Canadesi in America - Canadians SXSW report

(Max Fiorio - Foto di Michele Nicoli)

Lo scorso week end i Canadians erano ad Austin per suonare ad uno dei festival più prestigiosi del mondo, il SouthBySouthWest. Max Fiorio ha scritto un report dedicato a questa traferta americana. Aneddoti, informazioni in ordine sparso, idee confuse. Un lungo racconto dalle tinte psichedeliche che vi spiega come è stato il SXSW.



Oddio, devo scrivere un report per Rockit. Una cosa seria. Ma io non so scrivere cose serie. Io so scrivere un mare di stronzate nel mio blog, quindi il report sarà una succursale del mio blog, con tutti i pro (pochi: nessuno, a dire la verità) e i contro (grammatica alla cazzo, salti temporali, punteggiatura a casaccio, bestemmie).

Iniziamo, dai.

Si parte da Malpensa. Alle nove del mattino. Destinazione Atlanta. 10 ore abbondanti di volo, sufficienti appena per guardare "Juno" e qualche altro film, mangiare un po' di merda e riposare mezzoretta. Il volo più lungo della mia vita, e si sa quanto io sia terrorizzato dagli aerei. Riesco comunque a sopravvivere. L'aeroporto di Atlanta è gigantesco (leggenda vuole che sia il più grande del mondo). I controlli alla dogana sono esagerati. Impronte digitali, foto, perquisizioni, bestemmie, bagagli speciali (piatti della batteria e tastiera) che non arrivano, un gate che è dall'altra parte del mondo, talmente lontano che c'è una linea di metropolitana interna per muoversi. L'imbarco per Austin che apre. L'imbarco per Austin che sta per chiudere e mancano all'appello ancora batterista e tastierista. Arrivano. Bestemmiando. Il volo Atlanta-Austin ci fa capire quanta merda mangino gli americani. Gli snack sembrano normalissimi cracker. In realtà sono cracker saldati assieme da un sottile strato di formaggio che sembra vomito. A me piacciono da impazzire. Ne mangio un chilo. Bevo cinquanta cocacole, per sentirmi totalmente americano. Decido di ingrassare di un chilo durante l'attraversamento del sud degli States. Ci riesco. Scatto foto al Mississippi. Il pilota ci informa che stiamo atterrando ad Austin. Siamo l'immagine della salute. Non dormiamo da svariate ore. Svariate ore, tipo 40 ore. E una domanda ci attanaglia: andare a vedere i R.E.M o dormire? Ad Austin sono le 19. I R.E.M suonano a mezzanotte. I nostri bagagli non arrivano. Persi, tutti. Tranne i bagagli a mano. Ovviamente ho dimenticato di mettere un paio di mutande e una maglietta nel bagaglio a mano. Ci informano che i bagagli arriveranno nel giro di tre ore, direttamente in hotel. Ok. Supershuttle e tutti in hotel. Niente R.e.m, preferiamo un hamburger gigantesco. Ed ecco i primi dubbi: lasciamo la mancia? Ma sì, lasciamola. Sia al tizio del supershuttle, un messicano gentilissimo, sia al fighetto di merda che c'ha portato hamburger illegali in 56 nazioni (in realtà erano buonissimi, eh) e litrate di pepsi. Pur se distrutti, decidiamo di restare svegli almeno fino a mezzanotte, collezionando altre due o tre borse sotto gli occhi. Dopo una breve telefonata a Ghost (12 euro volati in un secondo), chiudiamo gli occhi. Li riapriamo alle otto del mattino, per una colazione altamente colesterolica. Sei chili di pancetta, una crocchetta di patate grossa come la mia chiappa destra, due frittelle ricoperte di sciroppo d'acero, cinque litri di succo di mela, pane tostato con qualcosa spalmato sopra. Questa sarà la nostra colazione per 4 giorni. I miei organi interni mi odiano.

