Babalot - L'importanza del cazzeggio, 15-04-2011

Quando ormai più nessuno se l'aspettava, Babalot è tornato con un nuovo disco. Nove pezzi nuovi, accompagnati dal ritorno sul palco. L'11 giugno salirà sulla Collinetta di Jack e offrirà al MI AMI i suoi pezzi sghembi, storti e perfetti. Nel frattempo, Marco Villa ha fatto quattro chiacchiere con lui su passato, presente e futuro.



L'ultimo disco è del 2005, poi praticamente il nulla per sei anni. Cos'è successo tra "Un segno di vita" e "Non sei più"?
Nulla che c'entri con la musica. E poi quel poco che ho scritto faceva abbastanza cagare. C'è anche il fatto che non riesco a vedermi nel ruolo di musicista o di professionista della musica. È un'idea che mi fa abbastanza ribrezzo, ma puoi tranquillamente pensare che la mia sia tutta invidia.

Perché hai deciso di mollare tutto e cosa ti ha convinto a tornare a suonare?
Non ho deciso di mollare: è accaduto e basta. Poi, guardando quanto si divertivano i miei compari, che continuavano a suonare insieme, mi sono reso conto che avrei tanto voluto tornare a fare qualcosa anch'io. Mi sono impegnato e il massimo che sono riuscito a partorire sono state queste canzoni di "Non sei più". Mi spiace che a qualcuno sia sembrato poco, ma non è che sia mancata la voglia. Sarà la vecchiaia, sarà che ho un sacco da lavorare... boh!

Come è nato "Non sei più"? Raccoglie il lavoro di questi anni o è nato in un tempo concentrato?
La fase di scrittura è durata pochissimo e si è esaurita a casa, in una serie di provini voce e chitarra. Poi abbiamo passato più di un anno, con i Pootsie, a provare, montare e smontare. E aggiungere, forse troppo. Cazzeggiare. Alla fine, quando ormai non ne potevamo più, sono intervenuti fattori esterni a farci chiudere la baracca per qualche mese. A quel punto abbiamo detto: vabbè, pubblichiamolo e amen. Ho fatto la copertina in mezzora e l'ho fatto ascoltare ad Aiuola.

Chi sono i Pootsie?
Nei Pootsie suonano Frenziss e Devor, che c'erano anche ai tempi di "Cosa succede quando uno muore". A loro si sono aggiunti Lollo, Martina e, da qualche mese, Tom. In questi giorni stiamo anche provando con Ezra che è stato in assoluto il primo batterista del gruppo, ancora prima di registrare "Cosa succede quando uno muore". È stato un po' come chiudere il cerchio.

Sul forum hai scritto chiaro e tondo che "ad Aiuola non è piaciuto". Cosa è successo?
Sarebbe meglio che fossero i diretti interessati a esprimersi. Io posso solo dire qual è stata la mia percezione e quindi magari sbaglio. La mia percezione è che a parte di Aiuola non interessa che io suoni con un gruppo. Ed è una posizione legittima, per carità. L'alternativa a "Non sei più" (che sarebbe piaciuta a Frenziss) era di pubblicare tutti i provini insieme al disco "vero", così che ognuno potesse scegliere in libertà cosa ascoltare. Ma boh, non so, in cuor mio sento che il disco è compiuto così. Magari dal vivo piacerà di più anche ad Aiuola, chissà.

E' un ritorno vero e proprio o solo un qualcosa di estemporaneo, capitato per caso?
È il frutto di svariate serate passate con gli amici a cazzeggiare. Finché avremo modo di vederci ancora, facile che produrremo ancora qualcosa.

Tra i primi due album c'è una differenza abissale: il primo curato e ben prodotto, il secondo totalmente lo-fi. Perché questo cambio di direzione così netto?
Ci vorrebbe lo spazio di un libro (noiosissimo) per spiegare perché quello è così e questo è colà. Diciamo che sono il frutto di due tipi di incazzatura diversi. Non è facile parlarne evitando di sembrare enfatici, cosa che odio. Ci provo. "Che succede quando uno muore" fu registrato al Jungle Sound: facemmo tutti una gioiosa trasferta a Milano, Aiuola era appena nata e c'era un sacco di entusiasmo. Tralasciando i motivi per cui i rapporti tra varie persone coinvolte si guastarono in modo (più o meno) irrecuperabile, diciamo che il gruppo morì lì, tra la pretesa di "sfondare" e l'essere, tutti, sostanzialmente impreparati. Io più di tutti, forse, per motivi di indole e di salute - e non che adesso stia messo molto meglio. Per fortuna poco dopo trovai un lavoro a Milano, mentre il resto del gruppo stava a Roma: ci salutammo senza sapere se avremmo mai suonato di nuovo insieme. A quel punto, facendo la spola tra casa e l'ufficio, ho continuato a scrivere cose. Ma volevo che rispecchiassero il luogo e i motivi per cui erano state scritte. Si può dire che lì ho espresso più compiutamente quello che volevo fare sin dall'inizio, da quando (appunto) da solo, sul finire degli anni '90, passavo le serate a perder tempo con il PC. Dopo sei anni di pratica ero diventato più bravino e credevo di poter gestire tutto da me. Chiaro che "Un segno di vita" non si sente benissimo, soprattutto la seconda parte, ma volevo che si capisse bene chi ero e cosa stavo facendo.

