Giorgio Canali - Romantico correggese: un pomeriggio con la pioggia dentro

Per intervistare Giorgio Canali abbiamo deciso di raggiungerlo a Correggio e passarci un pomeriggio insieme.

Giorgio Canali in MiniDV
Giorgio Canali in MiniDV

La scena finale del mio pomeriggio a Correggio con Giorgio Canali mi vede da solo, col buio appena sceso, a gironzolare sbronzo fuori e dentro la Stazione dell'Alta Velocità Reggio Emilia Mediopadana: un gigantesco monumento civile di Calatrava, bianco in mezzo al nulla totale dell'Emilia che lavora. Poche ore prima, sempre lì, Giorgio mi veniva a raccogliere con una macchina affittata, si metteva in coda dietro a un'autobotte carica di letame e mi portava nel centro della sua nuova città, per passare da un bar all'altro e per farmi riempire i bicchieri. Intanto parlare e parlare, lui piano e io veloce, lui tranquillo e io agitato. Le cose più belle ovviamente non le ho registrate, ma va bene così. Stando nel suo raggio d'azione, tutta la società civile, con le buone e le cattive cose, tutto il colossale impianto dell'umanità organizzata, assomiglia sempre di più alla Stazione di Calatrava: un maestoso scheletro bianco per arrivare in nessun posto, un paese di merda che ti fa scrivere undici canzoni bellissime e una sola schiavitù per provare a stare al mondo.

 

 

Ci hai messo sette anni a fare un disco, ma poi l'hai concretamente chiuso in pochi mesi.
Sì, l'ultimo album era del 2011, a parte "Perle per porci" che è uscito due anni fa, ma non era un disco nostro, era un disco di cover. È chiaro che i pezzi erano talmente sconosciuti che se uno non sa che non li avevo scritti io sembrava comunque un disco nostro, abbiamo interpretato quei pezzi veramente alla maniera di Rossofuoco. Però, sai, non ero riuscito a scrivere un cazzo fino a quest'anno. Sono arrivato qua a Correggio e puzza, puzza.

Quindi è servito spostarsi.
È servito spostarmi, è servita la gente che mi ha rotto i coglioni per anni... sai alla fine dei concerti: "quando cazzo lo fai un disco nuovo? C'è bisogno di un disco nuovo! Non ne posso più di sentire gli stessi pezzi, non ne posso più di vedere gli stessi concerti!". È un po' molesto come stimolo. Però è un'istigazione, vera e propria. Un'istigazione a delinquere.

Direi che ha fermentato bene questo periodo, i pezzi sono veramente belli.
Ah io sono contentissimo. Non l'ho mai detto questo della mia produzione: è il mio disco migliore in assoluto, e secondo me anche il disco migliore di Rossofuoco musicalmente parlando, ne sono sicuro.
Avevo avuto questa impressione per "Nostra signora della dinamite", però non l'ho mai dichiarato apertamente. Questa volta quando sono arrivato in fondo ho visto che, cazzo, mi sono superato: non mi sono ripetuto, ho detto un po' le stesse cose che ho sempre detto, ma le ho dette in maniera diversa, nuova, senza essere "ancora Canali", capito? Perché il problema è quello... sono molto presuntuoso, mi piace molto il mio scrivere; e una roba che non mi avesse lasciato soddisfatto al cento per cento non sarebbe mai uscita, avrei continuato a sentire "che cazzo fai perché non fai un disco nuovo?" alla fine dei concerti. Ma avrei continuato a suonare, altrimenti che cazzo faccio se non faccio concerti? Non so fare nient'altro.

Il mio preferito è "Messaggi a nessuno".
Di "Messaggi a nessuno" è venuto molto bene l'arrangiamento perché è una ballata scarnissima con un arpeggino di chitarra, e stava in piedi benissimo da solo. Luca (Martelli, ndr) addirittura non voleva nemmeno mettere la batteria, diceva "no ma dai non roviniamolo, teniamolo come abbiamo fatto per "Lezioni di poesia", così com'è" e io: "No, un cazzo. C'è Marco che ha disegnato un arpeggio di basso che spacca, non lo buttiamo via perché non hai voglia di far la batteria" (ride). E secondo me è ancora meglio di com'era chitarra e voce, anche perché quella chitarra l'ho poi buttata via. 

