Nico Fidenco Zombie Holocaust

La storia di un artista d'avanguardia, passato dallo scrivere canzonette alla tecno ante litteram

L’estate fa brutti scherzi e a volte un bel film di zombie ti solleva l’umore, specialmente se ti senti un po' come loro (gli zombies) e se le vacanze sono poche e ti tocca deambulare alla ricerca di un tabaccaio aperto per città desolate.
Premi un link, a volte quasi a caso, e parte “Zombie Holocaust”, recensito tra i “peggiori film di tutti i tempi".
Come ogni film di genere la colonna sonora la fa da padrone sin da subito, ed ecco che parte un bel synth analogico, scuro come la pece e caldo come l’inferno. Aspetti trepidante l’entrata della melodia che però... non arriva.
Un suono fisso, un drone abissale e dopo qualche sfarfallamento di rumore indistinguibile parte un beat scarno, ossessivo e veloce. È techno allo stato brado.
Poi a un certo punto nei titoli di testa appare la scritta: "Musiche di Nico Fidenco".
Ripeto: Nico Fidenco.
 


Premere STOP.
L’estate gioca brutti scherzi, ma la memoria ancora regge e dopo qualche secondo parte in testa il ritornello.
Ti voglio cullare, cullare, posandoti su un’onda del mare, del mare, legandoti a un granello di sabbia, così tu nella nebbia più fuggir non potrai.“
Conosciamo quasi tutti questo sdolcinato motivetto anni '60; una di quelle canzoni che i genitori canticchiavano in macchina verso il mare, che rispuntava fuori in uno spezzone di Blob o in uno di quei programmi della Rai fatti apposta per non far ammuffire i nastri nelle teche, conservati in uno di quei luoghi che immagino come il magazzino del finale del primo Indiana Jones, dove finisce l’Arca Perduta tra milioni di faldoni e antichità impolverate.

Ma è proprio vero che Nico Fidenco la scrisse e la interpretò, e a questo punto dobbiamo capirci qualcosa. Come può essere accaduto? Cosa è successo nella vita di Nico Fidenco (all’anagrafe Domenico Colarossi) e come è passato dal tormentone da spiaggia a firmare una colonna sonora di uno dei peggiori (e quindi migliori) film di zombie di tutti i tempi?

Iil film è già ripartito. Siamo nel 1979 e la techno non era ancora propriamente techno; qui invece Fidenco ci va giù pesante, più pesante di John Carpenter, con suoni inverosimili e mille anni luce avanti alla sua epoca. In un'epoca in cui i cantanti pop non sono molto abituati a reinventarsi, in cui Piero Pelù è costretto a vestirsi come quando aveva vent’anni e in cui Ligabue è costretto a cantare sempre la stessa canzone a noi sembra abbastanza strano, eppure un tempo non era così strano.
Complice la sfortuna o il carattere, molti musicisti degli anni ’60 furono costretti a “cambiare ruolo”, e quando a fine decade la moda “impegnata” contaminò il mercato, per Nico Fidenco non ci fu più carriera in quel mondo. La RCA (per la quale Fidenco lavorava come autore, interprete e a volte arrangiatore) cominciò pian piano a disinteressarsi di lui (perché pare non lo giudicasse abbastanza sexy per l’incipiente calvizie) fino a quando fu eliminato da Sanremo nel 1967, edizione in cui il cantante si esibiva in coppia con Cher.

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C’è quasi da gioire per questa decadenza, perchè da quel momento in poi Fidenco accetterà i lavori più improbabili e darà il meglio di sé, soprattutto nel campo delle colonne sonore e delle sigle dei cartoni animati, un mercato che dagli anni ’70 in poi diventerà floridissimo vista la “mole” di prodotti che le società televisive compreranno dall’estero. Fidenco firmerà la sigla di "Don Chuck Castoro", e quella di "Bem" - il mostro umano o "Cyborg"; chi si aggira intorno alla trentina sa benissimo di cosa sto parlando. E pur venendo dal mercato delle canzonette (quelle infarcite di violini melensi, per intenderci) Fidenco si distingue per l’uso massiccio di apparecchiature elettroniche e spesso ne fa un uso spregiudicato, assolutamente non accademico; vuoi per risparmiare sugli esecutori o per scelta estetica, chissà, sta di fatto che Fidenco entra a gamba tesa nel mondo dei B-movie e firma notevoli spartiti destreggiandosi tra spaghetti western e horror-splatter senza disdegnare il porno d’autore come la serie "Emanuelle Nera" e il violentissimo hardcore di "Porno Holocaust" del mitico Joe D’Amato e Bruno Mattei.

Proprio in quest’ultimo titolo (e in “Zombie Holocaust“ di Marino Girolami) Colarossi osa e rischia tantissimo sul piano musicale (giustificato dalla violenza delle immagini), firmando alcune tra le pagine più oscure e innovative del nostro cinema. Laddove i riconosciuti maestri Piero Umiliani, Riz Ortolani o Giorgio Gaslini non avevano il coraggio di arrivare, vuoi per la loro cultura di arrangiatori jazz, ben educati alle leggi armoniche e ben ancorati alla tradizione da soundtrack, ci arriva a volte Fidenco, che forse per povertà di mezzi o per minore cultura “classica” si abbandona ad un minimalismo senza precedenti fatto di soluzioni ad effetto e utilizzando artifizi sonori che vanno ben oltre il cattivo gusto.
Il tema principale di "Zombie Holocaust" rimane per molti un gioiello avanguardista nella sua semplicità monolitica in cui ritroviamo molta contemporaneità tra techno e drone-music.
Mi chiedo se lui ne fosse cosciente, e mi chiedo se ne siamo coscienti anche noi, sempre molto giudiziosi sugli artisti di casa nostra. Di certo ne sono coscienti all’estero, visto che sempre più spesso vengono utilizzati dei campioni di queste colonne sonore nelle uscite discografiche d'oltreoceano.
L'ultimo esempio? Nel nuovo disco dei Black Keys c'è un campionamento di “Sandra” del maestro Fidenco, tratto dalla colonna sonora del film erotico “La ragazzina” del 1974, regia di Mario Imperoli.

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L'articolo Nico Fidenco Zombie Holocaust di Marco Bonini è apparso su Rockit.it il 2014-08-29 00:00:00

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