Samuel - Fuori da ogni autocensura, Samuel ha ritrovato la via del pop

Abbiamo incontrato Samuel alla vigilia della sua partecipazione da solista a Sanremo per farci raccontare in anteprima il nuovo album "Il codice della bellezza"

Samuel
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Tutti i Subsonica stanno singolarmente pubblicando i loro lavori solisti, e il 24 febbraio sarà la volta di Samuel con "Il codice della bellezza". Prima però passerà da Sanremo, per presentare il brano "Vedrai".
Lo abbiamo incontrato per chiedergli il perché di queste scelte. Ne è venuta fuori una lunga chiacchierata sull'importanza delle relazioni durature e sul non perdere quella parte di leggerezza che ognuno di noi ha dentro di sé.

I primi due singoli del nuovo album sono andati molto bene, quindi la prima cosa che ti chiedo è perché hai deciso di andare a Sanremo. Un artista come te ne ha davvero bisogno?
Il disco era già pronto ed è stato costruito senza pensare a un'evenienza di questo tipo. Come dicevi i singoli sono andati benissimo e quando è arrivata la proposta era assurdo pensare di rimescolare tutto e riaprire il racconto che stavo facendo nell'album. A quel punto anche io mi sono chiesto perché ho accettato.
In quel momento mi è sovvenuto questo ricordo di quando ero piccolo, avevo 6-7 anni, e già scrivevo le prime canzoni. La prima la portai a mia mamma per fargliela ascoltare, e lei mi disse “È bella, ma se vuoi scrivere le canzoni devi guardare il festival di Sanremo, perché lì ci sono tutte le canzoni”. E quindi ho passato tutta l'infanzia seduto con un taccuino e una biro a segnare tutte le frasi più belle che sentivo nelle canzoni. In adolescenza poi sono diventato un pochino meno avvezzo allo stare in casa a guardare la tv. Sono arrivati gli anni '90 in cui la mia musica è stata triturata in mezzo all'elettronica e ai linguaggi metropolitani, ho vissuto l'esperienza dei centri sociali che ha cambiato radicalmente il mondo musicale indie italiano e tutto si è rimescolato. Quell'angoletto della mia infanzia è però ancora presente. Anche nei Subsonica rappresento la parte di scrittura autorale più legata alla canzone che alla costruzione del suono.

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Secondo te Sanremo ha ancora un suo valore per definire cos'è oggi la musica italiana?
Credo che Sanremo sia un luogo socialmente incredibile per la musica e anche per l'Italia, perché la musica è una forma di comunicazione che va oltre la parola. Con una parola riesci a tirare un pugno nel cuore se è messa sulla nota giusta. Ci vado per andare a raccontare il mio album, perché è uno spazio importante, e poi per andare a vedere cosa succede in Italia nel mondo della musica.

Però lontano da Sanremo, anzi proprio dalla tua Torino, arrivano tanti progetti validi. Tu stesso la notte di Capodanno hai invitato sul palco molti di questi artisti.
Sì, quella sera c'erano solo alcuni dei migliori, ce ne sono davvero tanti. Torino è una città che lavora molto in sotterranea, ci sono molti gruppi che girano tanto all'estero ma qui in Italia non conosciamo. Quello di Cosmo è sicuramente uno dei progetti più validi, lo amo tantissimo. Anche i Niagara. Entrando nel mainstream (perché in questo momento il rap è il mainstream della musica indie) Ensi ha una sua vitalità molto forte e attiva. Ultimamente in tutta Italia ci sono grandissimi autori di canzoni e musica. Penso a Brunori e a tutto quello che sta succedendo a Roma. Tutta l'Italia adesso è una capitale della musica e a breve ne vedremo i frutti.

