Bad Love Experience: la Repubblica Italiana, e altre storie

Ci raccontano questo nuovo disco, "Pacifico", della ormai vecchia diatriba "Italia Vs. resto del mondo", di Napolitano che quando li ha presentati ha sbagliato il titolo della loro canzone. L'intervista.

L'Italia e l'estero, sembra diventato il nuovo tabù della nostra musica. Loro rispondono molto semplicemente: il confronto con il fuori confine è un dovere morale. Ci aggiungono parole come umiltà, orticello, smanie di grandezze. Loro che sono pure stati annunciati in Quirinale da Napolitano, peccato che lui abbia sbagliato il titolo della canzone. Fausto Murizzi ha intervistato i Bad Love Experience e gli ha chiesto del loro nuovo bellissimo album "Pacifico".

Cominciamo da una domanda semplice semplice. Una volta in mano il master definitivo e riascoltando il disco come se fosse la prima volta, avete avuto la sensazione di aver realizzato qualcosa di molto importante?
Abbiamo capito subito di essere arrivati dove volevamo, dove ci eravamo prefissati di arrivare o comunque molto vicino a quel punto. Sicuramente “Pacifico” è la cosa più importante che abbiamo mai fatto. Il fatto che sia importante anche per te non può che farci molto piacere.

Scambiando qualche battuta con Simone Stefanini dei Verily So relativamente a “Pacifico”, lui rispondeva testualmente: "Se ne sono fottuti della moda del momento e dell'appeal commerciale e hanno avuto ragione loro perché è venuto fuori un disco internazionale". Premesso che sottoscrivo in toto il ragionamento, ma mi chiedevo quanto fosse consapevole questa scelta e se, situazione paradossale, questo atteggiamento oltranzista avrebbe potuto compromettere l'esito finale...
Ci fa piacere che Simone abbia detto questo ma ci credi se ti dico che non so cosa intenda per "moda del momento"? Forse è anche per questo che l'esito finale, come dici tu, non è stato compromesso. Non c'è stato nessun confronto/scontro ma solo la necessità di mettere su disco tutto quello che avevamo dentro. Le canzoni dei Bad Love Experience sono davvero un viaggio interiore, più che uno sguardo a ciò che succede fuori e intorno a noi. Non lo dico per snobismo - anzi, magari sembra ed è naïf - ma abbiamo davvero un'attitudine ingenuamente inconsapevole per tante cose.

Sono curioso di sapere se, prima di entrare in studio, avevate già in mente uno o più dischi a cui fare riferimento per il sound di "Pacifico". Se la risposta è no, c'è un episodio in cui pensate di aver trovato il punto di sintesi?
Ti potrei dire che "architettonicamente" pensavamo a quei dischi più "concettuali" in cui si cerca di non perdere mai il filo per tutta la durata, come alcuni lavori dei Moody Blues, Beach Boys, Who o anche di Battisti. Però il paragone chiaramente non regge e poi in studio sono successe molte cose che hanno stravolto, se c'erano, le idee di partenza. È stato un processo creativo continuo e molto intenso, ci siamo divertiti molto a sperimentare, sono nate molte cose, altre sono state tagliate. A volte per esempio abbiamo fatto delle cuciture tra i brani usando parti di altri brani scartati. Insomma, la direzione vera e propria è nata lì, anche grazie ai due produttori (Justin Perkins e Ivan Rossi) che hanno lavorato con noi.

Questo disco, da qualsiasi punto di vista lo si prenda, è destinato palesemente ad uscire fuori dai confini nazionali. Cosa ci manca affinché opere come la vostra acquisiscano il diritto di essere trasmesse e suonate in tutti e cinque i continenti?
Prima di tutto dovremmo essere noi italiani a trasmettere questa convinzione al resto del mondo. Abbiamo un problema interno prima di averlo con l'estero: spesso siamo noi i primi a sminuirci e a non crederci. Personalmente e come gruppo cerchiamo di confrontarci con il resto del mondo e non solo con quello che succede qui… è anche uno stimolo per noi.

"The kids have lost the war" di cosa racconta e perché è stata divisa in 4 parti?
Quella canzone parla della fine di un sogno, il sogno di una vita normale, equilibrata, certa e stabile. Quando hai realizzato che non hai più niente da perdere, lo accetti e te ne fai una ragione. Non ti resta che partire, viaggiare, cercare te stesso da un'altra parte e scordarti di tutto quello che ti avevano fatto credere essere lì a portata di mano. Sono quattro momenti del solito percorso, all'inizio scopri che non hai più certezze, soffri ma lo accetti e parti. Ti perdi, viaggi e alla fine ti ritrovi, e chiudi il cerchio: “Pacifico”.

