L'Officina della Camomilla: ascolta in anteprima il nuovo "Palazzina Liberty" e leggi l'intervista

Francesco De Leo racconta le storie dietro il nuovo album dell'Officina della Camomilla, "Palazzina Liberty"

Palazzina Liberty Officina Camomilla
Palazzina Liberty Officina Camomilla

Abbiamo fatto quattro chiacchiere con Francesco De Leo dell'Officina della Camomilla per farci raccontare il nuovo album "Palazzina Liberty", che potete ascoltare in anteprima qui sotto: si è parlato dei non-luoghi italiani, di stregoneria piemontese, poesia e molto molto altro.

Iniziamo con una domanda forse scontata, ma importante: da dove viene il titolo del nuovo disco?
Viale Umbria, altezza Largo Marinai d'Italia, Milano. È la zona dove ho vissuto e dove si trova la palazzina liberty. È un edificio storico, rianimato negli anni settanta da Dario Fo e Franca Rame, dove si eseguono concerti di musica classica. Sicuramente è un luogo che mi ha sempre incuriosito e fatto fantasticare. Ho trascorso buona parte della vita in quel quartiere.

A me aveva subito fatto pensare alla Colonia Fara di Chiavari (ex colonia balneare fascista oggi ridotta a fatiscente ecomostro): quasi la metafora di una situazione, uno stato d’animo altrettanto alienante
Ci sono entrato più volte come tutti i ragazzi di Chiavari. È un luogo devastato, ci sono mucchi di banchi e sedie distrutte, pezzi di motorini. È rimasta in stato d'abbandono per anni. Ora si è scoperto che diventerà un hotel ma resta in ogni caso un edificio che stona con il paesaggio del Golfo del Tigullio. Tuttavia è un posto Romantico, scenario perfetto per un ipotetico live degli Einstürzende Neubauten in Italia. La Liguria è una terra bellissima, ma le costruzioni in certi casi rovinano il territorio. i ragazzi ovviamente sono omologati, in provincia ascoltano tutti musica commerciale, conoscono solo discoteche, moto, calciatori. Non c'è alcun tipo di scena musicale. Le band non esistono. Ci sono solo ragazzini vestiti con la tuta di felpa. Per fortuna sono arrivate idee geniali come il Mojotic Festival, che considero un miracolo per quelle zone. Siamo nel 2016. La scuola genovese è morta. L'elettronica e l'hip pop hanno conquistato il mondo. La musica si ascolta sui cellulari e i computers.

Parlaci dei luoghi dove è stato concepito il disco: una componente fondamentale dell’album sembrano essere i suoni a presa diretta. È il tentativo di dar vita ad una musica, un’atmosfera, che sia tipica di una regione? Nasconde la ricerca di un suono in qualche modo paragonabile a quella di un altro grande “concept” sulla Liguria, "Creuza de ma" De André?
"Creuza de ma" è un disco avantissimo, precursore della world music. Un pezzo di storia musicale del nostro paese. Avant garde e tradizione. Una perla unica, imparagonabile con qualsiasi altro lavoro. Il disco è stato scritto sui treni. Per lo più le idee mi sono venute in mente durante i viaggi fra Liguria, Lombardia e Piemonte. Sono andato a vivere per un paio di mesi a Torino, dove ho registrato una serie di jam con un polistrumentista della scuola jazz di Siena. Poi ho chiamato dei miei amici musicisti in studio, Giovanni Imparato dei Chewingum e il Sig Solo, tastierista storico di Dente, e li ho fatti sbizzarrire con le loro macchine sulle mie canzoni. Ho dovuto sacrificare molte parti che funzionavano perché le registrazioni alla fine erano troppe. Volevo qualcosa di più orchestrale e sci-fi. Ho ascoltato tantissimo i primi dischi degli Stereolab. "Mount Eerie" dei Microphones, gli Psycic Tv in generale, Young Marble Giants, la wave milanese di Faust'o, le composizioni di classica-sperimentale di Romitelli, le sinfonie dissonanti di Gleen Branca, Paolo Conte, Space Man 3, le colonne sonore dei Pink Floyd del film "More" (1969) ecc.. In quel periodo ero ossessionato anche dalla Jeete di Chris Marker (1962).