I Subsonica sono stati uno degli ultimi gruppi a fare veramente il salto di qualità, dall'underground a tutte le radio, anche passando da Sanremo. Per vedere lo stesso riscontro con band come i Thegiornalisti o Calcutta abbiamo aspettato 20 anni. Secondo te perché?
Il momento in cui siamo nati e cresciuti noi era un periodo di grossa attività live, attività che porta via tanto spazio al racconto e alla promozione di quello che stai facendo: la maggior parte del tempo è dedicata a preparare il tour, salire in furgone e stare in giro 200 giorni l'anno. Nell'ultimo periodo molti spazi live sono morti e molte realtà che lavoravano sul territorio per raccontarne le realtà, parlo soprattutto delle radio indipendenti, sono finite. E quindi è tornata la necessità degli artisti di un certo circuito musicale di andare a raccontarsi ritagliandosi degli spazi più importanti. In quel momento è tornata una luce su quei percorsi musicali molto attivi, belli e ricercati che abbiamo in Italia.



Il titolo della canzone che porterai a Sanremo è “Vedrai”, che porta immediatamente a pensare al brano di Tenco. Anche la tematica è simile, il cercare un miglioramento stando insieme, grazie al calore degli affetti. 
Tenco ha avuto una grande capacità da quel punto di vista, quella di raccontare l'emozione umana anche nel dramma, nella difficoltà e nella speranza. Il mio album racconta una speranza. Il concetto di “Codice della bellezza” è quello di una bellezza interiore che ti permetta di essere amato dagli altri, e che sia migliorabile e riscrivibile come un enorme puzzle emozionale. Se sistemi le cartelle al posto giusto avrai un'immagine nitida, col "rischio" di essere veramente una persona bella. Quindi il concetto di speranza aleggia in tutto l'album e in particolare in questa canzone, che racconta un amore in un momento di crisi. Chi riesce a vivere un amore così forte può sentirsi fortunato anche nella difficoltà.

Infatti mi sembra che le canzoni parlino soprattutto di come restare una coppia anche quando in una relazione longeva subentrano la noia, l'abitudine, ma anche l'eccessiva perfezione. L'irrequietezza di chi cerca sempre “la risposta” proprio perché tutto non sia così perfetto ed eventualmente povero di stimoli. È così?
In effetti sì, l'interpretazione è giusta soprattutto per quanto riguarda la parte del continuare a stare insieme nonostante tutto. In questo periodo storico siamo sotto bombardamenti emozionali da qualsiasi angolazione, e la cosa più facile sarebbe lasciarsi, utilizzare l'amore come un passaggio momentaneo e necessario. Capita però a volte che si incontri la persona giusta, che anche nel momento in cui sai che questa cosa potrebbe finire tu non vuoi che finisca. Allora inizia una ricerca, perché sai benissimo che solo quella persona può darti l'equilibrio e riscrivere quel “codice della bellezza” che è dentro di te. Mi è venuta voglia di raccontare l'amore da un'altra angolazione, di svelare quei momenti di difficoltà, di rabbia, di incomprensione, in cui in realtà è celato l'amore. È quello il momento in cui capisci se vuoi stare con una persona, quando tutto va bene è troppo facile.

Quali sono state le principali differenze nella scrittura rispetto a quando lavori con la tua band?
Inizialmente non sono state molto diverse, perché spesso con i Subsonica io scrivo da solo e poi propongo agli altri. La differenza è stata la censura, nel senso che quando lavori con un gruppo da tanto tempo si innestano dei meccanismi di conoscenza e censura dell'altro, che poi fanno parte di un meccanismo emotivo che dopo 20 anni ristagna e si stratifica. Togliendo quel tipo di blocco, che comunque nei Subsonica è funzionale perché ci ha permesso di fare quello che abbiamo fatto, è venuta fuori una leggerezza maggiore e una certa facilità nello scrivere.
Per quest'album ho scritto 60 canzoni, una al giorno per 2 mesi. La musica veniva fuori più facilmente perché non dovevo superare delle barriere. È stata una bella sensazione esattamente come è anche bello dopo il lungo lavoro coi Subsonica vedere un disco che prende forma nonostante la censura e la vitalità un po' drammatica di un rapporto che dura ormai da tantissimo tempo.

