Giorgio Poi - Niente di speciale, tutto è speciale: la vita secondo Giorgio Poi

Canzoni in cui le parole accompagnano l’ascoltatore in un immaginario privato, abitato da melodie fluttuanti e dirompenti e cose piccole di tutti i giorni. Abbiamo incontrato Giorgio Poi per farcele raccontare.

giorgio poi, artista bomba dischi
giorgio poi, artista bomba dischi - Tutte le foto sono di Susanna Verni

 

“Fa Niente” è l’esordio discografico di Giorgio Poi, uscito lo scorso 10 febbraio per Bomba Dischi/Universal. Se credete di non conoscerlo ancora, ripensateci meglio: Giorgio Poi viene dalle schiere dei Vadoinmessico, recentemente rinominati Cairobi. Insomma, siamo dalle parti di un pop sognante e psichedelico, che è tornato anche in questo disco solista in italiano: nove brani in cui le parole accompagnano l’ascoltatore in un immaginario privato, abitato da melodie fluttuanti e dirompenti e cose piccole di tutti i giorni. Abbiamo incontrato Giorgio Poi per farcelo raccontare.



Iniziamo con una domanda molto diretta: Giorgio Poi, che cosa hai messo in questo disco?
In questo disco c’è semplicemente la mia vita. La mia vita durante l'anno in cui scrivevo, e anche qualcosa del passato.

Niente di speciale, tutto speciale.
Esatto, mi piace dare un po' di specialità, un po' di attenzione a cose che magari quotidianamente non sembrano attirare l'attenzione. Chessò, un dentifricio.

Mi sembra che quelle di “Fa niente” siano canzoni che parlino un po' d'amore. Un amore fatto di cose semplici, come uscire insieme ed essere un po' svogliati, un amore che per citarti è fatto di spazzolini, dentifrici, cose così. Cantare di cose quotidiane è un modo per comprendere meglio quello che ti capita?
Non credo che si scriva una canzone d'amore per un motivo pratico. Lo si fa perché si ha voglia di farlo. Poi io quando inizio a scrivere non ho mai un piano: semplicemente metto assieme parole che suonano bene, parole che mi va di cantare. Le canzoni le costruisco così, una parola dopo l'altra. E alla fine viene sempre fuori qualcosa che in un certo senso parla di me, o di una parte di me.

Oltre che le piccole cose di tutti i giorni, nel disco ci sono tanti “climi”, tante stagioni: all'inizio è estivo, nelle canzoni c'è molto caldo. Poi tutto diventa un po' invernale e infine ritorna l'estate. Che rapporto hai col clima?
Ho il rapporto col clima che ha uno che non vive in Italia da dieci anni. Mi mancano certi aspetti climatici del mio Paese, e li sogno, mi piace immaginarmi in un clima diverso, quindi magari ci scrivo una canzone. Anzi, di solito funziona proprio così. Il pezzo estivo magari lo scrivo in inverno, il pezzo invernale d'estate.

Visto che si parlava di quotidianità: qual è il momento della giornata che preferisci?
La colazione mi piace molto. Svegliarmi e fare colazione mi piace un sacco. Poi, dopo che ho fatto colazione, di solito sto un'oretta sul divano a leggere, me la prendo comoda. Anche perché la mattina faccio tanta fatica a svegliarmi. Il mio cervello si attiva molto lentamente quindi cerco di alzarmi presto, alle 7.


E le canzoni quando le scrivi?

Io credo che il mio momento migliore sia dopo pranzo, ma nella realtà non è così: è intorno alle 19. Ho quest’illusione del dopo pranzo perché quello è il momento in cui mi sento meglio, in cui mi va di più di scrivere. Però le cose migliori escono alla fine, dopo che mi sono stancato, dopo che ho perso completamente la direzione, dopo che mi sono smarrito mille volte... solo allora esce fuori una cosa interessante. Verso le 19 ho perso la consapevolezza di quello che sto facendo, non ci capisco più niente. Continuo, continuo, continuo e alla fine c'è qualcosa che attira la mia attenzione. E allora capisco di essere arrivato.

Nonostante tu abbia sempre scritto in inglese (con i Cairobi, la sua band, ndr), il tuo modo di usare l'Italiano è già marcato, hai già una tua cifra distintiva. Questa cosa ha a che vedere con il fatto che nella tua quotidianità tu non usi l’italiano?
Sicuramente. Nella mia vita quotidiana uso l'inglese, quindi ho spesso voglia di parlare in italiano, ho voglia di esprimermi in questa lingua. Quando ho iniziato a scrivere i pezzi era la davvero la prima volta che mi misuravo con l’italiano, non avevo idea se ci sarei riuscito, se mi sarei divertito, se mi sarebbe piaciuto... Ho capito poi che mi stava piacendo, che riuscivo a esprimermi, a dire quello che volevo dire nel modo in cui volevo dirlo. E questo disco forse è nato proprio da questa esigenza: volevo utilizzare l’italiano, la lingua che conosco meglio ma che non uso mai.

