Tagofest - Massa Carrara

(Banchetti, Foto di Mr. Bedroom)

Questo Tagofest è stato sofferto. Dopo i problemi con l'amministrazione locale, lo scorso anno, non era così scontato che la Festa delle etichette indipendenti avesse un futuro. Invece tutto è andato liscio: ottima l'affluenza di pubblico, tanti banchetti, tanti dischi, tanti gruppi messi in fila in modo più o meno ragionato. Stessi pregi, stessi difetti delle edizioni precedenti. Sandro Giorello racconta.



Vi ricordate il disastro dell'anno scorso? La polizia aveva ricevuto reclami per il troppo rumore, aveva fermato la serata di sabato e mandato musicisti e pubblico a casa. Poi gli organizzatori erano riusciti a fare una versione "ridotta" della domenica e portare a termine il tutto ma, ovviamente, la preoccupazione comune era di aver assistito all'ultima edizione del Tagofest. Un mese dopo avevamo pubblicato un'intervista a Stefano Rossi dove annunciava di lasciare il locale ma sperava di spostare il festival altrove. Infine, a metà Aprile, le belle notizie: si fa, addirittura nello stesso posto, al Tagomago. Sinceramente dopo un turbinio emotivo del genere non sapevo cosa aspettarmi. Invece: prendo il solito treno delle sette del mattino, arrivo come al solito presto, trovo il solito delirio di angurie spaccate a terra, bottiglie vuote e ragazzi che puliscono. La prima sera è andata bene, mi dicono. I concerti iniziano alle tre e mezza, le etichette stanno pian piano arrivando. Il solito Tagofest. Con le ore di coda per riuscire a mangiare cena, con le scalette di gruppi talmente scoordinate che sembrano fatte apposta per non essere seguite. Con le cannonate di rumore, il pubblico concentrato con le braccia conserte che poi esplode in grandi applausi euforici al primo secondo di silenzio. Tanta gente che chiacchiera attorno ai banchetti. E per quanto non sembri sufficiente per descrivere la personalità di un festival, credetemi, il Tagofest ha il suo stile. Sarà per questo che una ragazzina molto carina incontrata settimane dopo ad un altro festival mi aveva detto: "Davvero ci sei andato? Io ci volevo tanto venire ma non ho trovato il passaggio". E quando le ho spiegato che si trattava di trenta e più concerti per la maggior parte inascoltabili, frequenze su frequenze, scorregge amplificate e poi distorte, lei mi ha risposto candida: "Ma no è una figata, quest'anno c'erano pure gli Zu, piacciono a tutti gli Zu".

I concerti: tocca ai Kobayashi essere i primi. Il suono è gonfio, pieno, si sente ottimamente. Fanno l'ultimo disco, quello interamente strumentale, sono leggermente stancanti. I The Crazy Crazy World of Mr. Rubik movimentano meglio la situazione: sono teatrali, alternano bene le due voci in italiano tipo ping pong su una base che può passare per la psichedelia dei Tool oppure nei paraggi delle tante band punk funk che andavano di moda cinque o sei anni fa. I The Greath Nothern X sono piacevoli: post rock trascinato, sfumature tendenti all'acustico e una voce particolare. Fuori, Matteo Hue Uggeri degli Sparkle In Grey prepara un set ambient per laptop e tromba: l'impianto è minuscolo, i suoni si impastano tra di loro e alla fine del crescendo Uggeri stoppa la musica chiudendo semplicemente il portatile (non si capisce se è incazzato o se è il vero finale del live). Aspec(t) è molto interessante, progetto impro-noise dai toni rumoristi. Poi tocca ai Fuh, ed è uno dei peggiori concerti che gli ho visto fare. Hanno problemi sul palco, la cassa della batteria va dove vuole lei. Il batterista è costretto a fermarsi a metà della seconda canzone, scendere dal palco, cercare nel furgone un tappeto, rimontare tutto e ripartire. Con i suoni pessimi e un'agitazione addosso più che evidente. Inoltre scelgono una scaletta di pezzi lunghi mentre i tecnici a fondo sala mostrano l'orologio per fargli capire che sono in ritardo. Insomma: poche canzoni eseguite e non certo benissimo. Zeno Gabaglio suona il violoncello come se sfoltisse una nuvola, è impressionante: lieve, delicato, cinematografico, struggente. Finito un brano il pubblico resta con il fiato sospeso e ricomincia a respirare solo al successivo. Molto bello, davvero.