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In mancanza della band quanto è stato fondamentale l'apporto del tuo produttore Michele Canova?
Io volevo una persona che conoscesse il linguaggio del pop in Italia in questo periodo storico, perché sono convinto che la musica debba raccontare il proprio tempo. Volevo uno che parlasse questo alfabeto, forte di carattere, infatti i suoi album spesso hanno tutti lo stesso tipo di suono, che potrebbe anche essere un'accezione negativa. Però io volevo il tiro alla fune, perché credo che in uno studio, con un progetto artistico come un disco, avere una persona che ti trascini in una zona non confortevole ti può aiutare a tirar fuori delle cose importanti, così come ho fatto io con lui. Infatti il mio disco suona come il mio disco, non c'è niente di simile tra le cose prodotte da lui. Quindi cercavo proprio questo, un confronto forte e acceso che potesse sostituire quello che io ho con i Subsonica.

Nel disco hai collaborato anche con Jovanotti. Cosa hai imparato da lui e secondo te quali sono le sue migliori qualità come autore e comunicatore?
Quando ho iniziato a lavorare al disco avevo la necessità di riappropriami di alcune sfumature colorate e leggere. Soprattutto nei primi due dischi dei Subsonica ci sono molte cose colorate, allegre, con tonalità estive. Poi nell'arco del tempo la mia scrittura si è incanalata nel “sistema Subsonica” per andare a raccontare più gli autunni e gli inverni della nostra musicalità, e volevo ritrovare quella solarità. Quando lui mi ha scritto che gli piaceva quello che facevo ho pensato “è perfetto”. È come un fratello maggiore a cui chiedere dove andare a scavare dentro di me per ritrovare quella felicità. Lui è una persona estremamente amante della musica, non può fare senza, e quando ha capito che volevo parlare di musica si è subito lasciato andare e si è fatto permeare dalle mie domande, dandomi anche delle ottime risposte. Quindi quello che lui ha fatto per me è stato rimettermi di fronte a quella allegria, leggerezza, semplicità che io avevo smarrito dentro di me.



Quali strumenti suoni? Te lo chiedo perché vorrei sapere cosa aspettarci dal tuo live.
Strimpello pianoforte e batteria, ho suonato anche due bassi nell'album. La musicalità dello strumento, non partendo da un punto di vista tecnico, fa parte di me. Mi piace avere gli strumenti e suonarli nei live, per esempio la chitarra ho imparato a suonarla durante i tour con i Motel Connection.
Questo album l'ho fatto col pianoforte, infatti nel live cercherò di portare questa sfumatura sul palco. I prossimi live mi colgono un po' impreparato perché non mi sento ancora pronto a farli con un'altra band, per cui probabilmente lo farò solo con un batterista, Christian Tozzo dei Linea 77, e quindi dovrò io sostituire tutta la band. Visto che si parla di strumenti sintetici avrò qualcosa in base, altre cose dovrò suonarle io e per me sarà una sfida molto importante.

Cosa ne pensano gli altri Subsonica del tuo disco? Gliel'hai fatto ascoltare in anteprima?
No perché quando sono tornato da Los Angeles dove ho registrato il disco non li ho quasi più visti, non ci siamo incrociati perché arrivavamo da 2 anni intensissimi di musica, e dopo 2 anni sullo stesso furgone fianco a fianco a dividere battaglie e viaggi, hai anche voglia di non vederti per un po' (ride). Ma poi io credo ci sia anche una sorta di difficoltà nell'accettare che l'altro stia facendo una cosa da solo, da parte mia e anche da parte degli altri. Io penso che sarà più facile parlare di questa cosa quando ci reincontreremo per fare il prossimo album dei Subsonica. In questo momento è un argomento molto acceso ed è giusto che sia così, perché la competizione e il confronto, quando ci si vuole bene e si vuole stare insieme, accende sempre una crescita.

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L'articolo Samuel - Fuori da ogni autocensura, Samuel ha ritrovato la via del pop di Chiara Longo è apparso su Rockit.it il 2017-02-01 11:51:00

Tag: Sanremo pop

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