Dal punto di vista musicale, invece, “Fa niente” è un po’ controcorrente. Ultimamente in Italia si sta lavorando molto sul pop: ad esempio Pop X lo ha portato al limite dell’occultismo post-internet, Calcutta invece ha lavorato per cambiare da dentro gli stilemi più radiofonici. Sembra quasi che tu invece voglia stratificare e complicare il discorso, anche con dei risvolti psichedelici.
Gli arrangiamenti del mio disco non sono affatto semplici, però i suoni sì: sono asciutti, molto secchi, per certi versi anche ripetitivi. Anzi, è stata proprio la decisione di legarmi sempre agli stessi suoni che mi ha spinto verso la necessità di scrivere arrangiamenti più complessi. Ad esempio non c'è un sintetizzatore che tracci per me la melodia, quindi se a un certo punto voglio avere un momento di pausa e non cantare, devo muovere tutta l'armonia. Invece di creare una nuova melodia mi perdo in una progressione di accordi che faccia andare la canzone un po' fuori dai suoi binari. È una cosa che uso spesso in questo disco, un escamotage per riuscire a suonarlo in tre e mantenerlo interessante. Non so se sono consapevole di questi meccanismi, so solo che mi è venuto di farlo così. Chiaramente io lancio il sasso, chi lo raccoglie non lo so.


In “Fa Niente” abbiamo sentito molto i riflessi della musica di Conan Mockasin, mescolati anche a impronte più jazz dovute forse alla tua formazione.

Certe cose di Mockasin mi hanno sicuramente influenzato, soprattutto sulla chitarra. Nel disco però secondo me non c’è tanto jazz, non c'è swing, non ci sono soli... sono canzoni pop con molte progressioni cromatiche discendenti, che possono dare quell’impressione lì. Forse in questo mi ha aiutato un po’ la mia formazione jazz, ma il mio disco è molto più semplice, non ha tutte quelle sfumature.

Se ci dovessi dire i tuoi tre dischi jazz preferiti di sempre?
Mi piace molto "Chet Baker Plays and Sings": lui è straordinario, non ha mai fatto mezz'ora di esercitazione a casa eppure ha una riuscita espressiva totale. Poi mi piace molto "A Love Supreme" di Coltrane, bellissimo. Per ultimo direi Lester Young, sassofonista che ispirò Charlie Parker. Tutte cose molto classiche.

video frame placeholder

Sappiamo che il video di "Tubature" ha una storia particolare: dove si trovano quei luoghi stranissimi?
Conosco questo signore che dagli anni ‘50 colleziona oggetti di qualunque tipo. Ne ha collezionati talmente tanti da creare un museo enorme: lui dice che la sua è la più grande collezione al mondo di cultura contadina. Ha la più grande collezione di ombrelli, saranno 3000, è geniale! Tutto nei suoi spazi è diviso per argomenti: reparto astronomia con mappamondi e cannocchiali, poi c’è la macchina che sostiene sia appartenuta ad Al Capone (che nel video guido goffamente). Oltre a questo museo ha anche delle cave dove ha inserito oggetti contemporanei, cave che sono state chiuse per essere aperte solo nel futuro. È tutto pieno di oggetti, oggetti a caso.

Tu che tipo di rapporto hai con l'accumulo, con gli oggetti?
Non credo di essere particolarmente affezionato agli oggetti, anche se ce l'ho qualche feticcio: conservo in una scatola le cose che mi accompagnano per un lungo periodo o in un momento speciale, ad esempio un accendino che avevo in tasca in un preciso momento.

La foto in copertina fa parte degli oggetti che conservi?
No, è una foto che ho comprato su eBay. Ho proprio ho l'originale, è piccolina. L'ho vista e mi è piaciuta tantissimo, l'ho pagata 50 centesimi. Stavo cercando vecchie foto, un'idea per la copertina. Sono stato fortunato. Il fotografo ha colto un momento molto particolare, è un inno alla vita. Non ho idea di dove e quando sia stata scattata.

Il titolo che hai dato al tuo disco è "Fa niente". Volevo chiederti: fa davvero niente, non conta nulla, non cambia nulla?
“Fa niente” è solo una cosa che ci si dice di solito. Sarebbe bello riuscire a vivere con quella frase in testa. È un atteggiamento che mi piace, quello di riuscire a star tranquilli. È una cosa che sto dicendo a me stesso: qualunque cosa, anche questo disco, fa niente. Quello che succede, se ti piace o se non ti piace, fa niente. Questo vale per tutta la vita. Riuscire a vivere così è quasi impossibile, però ogni tanto ricordarsi che "fa niente" secondo me aiuta.

 

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L'articolo Giorgio Poi - Niente di speciale, tutto è speciale: la vita secondo Giorgio Poi di Pietro Raimondi è apparso su Rockit.it il 2017-02-14 12:43:00

COMMENTI (2)

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  • ale.ziami 7 anni fa Rispondi

    Grande artista, speriamo in Italia sia capito.

  • nicko 7 anni fa Rispondi

    questo disco mi piace un bel po'