La stessa immagine di copertina è una creuza (mulattiera). Un’immagine molto evocativa che rimanda a molti riferimenti poetici. Petrarca, "Solo e pensoso per più deserti campi", ed il ben evidente vagabondare triste di Dino Campana. Ma azzarderei un ulteriore paragone, Eugenio Montale, un poeta ligure: “Ascoltare tra i pruni e gli sterpi schiocchi di merli, frusci di serpi”. Che rapporto esiste tra la tua musica e la letteratura?
Quella in copertina è una foto che ho scattato in estate sui sentieri di Leivi, in una passeggiata in mezzo agli uliveti liguri. Trascorro molto tempo in questi luoghi dell'entroterra, dove il tempo scorre diversamente. Vado spesso a visitare le Cinque Terre, che distano tre quarti d'ora da Chiavari.. si finisce in un altro universo, nei paesaggi mediterranei. Non sono un grande lettore di romanzi, ma per alcuni poeti ho coltivato un certo interesse. "Canti orfici" di Dino Campana è in assoluto il mio libro preferito. Ho una raccolta di poesie di Sylvia Plath (con le traduzioni di Amelia Rosselli), che adoro quanto Dino. Loro due sono i miei poeti preferiti. Ho letto anche opere di Keats, Kerouac, Shelley, Merini, Borges, Gozzano, Rimbaud, Ungaretti. Di questi che ho citato avevo dei libri che ho distrutto. Alcuni li ho persi in giro. L'unico che mi è rimasto è "Canti Orfici". "Ossi di seppia" è monumentale, anima della liguria, è un libro che ho letto molto sui treni.

In una canzone canti “sopraffatti dagli anglofoni sprofondiamo nella nostra bellissima lingua”. Assodato che la tua passione per la lingua italiana venga assolta in diverse figure di poeti e cantautori (tra gli altri ricorderei Tenco e Piero Ciampi), in quest’album sembri aver voluto “reprimere” proprio l’altra componente, quella più rock, più "Biciclettapirata". Le reminescenze delle tue grandi passioni (Arctic Monkeys, Strokes) sono in qualche modo rimaste una costante di tutta la tua produzione musicale. Palazzina Liberty, il singolo che anticipava l’album, ed Ex Darsena sembravano proprio segnare una svolta in quella direzione e anzi, ribadirla ancor più fortemente. Quali sono stati i motivi di questa scelta?
Ciampi è al primo posto per me. L'ho scoperto ai tempi del liceo quando ascoltavo i Baustelle. "Disoccupate le strade dai sogni" di Lolli per esempio è stata una bella botta, un disco che mi ha cambiato la vita. Ho ascoltato tantissimo anche "Discanto" di Ivano Fossati, ero ossessionato con il libretto dei testi. Poi c'è un genio riscoperto recentemente di nome Flavio Giurato (per me "La scomparsa di Majorana" è il vero disco del 2015) che è uno dei pilastri della musica italiana, verrà scoperto in ritardo, esattamente come Ciampi. Dopo "Fetus" di Battiato, "Anima Latina" di Battisti, "Siberia" dei Diaframma, cose che non mi ricordo più ecc. Per il delirio contemporaneo italiano ascolto PoP_X , il Culo di Mario, i Camillas, Gioacchino Turù, Tab_Ularasa, Wolfango... In "Palazzina Liberty" ho fatto quello che ho voluto in totale libertà. È il mio primo lavoro da produttore in studio. Tutte le scelte sono mie. Ho cercato di fondere certe influenze internazionali contemporanee e del passato ad una scrittura di testi classica italiana. Lo considero un esperimento. È stato registrato al Dude Music di Correggio da Stefano Riccò (Altre di B), missato e masterizzato al Crono sound factory da Simone Sproccati.