In genere lavori prettamente in casa, anche il mix lo hai fatto tu?
Sì l'ho fatto in casa, questa volta mi sono limitato ai mix, e i master li ho fatti fare a Diego, che ha uno studio a Bassano. Adesso credo che il risultato sia molto buono, molto più pulito, perché in genere sul master spingo tanto, però a 'sto giro mi interessava mantenere le dinamiche, senza schiacciare tutto, non è molto urlato 'sto disco.

La prima cosa che c'è e che emerge, ed è sempre stata una tua costante, è la parola "lividi".
Prendo delle botte ogni tanto, picchio anche molto sugli spigoli – altra parola "spigoli", fa rima con lividi, è anche sdrucciola. Ci prendo perché sono abbastanza maldestro proprio come persona, mi faccio male spesso e volentieri per nulla. Ogni tanto prendo anche delle batoste mentali.

Forse però i lividi di "Nostra Signora della dinamite" sono un po' diversi da quelli di "Messaggi a nessuno"
Tiro fuori la solita menata che uso spesso di paragonare come si sta quando si soffre di cuore o per motivi personali, alla sofferenza della gente che sta veramente male, che ha dei cazzi in culo grandi grossi e fastidiosi. È un po' da idioti, quindi ho preso per il culo questo mio modo: "oh guardate che io sto male, sto male come voi, poi non mi interessa se voi state morendo di fame o se vi stanno sparando addosso, se vi hanno ammazzato la moglie, la figlia e il cane".

E non ti sembra un po' paraculo?
Sì è paraculo, però è giustificato: il mio mondo sono io. Quindi se io sto male sto male. Poi è chiaro che se qualcuno sta male davvero lo devo riconoscere, non posso far finta. Ogni tanto, quando qualcuno ha dei problemi personali, non vede l'ampiezza dei mali altrui. Dice "è un po' la stessa cosa: tu sei senza casa ti è caduto addosso il mondo, io sono stato buttato fuori dal condominio perché il mio cane abbaiava.." capito? La gente spesso ragiona in questa maniera qua.

Non si riesce neanche a fraternizzare il dolore, a renderlo comune. Si fa la gara a chi ha il dolore più grosso.
Esatto, la gara! Poi il dolore più grosso vince comunque sempre.

Sembrava che prima con "vedere il mio destino dentro i lividi" ci fosse un'accezione quasi di lavoro sul dolore, del dolore come elemento conoscitivo.
È un po' un parafrasare il fatto di leggere il proprio futuro nei fondi del caffè, di leggere il proprio futuro nella merda dei cani o nei tuoi lividi, o nella forma del tuo sbocco quando sei stato male, capito? C'è quel tipo di divinazione a caso: tipo in base a come cade la roba. Sono giochi di parole che alla fine assumono un significato se glielo vuoi dare, spesso ne hanno più di uno: è la potenza di scrivere delle cose che possano sembrare ermetiche ma in fondo non lo sono; è la cosa bella di quel tipo di micro-ermetismo dove in realtà è tutto quanto molto manifesto. Spesso nelle mie canzoni c'è proprio questo arrampicarsi alle parole, doppi sensi stupidi e non... Sì, è un po' paraculo come modo di scrivere ma Vasco (Brondi, ndr) un po' lo fa anche lui (ride). Non voglio dire che ha imparato da me ma aveva un bell'esempio davanti su come fare l'idiota in quella maniera.

Indubbiamente.
Certe cose sono forzatamente così, perché, nonostante ci siano degli anni di differenza, alla fine apparteniamo alla stessa generazione di merda, quella compressissima nel fatto di essere sempre ai margini, di non essere mai al centro degli eventi e delle cose.

Inizia più o meno alla fine del '68 questa generazione?
Nel '68 io ero piccolo e non capivo un cazzo, però sì, secondo me c'è una compressione terribile. A partire dagli anni '60 ci sono state tutta una serie di conquiste, morali, politiche, etiche che poi pian piano ci sono state risottratte. Non a caso si parla ancora di aborto e di impedirlo, non a caso la famiglia è rivalutata come valore primario e il bonus bebè, voglio dire, è una soluzione che esisteva durante il fascismo.