(Zeno Gabaglio, Foto di De La Squeva)

E' ora di cena e per via dell'infinita coda davanti alla pizzeria mi perdo due esibizioni che avrei voluto vedere: Luminance Ratio, dei quali non sento nulla, e Rella The Woodcutter. Quest'ultimo è un giovane songwriter milanese davvero talentuoso, scrive riducendo all'osso, chitarra e voce, e lo fa bene. Riesco a sentirlo a momenti alterni, punto l'orecchio e poco dopo mi richiamano per dirmi che la pizza è pronta ma poi si scusano dicendo che hanno fatto confusione con le ordinazioni (succede più e più volte), l'unica cosa che posso scrivere è che appena finito il suo live Bob Corn esce dalla sala concerti con un sorriso a treantadue denti e mi dice: "tante belle canzoni, ha scritto tante belle canzoni". Tocca agli Zu e si presentano così: "Siamo i ragazzi che aprono ai Ronin". Attaccano con "Carbon", ovviamente l'impianto non basta ma i tre continuano lo stesso. Ovviamente, la batteria non sta ferma e sono costretti a interrompere qualche pezzo, ma non sembra nemmeno un problema. Sono potentissimi, la gente rimane allibita. Chiudono con "Ostia" e le urla del pubblico non si contengono. I Ronin partono con brani onirici e delicati ma la sala è troppo piena per una musica del genere. Perché una differenza dai precedenti Tagofest c'è: un'affluenza di pubblico imprevista, in pratica non ci si gira. Bruno Dorella dice: "Quando Dio mi apparve in sogno e mi disse: fai gruppo e chiamalo Ronin, io iniziai a bestemmiare", e mettono in fila alcuni pezzi più movimentati. Ormai la maggiorparte dei presenti è completamente ubriaca e balla scatenata. Io non mi ricordo l'ora a cui sono andato a dormire.



(Luminance Ratio, Foto di Mr. Bedroom)



(Zu, Foto di Daria C)

La domenica è pigra. Tutti, tra pubblico e organizzatori, hanno sul volto i segni dell'alcool della sera prima. Suonano i June Miller, tanto mi erano piaciuti con il primo Ep tanto mi deludono ora: stanchi, poco amalgamati tra loro, e con una nuova cantante che se ne sta sotto palco timida e non riesce mai ad entrare davvero nelle canzoni. Gli Hysm Duo improvvisano, sax e percussioni, ad un certo punto uno dei due si mette una cannuccia sotto l'ascella e soffiando emette delle piccole scorregge. I Luther Blisset sono una vera folgorazione: in tanti, un bella big band alla Vandermark 5, jazz rock potente ed energico. Uno dei nomi più interessanti di tutto il Tagofest, di sicuro. Trouble Vs Glue è il progetto elettro-pop di Toni Cutrone (degli Hiroshima Rocks Around) e Mrs Glue: batterie sconnesse e tastierine, piccoli momenti di comicità acida, qualche melodia. Sento l'inizio dell'esibizione di Stefano Tedesco, impro-noise pure lui, e mi metto in coda per la pizza. Nel frattempo suona Lilli Refrain che da molti è segnalata come l'evento della giornata: somma loop e arpeggi di chitarra a vocalizzi. Sinceramente non mi dice molto ma, ad essere sincero, non le dedico il massimo della mia attenzione, devo mangiare in fretta che tra poco ho il passaggio per tornare a casa. Mi perdo Andrea Tich e Bologna Violenta.

Quindi: sembra che il Tagofest rimanga sempre lo stesso. Stessi pregi, stessi difetti. E mi pare ormai chiaro che non cambierà. Dopo aver dimostrato che gli ostacoli di tipo politico si possono anche superare (vi ricordate che è successo l'anno scorso e che, in teoria, non doveva nemmeno esserci un Tagofest n.6?) bisogna vedere se ci sarà un ricambio generazionale, se resisterà al momento in cui arrivano i figli e se esisteranno ancora etichette discografiche in un prossimo futuro. Termino il report raccontandovi il momento dei saluti: di solito verso le otto di sera della domenica pian piano i banchetti che si svuotano. Vedi gente contenta che si abbraccia pur avendo le mani piene di borse strabordanti di vinili. C'è chi organizza gli ultimi scambi, chi tira le somme dei concerti visti e decide come spendere i propri soldi. In qualsiasi modo voi la pensiate sull'ormai vecchio discorso che i dischi non li compra più nessuno, vi assicuro che è davvero una bella immagine. Ci vediamo l'anno prossimo, si dicono. Io una mezza idea di come sarà il Tagofest n.7 ce l'ho già, ma probabilmente tornerò a controllare di persona.



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L'articolo Tagofest - Massa Carrara di Sandro Giorello è apparso su Rockit.it il 2010-07-02 00:00:00

COMMENTI (2)

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  • laradura 14 anni fa Rispondi

    Grandi Luther Blissett!!!!

  • onga 14 anni fa Rispondi

    fino a che ci sarà un Sandro che tornerà a controllare di persona, noi continueremo a progettare nuove edizioni, sperando di avere ogni anno gli stessi pregi e qualche difettuccio in meno :)