In questo disco non c’è solo la Liguria: altre due città, Milano e Torino, rivestono un ruolo altrettanto cruciale. C’è forse una correlazione con il pezzo "Triangolo industrial": il liberty è il trait d’union che tiene connessa questa dimensione psico-geografica?
La palazzina liberty concettualmente è intesa come una roccaforte, un bunker allucinatorio. Questa storia è ambientata in un futuro distopico, in un deserto metropolitano dopo la guerra. "Triangolo industrial" è l'unico suono. Il paesaggio che vediamo è solo devastato. Essenzialmente, questo edificio funziona come un portale per collegarsi ad una natura immaginaria artificiale. È una casa matta, una Dismaland, ed ogni brano è una stanza, un capitolo della storia. Il disco si sviluppa passando attraverso gli intermezzi, che sono i corridoi irreali della palazzina, dove il suo mondo capovolto scorre, fra labirinti di pavimenti sconnessi. Ho visto anche un paio di film in quel periodo, tipo "Level Five" (1997), "Cube" (1997), "Inland Empire" (2006), "Nostra Signora dei Turchi" (1968) poi qualche libro sulla stregoneria piemontese, molto interessante.. tutto questo materiale mi ha sicuramente influenzato. Volevo ricreare più scenari all'interno della struttura, camere d'ombra, camere strobo, sale illusorie. È un covo. Un rifugio. Uno spazio. Sostanzialmente la palazzina liberty può essere qualsiasi edificio abbandonato sul suolo italiano.

Marc Augè aveva già fatto la sua comparsa in una tua vecchia canzone. Poi ci sono la Colonia Fara, l’ex Darsena così come il Brico Center ed il Bingo di via Washington. Da dove viene questa passione per i non-luoghi?
I tempi delle metropoli sono diversi da quelli delle province. C'è uno sbalzo notevole. A Milano sei nel Futuro. A Chiavari sei nel passato. In generale più vai a sud o in provincia, più si torna indietro nel tempo. Che non è un male. Anzi. I non-luoghi sono dei posti sospesi, dove il tempo resta immobile, come il relitto di una nave. Hanno un fascino misterioso, sono posti strani. Si può anche parlare di cadaveri urbani, zone abbandonate, campi dismessi dove si creano città parallele, villaggi abusivi ecc. Nell'infinito degrado italiano, i nostri occhi sono stati costretti a vedere il paese morire. L'Italia dovrebbe essere un enorme parco nazionale.

Il nuovo disco contiene una canzone, "Soutine Twist", che è anche il nome di un tuo lavoro solista che era stato registrato per poter dar sfogo alla tua libertà creativa fuori dai vincoli del gruppo e dell’etichetta. Ora la formazione della band è cambiata ma l’etichetta è rimasta la stessa. Com’è andata questa volta?
"Soutine Twist" è stata scritta a Milano nel 2014. è il punto di non ritorno dell'Lp. Parla di una ragazza scomparsa all'interno del Parco di Monza. Per scriverla ho preso spunto da un articolo di giornale. È una canzone storta con mille parole, sicuramente la più labirintica di tutte, e si conclude con una lunga coda di violini e synth. Per esibire live questo disco servivano molti musicisti dato l'eccesso di materiale registrato tra archi, sintetizzatori, chitarre elettriche/acustiche ecc.. per questo motivo ora il complesso è composto da 6 elementi, oltre a me e Morco al basso ci saranno Simone Sproccati alla chitarra (già Adele e il Mare), Roberto Redondi (Class) ai sintetizzatori, Loris Giroletti (Nobody Cries for Dinosaurs) alla batteria e Fausto Cigarini (direttamente dal Conservatorio di Modena) al violino e alla seconda chitarra.

In qualche modo la genesi di "Palazzina liberty" era già riscontrabile in "Soutine Twist" così come nell’ultimo lavoro con Ubba+Bond. Che ruolo hanno quelle tracce completamente strumentali e non cantate all’interno dell’album?
Sono state concepite come pezzi strumentali ambient, ho registrato con Giovanni Bologni dei Mut'0 delle jam in un appartamento di Torino. "Noise sull'oceano" sarebbe il mare visto in un allucinazione urbana, rivelatosi poi, il preambolo ideale per l'ultima canzone dell'album," Signora del Mare", una masca. Altri posti invece ci ricordano la conquista di un paradiso remoto. Comunque i lavori strumentali non sono una novità, ho sempre composto colonne sonore, tracce strumentali ecc.. l'album "Soutine Twist" è un esperimento, volevo fare un'operazione più d'archivio, tipo documentario, registrando anche suoni reali, della Liguria e delle metropoli del Nord.

Tifi la Virtus Entella?
Ovviamente si, essere in serie B per Chiavari è psichedelia totale. Forza Entella!!

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L'articolo L'Officina della Camomilla: ascolta in anteprima il nuovo "Palazzina Liberty" e leggi l'intervista di Marco Beltramelli è apparso su Rockit.it il 2016-02-19 10:59:00

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