Quando ho intervistato Vasco la primissima cosa che gli ho chiesto, così, proprio per fare attacco diretto, è stata: "Ma perché Salvini è al governo?" e tu me lo stai già un po' dicendo.
Te lo dico io perché: perché io non sono andato a votare e come me un sacco di gente – il problema è che io lo faccio da quando avevo 18 anni. Perché i poveri scemi che lui riesce a convincere con i suoi cazzo di comizi ci credono e vanno a votare per lui.

E quindi continuerai a non votare, questo lo sappiamo e possiamo esserne certi.
Ma sì, questo è sicuro.

Anche se le cose si complicano.
Sarà divertente vedere come va a finire. Tanto io sono immortale e seppellirò tutti, quindi vedrò anche come andrà a finire (ride). Io non la vedo proprio una questione italiana. Secondo me troppo spesso facciamo esattamente quello che facciamo con il dolore: il nostro dolore piccolo è enorme, il nostro buco del culo piccolo che è quest'Italia di merda che non vale niente da nessuna parte (perché non ha nessuna valenza e nessun valore se non la pizza, il mandolino e la mafia) fuori cosa conta? Niente. È marginale, talmente marginale che se ci sia Salvini o Berlinguer non mi interessa, hai capito? Non mi interessa proprio.

Però anche in questo disco, in modo molto più bello che con un attacco diretto, in modo molto più bello che con una presa di posizione partitica, in un modo che è sempre stato tuo, si vede una descrizione di questo clima italiano.
Sì perché mi rimbalza dal giornale al bar, da quei tre minuti di tg pilotato da sai chi che vedi se sei in hotel dopo il concerto... gli schermi che ho in casa sono collegati a Internet e basta, vedo Netflix e Prime.

E che serie ti piacciono?
Troppe, troppe! Adesso sto guardando "The man in the high castle" che è una serie di Prime, ispirata al romanzo di Philip K. Dick "La svastica sul sole". È tutto diverso dal romanzo, ma è divertente. Poi "Breaking Bad" non me la tocca nessuno, anche la stessa "Lost"... ce ne sono di serie che sto guardando, "Ozark" è bella.

Insomma passi tanto tempo a guardare serie.
Tempo libero sì, serie o film. Musica l'ascolto pochissimo, non mi interessa... ascolto la musica dei miei amici e basta e avanza, ne fanno troppa (ride).

E quindi sei a Correggio per inseguire qualcuno?
Questioni di cuore, sì, sono arrivato a Ferrara per lo stesso motivo vent'anni fa. Poi la storia è finita in fretta e io sono rimasto a Ferrara per pigrizia.

Quindi da quel punto di vista come va?
Sono a Correggio, sto bene, non mi pesa ancora 'sto buco del culo di Padania. Ferrara mi stava pesando un po', anche se ogni tanto mi manca qualche posto, qualche persona, però sì, ne avevo fin sopra i coglioni e avrei cambiato volentieri. Poi è successo che la mia padrona di casa ha venduto l'appartamento dove vivevo, quindi anche piuttosto in fretta ho sgomberato. All'inizio ho cercato su Ferrara e dintorni, poi siccome Giada è di qua ho deciso di venire a Correggio.

Però resti apolide.
Sì, sì: pensa che ho vissuto dieci anni a Parigi ma non ci metto piede dal 2000.

Ti manca mai?
Sì, però ormai ho lasciato passare troppo tempo. Una città che è la tua città (perché era la mia città, di brutto, forse è la città che preferisco in assoluto) se lasci passare del tempo diventa un'altra città, di sicuro. Roma non è più come quindici anni fa, è un'altra città.