Insomma, colazioniamo, attendiamo l'arrivo di Francesco e Giuseppe, che ci consegnano qualche felpa Ghost records e sistemano il problema "porco dio miè arrivato un sms con un addebito di 800milamilioni di euro sulla carta di credito" alla reception. Arriva lo supershuttle (un furgone americano che funziona come un taxi, ma può caricare 8 persone). Arriviamo al Convention Center, dove dobbiamo registrarci per avere gli wristbands e il badge per accedere ai vari live, e saltare spesso le code chilometriche fuori dai locali. E soprattutto per trovare gente che ti chiede "ah, suoni? dove? quando?". Il braccialetto bianco come un marchio a fuoco. Mentre noi sistemiamo ste cose burocratiche Lou Reed tiene banco in una conferenza sul film su "Berlin". E Thurston Moore lo si incrocia più spesso dei vari starbucks. Dimostra 25 anni. Ha fatto un patto col demonio. Mica col diavolo, eh! Col demonio! E ha disegnato la borsa ufficiale del Sxsw.

Sistemate le faccende burocratiche ci gettiamo nella bolgia chiamata SouthBySouthWest. Chiariamo subito un punto: al SXSW abbiamo visto le donne più belle del mondo. Al ritmo di una ogni 15 secondi. Dopo qualche ora non ci si faceva più caso. Chiariamo un'altra cosa: ad Austin non esistono negozi, di alcun genere. A parte un negozio di dischi spettacolare, ovviamente. Esistono solo locali. Qualcosa come un migliaio di locali. In ogni locale, dal mattino fino a notte fonda, concerti senza sosta. Talmente tanti che, per evitare un'overdose letale, ho deciso di vederne pochissimi. Grand Archives (meravigliosi!), Presidents of the USA (migliori in assoluto), Nada Surf (una merda: fiacchi, spenti, scaletta schifosa. Si salva solo "Blizzard of 77". Insomma, non è stata una gran perdita il concerto milanese annullato), Shout Out Louds (niente di speciale, ma hanno suonato circa 100 volte in due giorni, magari abbiamo beccato il live sfigato), Islands (viste solo le prime canzoni, poi la fame ha vinto e siamo andati a riempirci di cibo messicano), Duke Spirit (non ricordo un cazzo, ricordo solo che lei è bionda), Hanson (cristodio, che merda! e non m'hanno manco fatto "mmmbop"!) e qualcosaltro che ora mi sfugge.

Il bello del SXSW è il casino di gente ovunque, a tutte le ore. Sembrava di stare in via mazzini a Verona il sabato pomeriggio. Però molto più divertente. E molto più caldo: 35 gradi, pensavo di morire. Caldo fuori, freddo in qualsiasi locale, con l'aria condizionata impostata sui 3gradicentigradi.

Vabbeh, mi sono rotto il cazzo di scrivere così.

Passiamo ai sempre ottimi punti:
-giri per la città e ti capita di incontrare Billy Bragg e Lou Reed impegnati a fare shopping, anche se ad Austin è impossibile fare shopping
-sei in fila ad un concerto e di fianco a te c'è il cantante degli Spoon
-un secondo dopo giri la testa e Jens Lekman ti passa accanto, con le mani infilate nei pantaloni e una pelata sempre più evidente
-la cantante dei Be Your Own Pet gira sempre con dei pantaloncini fatti con quindici centimetri quadrati di jeans. e dimostra 15 anni.

-in alcune vie, alle due di notte, c'è gente strana. scappiamo, non molto felici
-il batterista degli Okkervil River ha quasi contribuito alla morte (sicuramente anticipata da uno stupro di gruppo da parte della gente strana di alcune vie alle due di notte) di una nostra amica (esatto, proprio la capoccia della Tea Kettle Records!), ma tutto s'è risolto. Era solo ubriaco spolpo, ecco perchè non rispondeva al cellulare! E noi animali l'abbiamo abbandonata sull'interstate35, infilandoci nel primo taxi disponibile!

-il nostro concerto è stato molto bello, documentato pure da un paio di telecamere (a breve i filmati su Youtube, non appena riuscirò a montarli). E' molto divertente dire un semplice "thanks" e sentire le ragazzine urlare. La scaletta: "15th of August", "A long lethargy", "The north side of summer", "Ode to the season", "Soon soon soon", "Now or never", "Summer teenage girl". Molti contatti interessanti con etichette giapponesi e canadesi (finalmente). Staremo a vedere. La cosa migliore del concerto rimane comunque l'urlo d'approvazione di qualche teenager durante l'assolo di "Soon Soon Soon". Misteri.

