quella maschile, una buona sintesi per un nuovo tipo di femminilità che ha preso coscienza della propria sessualità.

Un’altra cosa che mi ha colpito del disco è che si apre con una presentazione (“Come Ti Chiami”) e si chiude con un’altra presentazione (“Mio Fratellino Ha Scoperto Il Rock’n’roll”). È voluto, c’è un senso?
La discussione sull’articolazione della scaletta è stata difficile. Il giornalista diRolling Stone ha scritto che questo è un disco diesel perché lui lo ha avuto con una scaletta diversa, che per giorni mi ha lasciato interdetto, perché dicevo, “No, il disco non ha questa lentezza”. L’inizio lo volevo proprio così: una presentazione, un’evidente volontà di incontro delle persone attraverso le persone, diretta. “Mio Fratellino” è per ultima perché è stato l’ultimo pezzo a essere chiuso anche se è stato il primo ad essere pensato per questo disco. È stata la prima immagine forte di questo disco. Anche in passato avevamo fatto delle cover, quella dei Cccp sul primo disco, quella degli Smiths sul secondo, e poi c’è stata quella degli Andy Warhol Banana Technicolor, che aveva un senso tutto suo e speciale. “Mio Fratellino” ha avuto una lavorazione lunga, ed è stata chiusa per ultima. Ma adesso ti svelo un segreto: le scalette dei nostri dischi le fa sempre Enrico, siccome è sempre quello più fresco e sopra i brani. Ma stavolta c’era troppo dentro, e abbiamo dovuto rimetterci mano. Mi pare che ora sia molto buona, e mi dicono che il disco scorre bene.

C’è una tua tavola che presenta il disco in modo bellissimo. Ci siete voi su un albero e sotto ci sono delle voci che salgono: “Ma di cosa parlano?” “Penso parlino di loro” “Non hai capito. Parlano di noi”
Io ho un’idea di musica “etica”, cioè fatta per dire delle cose. Ti racconto questa cosa: sul treno tempo fa un ragazzino mi ha riconosciuto. Nello scompartimento c’eravamo io, lui e una signora. Lui era tutto emozionato. Vabbè, succedeva anche a me: mi ricordo che quando ho conosciuto Baldazzini, un grande disegnatore, gli ho detto “Ciao, sono Baldazzini anch’io…” Con Ferretti credo di non essere mai riuscito a parlare veramente ancora adesso… Ma va bene così, è un tipo di emozione. Insomma c’era questo ragazzino e la signora, che non mi conosceva e non gliene fregava un cazzo, chiedeva a lui che tipo di musica faccio io. E lui risponde: “Loro fanno musica per pensare”. Se un ragazzo la definisce così, bene. L’azione che faccio io è questa, lo faccio per me, e se funziona per gli altri, bene.

I nostri concerti sono un esorcismo contro un’ipotesi di esistenza, che in altri tempi si sarebbe detta borghese, ma che forse viene anche prima della borghesia. C’è un momento in cui non capisci bene, il momento dell’adolescenza, che è centrale, un momento emotivo in cui si fanno i conti con la complessità e la gerarchia dell’esistenza. Il concerto è un momento frontale, un esorcismo contro il danno di entrare nella società, un no più una dimensione sentimentale che tiene insieme le cose. Questi sono i Tre Allegri Ragazzi Morti dal vivo. Io credo - che la musica - può - cambiare il mondo (scandisce le parole, NdI). Questo mondo fa schifo. Penso che siano lì le motivazioni, anche di quello che facciamo. In tredici anni che facciamo musica assieme arriva il momento che devi fare i conti con l’economia, ma li rimandiamo quasi sempre, e la cosa più vera che ci fa andare avanti è la motivazione sentimentale. Se non c’è questa, i Tre Allegri ragazzi Morti non esistono più già domani.

Adesso finalmente vi passano su un network nazionale, Radio 105. Che ne pensi?
Mah, vedremo i risultati. È successo da poco, vedremo se questa cosa crescerà o meno. Ma i network sono finiti, e ci passano nel momento giusto: noi siamo i Tre Allegri Ragazzi Morti e ci passano nel momento della morte di tutto, spero soprattutto della tv. La mia soddisfazione non è passare in un network. La risposta vera non la conosco. Non so se ci sarà un allargamento del pubblico verso di noi.