A proposito, la lingua francese ha contribuito a farti scrivere i pezzi che hai scritto?
Ho imparato a scrivere in francese proprio come sfida. Ho provato a scrivere avendo appena imparato la lingua per la strada, girando con gli FFF, un gruppo crossover degli anni '90. Il più colto aveva la quinta elementare, quindi avevano un lessico di 250 parole. Poi ho avuto la fortuna anche di avere gente attorno con una certa cultura, quindi il mio francese imparato per la strada e non sui libri era comunque un bel francese complesso. La sfida era quella, scrivere con un punto di vista non francese usando anche giochi di parole per molti francesi sorprendenti, e credo che questa cosa abbia contribuito a farmi cercare di scrivere nella stessa maniera anche in italiano. In francese non avevo nessuna vergogna, in italiano un po' di pare le avevo. Poi a un certo punto mi è venuta fuori una frase stupida e grottesca come "Cicciobomba ragioniere con tre buchi nel culo". Avrei avuto una sorta di pudore se non avessi scritto in francese le stesse porcherie.
Mi rendevo conto che nel mio primo disco le robe scritte in francese erano molto più fighe di quella scritte in italiano dal punto di vista delle parole, che sì erano belle, però avevano quella sorta di vergogna, di paura di esagerare. Cosa che non esisteva nelle mie canzoni in francese. Quando ho cominciato a farlo anche in italiano secondo me ho ottenuto un bel risultato, e credo che sia la cosa che anche il mio pubblico apprezza, quelle piccole esagerazioni che ogni tanto partono fra una frase e l'altra.

Per cui puoi permetterti di usare anche frasi semplici, in un certo senso tradizionali: ad esempio "perché lei è libera come il vento".
Sì, è di una banalità sconcertante essere libero come il vento, è una frase usata in mille canzoni da mille persone, però secondo me con quella cadenza, quel rigiro, quella rima e quella chiusura non poteva essera diversa.

Poi lì si esprime una questione cruciale: per te c'è l'amore di per sé e poi un grandissimo amore per la libertà, e i casini succedono perché queste due cose in realtà non coincidono sempre...
Sono esattamente l'uno il contrario dell'altro: amore non è libertà, amore è schiavitù. Schiavitù pesa oltretutto.

Però c'è costante questa tensione ad amare la gente proprio perché libera. Dici "mi fa girare i coglioni perché è libera come il vento", ed è paradossale, perché è anche la cosa più bella che tu possa dire di una persona.
Esatto (ride).

Alla fine ne avevamo bisogno di altre undici canzoni di merda con la pioggia dentro.
Ero sicuro che l'album si sarebbe chiamato "Un tot di canzoni di merda con la pioggia dentro", perché quella frase lì era rimasta in sospeso. Tra l'altro per me è una gran bella frase, "come se ci fosse bisogno di un'altra canzone di merda con la pioggia dentro". Forse non è neanche mia, devo averla rubata in giro, non mi ricordo bene perché sono passati un tot di anni. Ci sta anche che l'abbia letta su Facebook come critica negativa alla canzone di qualcuno, però mi è sempre girata in testa ed era rimasta come titolo ipotetico. Un altro titolo ipotetico era "Pop art", però sarebbe stata una cosa molto più violenta, perché avevo in mente una copertina fatta con un collage à la Andy Warhol, solo che invece di Marilyn Monroe avrei messo Hitler, sarebbe stato un po' pesante. Probabilmente sarebbe stato un disco diverso da questo. Però sono caduto nel mio periodo romantico correggese... (ride)

E questa pioggia c'è in tutti i pezzi.
Lì è una scelta. Come in "Rossofuoco" del 2002 c'era in tutti i pezzi la parola "fuoco", decidi a tavolino che ci sarà in tutti i pezzi la parola fuoco e la fai entrare. Decidi a tavolino che piove in tutti i pezzi e fai piovere, come al cinema: se decido che in quella scena piove, piove, non è che aspetto che piova sul serio. No, se mi serve la pioggia ce la metto.
Di bello c'è che con l'audio, a differenza del video, puoi fare tutto: quando facevo radio ideavo spesso spot pubblicitari radiofonici. La cosa divertente è poter fare delle cose impossibili col video se non con dei mezzi mostruosi. Se decidevi che ti crollava un elefante su un palazzo con tutti i rumori del caso, ti crollava un elefante sul palazzo.

Sarebbe stato bellissimo se avesse piovuto oggi.
(ride) E invece no, perché la pioggia è dentro non è fuori, cazzo.

Questo clima cattivo cos'è? Un rifugio, la sicurezza che il tempo sia d'accordo con te?
Sì, quando c'è il sole dio cane devi essere felice per forza altrimenti gli altri ti prendono per matto. La mia morosa tra l'altro è metereopatica al contrario, non sopporta il sole e adora la pioggia.