Sarà forse per la bellezza della canzone, ma il video di "Dawn ode" dimostra che anche in Italia si possono realizzare delle cose di qualità senza ricorrere ai soliti soggetti. Ci raccontate com'è andata?
Non ho dubbi sul fatto che in Italia si possano realizzare delle cose di qualità, anche diverse, basta non accontentarsi dei cliché. Noi per indole difficilmente ci accontentiamo, siamo parecchio noiosi. Nel video si è creata una grande sinergia tra la musica e le immagini per merito dei due registi che hanno lavorato con noi, Marco Bruciati e Giacomo Favilla. Marco è un attore e scrive anche, mentre Giacomo è un bravissimo fotografo e operatore creativo, sempre pieno di nuovi spunti. Avevamo bisogno di paesaggi suggestivi e onirici così come di attori bellissimi. È stato semplice in fondo e molto naturale, una volta messo su il team il lavoro è andato da sé, abbiamo passato due giorni nella campagna toscana in mezzo a capre, vino rosso e terme. Dolce vita.

A tal proposito vi chiedo: quanto ci tenete ad avere il pieno controllo della vostra arte? Sareste disposti a contrattare non tanto su ciò che dovete suonare bensì su aspetti prettamente più commerciali, tipo lo sfruttamento delle vostre canzoni?
Generalmente siamo molto attenti e ci teniamo ad avere il controllo sulla nostra musica. Lo sfruttamento commerciale delle nostre canzoni dipende poi da quali sono gli ambiti di riferimento, non so dirti a prescindere… chiaramente il tutto è subordinato a un'etica e ad una morale che abbiamo per rispetto della nostra musica; insomma, non siamo puttane quando si parla di musica dei Bad Love Experience.

Raccontateci qualche aneddoto interessante relativo all'esperienza del "David di Donatello", e non necessariamente di quanto avvenuto nella serata delle presentazioni...
Ricordo che, seduti sul palco, abbiamo parlato molto con Patty Pravo che quella sera aveva una gran voglia di parlare (male) degli altri ospiti. Poi, di preciso, non ricordo molto: abbiamo parlato con un sacco di persone, come Morricone, Antonio Albanese, i Marlene Kuntz, Checco Zalone… Ah, forse la cosa più bella è accaduta tutte le volte che il nostro autista (Aldo, mi pare si chiamasse) ci lasciava sul tappeto rosso per la passeggiata di ingresso: noi scendevamo dalla macchina davanti a un sacco di fotografi che rimanevano sempre puntualmente perplessi e si domandavano "E questi chi cazzo sono?!", non sapendo se dovevano scattare o meno. Poi scattavano lo stesso ma era bellissimo tutte le volte vedere le facce che facevano. Un altro aneddoto degno di nota è stato quando, di mattina, durante la cerimonia nella sala del Quirinale, il presidente Napolitano ci ha chiamato per la presentazione e ha annunciato al microfono "20th Century Fox" invece che “21st Century Boy” come titolo della canzone.

Anche a voi domando quale pensate sia(no) la/le band o artista/i più sopravvalutati nel panorama indipendente italiano...
Non saprei davvero come risponderti. A volte mi sembra che l'Italia sia una grande provincia: è tutto molto autoreferenziale, sembra che ora tutti facciano musica italiana solo per gli italiani. In generale non si riesce a guardare più in là del nostro naso. Non è un discorso di cantare in lingua italiana o in inglese o in russo. Proteggiamo il nostro orticello e si sopravvaluta il movimento, in generale mancando di umiltà solo perché si è raggiunto un po' di notorietà. Confrontarsi con realtà europee non è smania di grandezza ma un dovere morale. A volte si legge in giro che se un gruppo è troppo "esterofilo" non troverà in Italia un pubblico di italiani vogliosi di ascoltarlo perché gli italiani vogliono solo musica italica. Da fan di tante band italiane che girano l'Europa e il mondo (a prescindere dalla lingua in cui cantano) ci sentiamo un po' offesi.

Dateci la vostra visione di Livorno, ovvero di una città che artisticamente sembra riprendere quota, grazie a tante band come la vostra. Illustrateci, però, anche quali potrebbero essere le iniziative perché tutto ciò non si riveli un fuoco di paglia...
Da marzo a settembre Livorno è un buon posto dove stare, o anche dove ritirarsi dopo la pensione. A parte questo, ci sono davvero delle realtà valide che meritano attenzione nazionale. L'iniziativa più importante è fare come noi in questo momento mentre ti rispondo: mettere il culo su un furgone e partire se qualcuno ti invita e ti dà questa possibilità. Farsi conoscere faccia a faccia, promuovere la propria musica con passione, umiltà e serietà. In ogni caso dischi validi ne sono usciti parecchi ultimamente nella nostra città; se non li conoscete già, facciamo un po' di promozione: “Suspended” di N_Sambo, “Zarastro” dei Mandrake, “Sandland” dei Jackie o's Farm, “The worst of saturday night - Musica per energumeni del sabato sera” degli Appaloosa, “Hanno ucciso un robot” dei The Walrus e l’omonimo dei Compact Moroboshi.

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L'articolo Bad Love Experience: la Repubblica Italiana, e altre storie di Faustiko Murizzi è apparso su Rockit.it il 2012-03-07 00:00:00

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