Più che altro fa sensazione, perché è come se da 25 anni nei media ci fosse un blocco, per cui non passa niente che non sia il mainstream più merdoso… La gente non ha possibilità di scelta.
Sì, è così. E ti racconto un esempio divertente: quest’anno sono stato per la prima volta a New York, da un mio amico, Fabio Cussigh, un fotografo molto bravo, che ha fatto le foto che sono dentro al nostro MySpace. Ci sono stato meno di un mese. Lui un anno. È tornato a Milano nel periodo adesso, di Sanremo. Mi fa: “Sono sceso dall’aereo e la prima cosa che ho visto è stata una pubblicità enorme di un concerto della Vanoni”. Ma che poi è anche brava, una grande artista, ma… E poi mi fa: “Apro il giornale e vedo che Sanremo lo presenta Pippo Baudo e ci va Johnny Dorelli. Ho avuto uno shock: è stato come fare un salto nel tempo”. E io gli ho detto: “È lo stesso che abbiamo subito noi”. Che poi, per carità, questi sono anche grandi artisti, avercene, ma non è lì che si può fare i conti con la musica che si fa in Italia. Anche noi Tre Allegri Ragazzi Morti siamo il segno che comunque in Italia la possibilità di muovere le cose è lentissima. Suoniamo sul territorio da tanto, e non siamo proprietà di altri se non di quelli che di hanno incontrato. E noi siamo venuti fuori in un momento in cui era ancora possibile fare qualcosa. Ma quante cose sono venute fuori in questi anni? E quante di queste hanno visibilità? È tutto bloccatissimo. Oramai i miei amici invocano la mafia, “è tutta una mafia”…

Forse semplicemente ci sono troppi vecchi in Italia.
Eh già. Ma che dobbiamo fare?

Il problema è che i nostri vecchi stanno in casa a vedere la tv, mentre nei Paesi anglosassoni vanno ai concerti, e poi c’è un circuito oldies che qua non c’è, così stanno tutti in tv a rompere il cazzo… Comunque: lo sai che hai scritto una delle recensioni più belle che abbia mai sentito? Voi rubarci il mestiere?
(Sorpreso e ridendo, NdI) E dove l’ho scritta?

In “La Sindrome Di Bangs”
Ah ma non l’ho scritta io! È una recensione che ho trovato su Rockit! Del concerto di un gruppo francese, in cui suona un Cambuzat… Adesso però non la trovo…
(La trovo io: è la recensione al live dei L’Enfance Rouge a Rockalvi del 28 luglio 2002. Autore Francesco Covarino. Controllate: Toffolo ha levato un po’ di incisi e parentetiche ma il pezzo è questo, NdI)

In questo disco c’era un tredicesimo pezzo. Che fine ha fatto?
Non c’era solo quello, abbiamo scartato un po’ di cose. Il titolo del tredicesimo brano era “Rifare” ed era molto bello, però molto diverso dal resto del disco. Abbiamo tenuto tutti i brani che sono venuto fuori, ma molti non stavano in questo disco. Poi, il prossimo disco dei Tre Allegri Ragazzi Morti non so se ci sarà mai. La discografia nel senso fisico del termine è destinata a sparire. Il futuro prossimo lo farete voi di Rockit se vi deciderete finalmente a vendere musica indie. Garantireste un accesso alla musica in rete completissimo per i gruppi indipendenti. Sarebbe giusto che lo faceste.

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L'articolo Tre Allegri Ragazzi Morti - telefonica, 22-02-2007 di Renzo Stefanel è apparso su Rockit.it il 2007-04-10 00:00:00

COMMENTI (13)

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  • ilenia 17 anni fa Rispondi

    a me son piaciuti molto:)

  • utente0 17 anni fa Rispondi

    un po' imbarazzanti live

  • faustiko 17 anni fa Rispondi

    eh, eh... ti piacerrebbe! :]

  • io 17 anni fa Rispondi

    AaBaaBBbaBbbaAbbUaubaUuBuubbuUuuBBbA
    Alberoni! Un medico sociologo, ma magari! Certo avrei preferito un Sartori o ancora meglio Margherita Hack, ma mi posso accontentare.

  • faustiko 17 anni fa Rispondi

    ...ci mancava un alberoni indie! :[

  • io 17 anni fa Rispondi

    Sensazione generale di questa intervista e questo sito: Adolescenza reiterata, prolungata, stirata ormai patetica. Certo romantica, ma illusa di avere identità, idee che si riducono ad una mera retorica alternativa. Il coraggio dovrebbe stare in un'analisi responsabile e profonda della realtà, non nel sogno.
    Il problema della musica in Italia è Baudo a Sanremo? Mah.

  • acty 17 anni fa Rispondi

    -
    ...ormai qui con maiuscole e minuscole non si capisce più una fava :)
    "figa, troppo intelligente"

  • carlo 17 anni fa Rispondi

    un grande davide toffolo in una gran bella intervista.

  • rotfl 17 anni fa Rispondi

    sì ma ricordati di fare un contratto con l'IBM, prima, se no non serve. ah, che scemo, l'IBM non produce più computer. e allora sono cazzi.


  • acty 17 anni fa Rispondi

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    uh...mica ci avevo pensato...
    domani lo faccio... casomai mi invento anche un sistema operativo, Rockindows