Anche questo l'avevamo capito dal disco, senza mai averla vista: "sì lo so che tu odi l'estate". Le canzoni sono un modo per provare a conoscere qualcosa della realtà?
Anche quando è fiction pura, alla fine c'è sempre qualcosa di vero. Come quando ti senti dire "ma questo disco è più intimo che politico"... io penso che questo disco sia più politico che intimo, perché l'intimo è politico peso. Quello che tu senti dentro è quello che poi può far cambiare il mondo... o meglio: non ci crediamo più che si possa cambiare il mondo, però è quello che ti muove dentro che poi ti fa muovere fuori.
Io credo che fondamentalmente sentire, provare emozioni, sia fortemente un gesto politico. Più che parteggiare per una parte politica, quella è un'altra roba. Essere incazzati neri e pronti a schiacciare con la macchina qualcuno che sta compiendo un'ingiustizia nei confronti di un'altra persona è una roba possibilissima, non è solo l'indignazione che fa i movimenti, anche la reazione pura alle cose.

"Accendi un fuoco".
Ne abbiamo accesi tanti. Tutti noi ne accendiamo tanti. Alla fine sono i miei soliti elenchi telefonici di merda dove metto in fila una dietro l'altra le immagini tanto per... poi me le giustifico tutte. Mi sono trovato con scritto "Accendi un fuoco, per ogni cuore infranto, per ogni accanimento, per ogni niente che ti manca tanto", e credo che siano sensazioni che tutti hanno provato. Anche perché c'è la doppia lettura del "niente che ti manca tanto": spesso tu stai morendo per qualcosa che non vale un cazzo oppure puoi morire per una sciocchezza che per te è molto importante.

Allo stesso modo dici di "inseguire lucciole come fossero stelle"
Quello l'ho già detto in una canzone in francese nel primo album mi sa, mi riciclo spesso. È il fatto di prendere fischi per fiaschi. Nell'album del 2004 c'è "Precipito" che parla di pacifismo e dice: "seguivamo tutti la stella del nord o la stella polare invece era un satellite militare", cioè lo stesso tipo di svista macroscopica che ti porta a essere convinto di fare qualcosa di sensato. Mi ricorda "Brian di Nazareth", quando questi lo seguono pensando che sia il messia invece è uno sfigato qualsiasi, ed è bellissima quella cosa (ride).

Ma quali sono le stelle? (Se c'è qualche stella)
Le grandi idee. Chi non ha mai creduto possibile un mondo migliore senza guerre, senza fame? Quelle belle cose che dicono le Miss Mondo: "vorrei fare qualcosa per la pace nel mondo"... ci hai sempre pensato che magari se ci mettiamo tutti, uno più uno più uno più uno, ce la facciamo. Le famose utopie del "facciamo qualcosa insieme". Qualcuno ci ha anche creduto, perché altrimenti non ci giochi la vita.

Quindi anche quelle sono lucciole, cioè sono fischi per fiaschi. Stiamo arrivando a delineare un mondo dove ci sono solo lucciole.
No, ci sono anche molti stronzi, è questo il problema (ride). Gli stronzi vincono sempre. È il mio disincanto tipico da sessantenne arrivato a credere di aver capito tutto... ma non ho capito un cazzo. Sono maturato e quindi mi sento in diritto di poter dire "abbiamo già fatto il possibile", che non è vero, non è stato fatto tutto il possibile. Però io non sono in grado di farlo, e a un certo punto questo vuol dire che nessuno è in grado di farlo. Si chiama stupidità, lo so, però è così che funziona.

C'è qualcosa che ti fa uscire un minimo dal disincanto? Per esempio a me succede con mio fratello sedicenne.
Sì eh? Questo è grande, se tu hai un fratello di sedici anni che è in grado di muoverti delle cose è figo.
Non lo so ci dovrei pensare molto bene e alla fine ti direi una cazzata sicuramente: perché sono distratto, perché sono egoista, perché penso al mio microcosmo e non penso in grande, o forse perché penso in grande ed è troppo grande e provo vertigine, non lo so. Sai quando sei nei debiti fino al collo e non c'è verso e ti vai a sputtanare cento euro perché tanto l'abisso è troppo grande? (ride) Io credo di essere un po' così, di non avere quel tipo di razionalità che permette alla gente di campare tranquilla.