-Duccio ha provato tre volte a perdere la chitarra. Prima volta: arriviamo a Malpensa, nell'atrio, mettiamo giù tutti i bagagli, ci guardiamo attorno, andiamo a cercare un posto dove sederci. Arriviamo, ci sediamo, mettiamo giù tutti i bagagli. Dopo un quarto d'ora andiamo a fare due passi per l'aeroporto e torniamo nell'atrio in cui eravamo entrati. La chitarra di Duccio era ancora lì, in mezzo al nulla. Seconda volta: non me la ricordo, ma mi sembra fosse in aeroporto ad Austin. Terza volta: atterriamo a Malpensa al ritorno. Io e il Michi pigliamo chitarra e basso (bagagli a mano). La chitarra di Duccio è lì, vicino alle nostre. Duccio è un metro dietro a noi. Ci avviamo verso l'uscita. Dopo 5 minuti Duccio ci fa "oh, e gli strumenti???". Noi, indicando semplicemente le custodie comodamente agganciate alle nostre spalle, lo guardiamo in modo strano, come per dirgli "eh???". E quindi Duccio si mette a correre, per tornare sull'aereo e recuperare la chitarra.

-i voli son stati tranquilli, tranne quello tra Austin e Atlanta al ritorno. Vento, tanto. E un pilota chiaramente ubriaco. E Atlanta distrutta dal tornado di qualche giorno prima.

-"Juno" è molto bello.

Mi son rotto le palle anche del tipico racconto a punti.

Anche perchè di punti ne ho altri mille.

Li inserirò appena mi verranno in mente.

O magari anche no.

Un riassunto finale della trasferta: suonare in un festival come il SXSW è un'esperienza davvero interessante e incredibile sotto svariati punti di vista. Tutto è organizzato in modo esemplare, ho provato anche lo speed dating, dove la gente faceva la fila per sedersi giù e parlare con il sottoscritto (e con Francesco e Giuseppe di Ghost). Etichette, gruppi, promoter. Di tutto. Tutti lì per scambiare pareri, opinioni, conoscenze, contatti. Per questo speed dating ho sacrificato il concerto dei Trail of Dead, ma n'è valsa la pena. Se un giorno il nostro disco uscirà in Canada, so che sarà anche merito mio. O più probabilmente di Ghost...

In Italia non sarà mai possibile organizzare qualcosa di simile, anche perchè qui non esiste una citta con mille locali, tutti raggruppati praticamente nella stessa strada. E in Italia non esistono i fonici che ti fanno un soundcheck in 5 minuti e poi da fuori si sente in modo spettacolare. C'è da dire che in Italia forse non esistono nemmeno le band che fanno i soundcheck in 5 minuti. Noi di solito ci mettiamo almeno 45 minuti (44 minuti per il check della voce, un minuto per tutto il resto). In Texas abbiamo fatto un'eccezione, anche perchè i fonici erano grandi e grossi e non volevamo farli incazzare. Ah, altra considerazione: gli americani (o i texani e basta?) sono tutti gentilissimi. Esageratamente gentili e disponibili. Piacevole scoperta, insomma.

E poi: i dischi non costano veramente un cazzo. Il cibo non costa un cazzo. La cocacola costa meno dell'acqua. I cappelli da cowboy son belli ma a me non piacciono. Il Vito e il Chri invece non la pensano così: a loro piacciono, e ne hanno comprati un paio. Sembrano la coppia di cowboy di "Brokeback Mountain".

Ho mal di testa. Penso che come prima (e probabilmente ultima, almeno qui su Rockit) parte della trasferta possa bastare.

Un riassunto definitivo in cinque parole: caldo, concertifantasticiovunque, organizzazioneimpeccabile, belledonne, tuttisuonanoinmodoincredibile.

Mi era stato detto di non parlare troppo del nostro live e raccontare in modo più generale la trasferta. Mi sembra di averlo fatto.

Un bacio. // Max

ps: rileggendo tutto mi sono accorto che c'è solo una bestemmia. Chiedo venia. La prossima volta farò meglio.

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Per info: http://dietnam.blogspot.com

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L'articolo Canadesi in America - Canadians SXSW report di Redazione è apparso su Rockit.it il 2008-03-20 00:00:00

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