Come descriveresti i tuoi tre dischi a chi non ha mai sentito un tuo pezzo?
Tre raccolte di canzoni che parlano tutte, bene o male, della morte di qualcuno o qualcosa.

Questo disco è un po' una via di mezzo: più ricco di strumenti rispetto a "Un segno di vita", ma con una voce che a tratti sembra quasi volutamente sgradevole, soprattutto nei toni bassi. Anche per questo motivo, "Non sei più" sembra un disco poco convinto, in cui non si capisce bene che strada tu voglia prendere (ma nemmeno se non vuoi prenderne nessuna).
Te l'ho detto: è stato un lavoro molto di gruppo. Senza Frenziss, Lollo e Devor, quello che avreste avuto da ascoltare sarebbe stata una raccolta di provini chitarra e voce. Proprio perché detesto fare sempre la stessa cosa (anche se poi la faccio senza volerlo), non mi sarei mai e poi mai messo ad arrangiare i pezzi da solo, al computer, come ho fatto con "Un segno di vita". Mi addormento dalla noia solo a pensarci. Ho fortemente voluto che fosse il lavoro di un gruppo ed era anche abbastanza scontato, per come la vedo io, che piacesse meno dei precedenti.

Se "Paperino" è forse il pezzo con più legami con il tuo passato musicale, "Fiori blu" e "Maggio" segnano un approccio diverso. Sono meno cantabili, ma il contenuto diventa ancora più importante.
"Fioriblu" è praticamente tutta di Frenziss e Lollo. Io ho solo scritto una parte del testo e mi sono impegnato a trovare un modo di cantarla. "Maggio" invece mi sembra il solito pezzo lagnoso tipicamente Babalot: perché lo trovi diverso?

Forse proprio perché si spinge molto oltre nel genere "pezzo lagnoso tipicamente Babalot". Per il ritmo e il modo in cui è cantata è forse la più lenta e chiusa che tu abbia mai fatto.
È chiusa perché l'ho registrata con un microfono da pochi euro, a casa, distrutto dall'influenza. Agli altri è piaciuta molto e non l'hanno voluta toccare. Il finale sembra una parodia di Vasco Rossi e mi ha sempre fatto schifo.

Anche in "Non sei più" c'è la cosa che sai fare meglio, ovvero trovare frammenti di testo fulminanti, che si cantano da subito e restano in testa. Come scrivi i testi? Di getto oppure ci lavori sopra?
Direi abbastanza di getto. Capita di tornare a modificare qualcosa o di aggiungere una strofa, ma è raro. Ovviamente ho scritto molto più di quanto pubblicato. Se cercate su Bittorrent dovreste trovare la "discografia" completa con tutti i vecchi demo: alcuni anche esilaranti per quanto sono brutti. E sul mio hard disk c'è un file di testo stracolmo di abbozzi orrendi. Quello che viene pubblicato è solo quello che viene ritenuto (da me e da altri) decente e passabile. In un mare di monnezza.

Cosa vuol dire per un musicista rinunciare al live? Come ti senti all'idea di riprendere?
Per me suonare dal vivo è sempre stato un grosso problema. Di salute. Nel senso che stavo proprio male. Le ultime volte che mi è capitato di suonare in pubblico ho notato un netto miglioramento, spero sia un segnale incoraggiante. E comunque mi esalto sempre quando vedo qualcuno suonare: vorrei essere al posto suo, chiunque sia. Ma non appena metto piede su un palco ho un crollo psico-fisico totale: mi scordo i testi, gli accordi, tutto. E non mi esce nemmeno quel poco di voce che ho.

Chi ti ha colpito di più dal vivo in questi anni?
Da cinque anni a questa parte, nessuno, visto che non ho visto nessun concerto. Della roba che ho visto su YouTube qualcosa mi ha colpito, tipo i Ministri e Le luci della centrale elettrica . Di base, comunque, tutti i gruppi che amo, del presente e del passato, sono stranieri. Tranne i CCCP.

L'unica volta che ti ho visto dal vivo era al Rainbow, credo nel 2005. Tu alla chitarra, Alberto Motta al basso e la batteria che picchiava duro. Un concerto molto punk nell'approccio. Cosa dobbiamo aspettarci di vedere e sentire sulla Collinetta?
Al Rainbow alla batteria c'era Claudia dei New Daisy Godzilla. Per i prossimi concerti non stiamo preparando nulla di così estremo. Qualcosa di simile a come suona "Non sei più", ma con l'aggiunta del pianoforte. Dal momento che l'orchestra la dirige Lollo, potete aspettarvi di tutto: dipende da quanto vino recupera prima di iniziare a suonare.

Sul forum di Rockit hai scritto che farete solo pezzi nuovi: lo sai – vero? - che rischi la sommossa di quelli che aspettano un tuo live da anni?
Ahahah, dovrei avere paura di tre o quattro fan? Comunque scherzavo: faremo qualcosa da "Un segno di vita", magari anche la stessa "Non sei più" (che sta in un disco dei Pootsie). Dubito che faremo qualcosa da "Che succede quando uno muore". Ma non lo so.

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L'articolo Babalot - L'importanza del cazzeggio, 15-04-2011 di Marco Villa è apparso su Rockit.it il 2011-04-18 00:00:00

COMMENTI (2)

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  • leoge9se 13 anni fa Rispondi

    babalot secondo me è un chinaski77 che scrive canzoni, oppure il contrario.

  • faustiko 13 anni fa Rispondi

    Bella intervista!