Però non è una questione di razionalità, perché alla fine tutte le persone intelligenti che frequento non sono contente come mio fratello di sedici anni, che è intelligente però non è intellettuale. È uno che fa quelle due o tre cose che lo fanno contento e me le vuole raccontare... poi anche lui invecchierà, avrà i suoi disincanti, magari quando non sarà più lui ci sarà qualche altro fratello più piccolo.
Vedrai che saltano sempre fuori fratelli più piccoli... poi magari sarà un gatto che ti fa aprire gli occhi. Bella la storia di avere un fratello più piccolo che ti fa riflettere, bello.

Tu musicalmente di sicuro ne hai avuti molti di fratelli più piccoli.
Sì, tanti.. il problema di questo lavoro (che non è un lavoro perché è sempre meglio che lavorare) è che da quando avevo vent'anni frequento gente di vent'anni. Così a me il tempo passa, però le persone con cui ho relazioni di lavoro e personali rimangono della stessa generazione dilatata. Non è una roba anagrafica, è una roba mentale: ne ho sessanta, non è che ne me ne senta meno, me li sento tutti, però mi rendo conto che posso rapportarmi con questa gente e i miei coetanei invece col cazzo che capiscono una persona di vent'anni... proprio non la capiscono, qualcuno che fa l'insegnante riesce ad avere uno scambio, tutti gli altri ciao.
Basta vedere quelli che sono cresciuti con me, gli addetti ai lavori che non capiscono i fenomeni musicali nuovi perché sono troppo distanti, troppo diversi... io non li capisco perché non li ascolto, però se li ascoltassi forse capirei. A un certo punto qualcuno mi ha fatto domande su trap: ho dovuto guardare su Wikipedia cos'è, che cazzo ne so io, cioè non la ascolto. Il mio unico rapporto con gli stalker (perché una volta si chiamavano "stalker" quelli che rappavano) è un rapporto indiretto con uno come Mezzosangue, perché il mio batterista suona anche con lui; altrimenti non conosco nessuno, non ascolto nessuno e mai e poi mai mi verrebbe da dire "che porcheria è questa", cosa che invece succede a molti miei coetanei addetti ai lavori.

Proprio perché resti in contatto con gente più giovane.
Ma sì in contatto anche gomito a gomito, forzatamente.

Però questo è un buon modo per non perdere di vista le grandi idee, no?
È anche un bel modo per trovarsi in mezzo a una marea di bambini: "Chi è quel vecchio di merda che ti sei portato dietro? Cos'è? Un pedofilo?" (ride).

Stavo sbirciando le vecchie interviste ieri, c'era questa in cui tu, un po' sbronzo, intervistato da degli studenti, a un certo punto parli con una lucidità totale (erano circa sette anni fa) dei pericoli che la democrazia stava correndo in Italia, e dici "la democrazia è in pericolo, seriamente in pericolo ed è in pericolo perché ce la stiamo mettendo noi". Incredibile perché adesso proprio noi stessi stiamo consegnando la democrazia in certe mani...
Ma guarda che non ci vuole molto a indovinare, anche perché è sempre stato così, siamo noi i nostri peggiori nemici in assoluto, e siamo circondati oltretutto (ride).

E se ti chiedessi una profezia così su due piedi?
Io mi aspetto una... me l'aspetto seriamente, non mi diverte... una bottarellina nucleare in giro me l'aspetto. Vedrai che sarà il prossimo step, per distrarre tutto. Si sta fossilizzando troppo tutto a riguardo della questione mediorientale, arabi, integralismo: ce la stiamo quasi dimenticando in Italia questa cosa, però fuori è pesa pesa... e, per distrarre un po' da tutto questo, secondo me ci sarà una piccola escalation nucleare lontano dai grandi territori.

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L'articolo Giorgio Canali - Romantico correggese: un pomeriggio con la pioggia dentro di Pietro Raimondi è apparso su Rockit.it il 2018-10-26 14:00:00

COMMENTI (1)

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  • gagia 6 anni fa Rispondi

    Grande Giorgio, troppo lucido come sempre...