5 motivi per cui "1 canzone italiana su 3 in radio" è una cazzata

Cos'è la musica italiana? Si parla di un genere ben preciso oppure solo dei provenienza degli autori? In ogni caso, non ci piace per niente

18/02/2019 - 15:30 Scritto da Simone Stefanini

Sta facendo un sacco di chiasso la proposta di legge firmata dal Presidente alla Commissione Trasporti della Camera Alessandro Morelli (Lega, ex direttore di Radio Padania), che intende mettere una quota canzoni italiane nei palinsesti radiofonici, prosaicamente riassunta così: il 33% delle canzoni trasmesse in radio dovrà essere scritta da autori italiani e il 10% di questa quota dovrà favorire i giovani autori e le piccole case discografiche. Ok, non è neanche la prima volta che una proposta del genere viene fatta, già Dario Franceschini del PD nel 2017 aveva avanzato l'ipotesi di garantire il 20% della programmazione radiofonica agli artisti italiani. Cinque anni fa ci aveva provato il MEI a fare una raccolta firme del genere. Vediamo di analizzare la cosa punto per punto, perché è interessante capire cosa ci sia realmente dietro a una mossa del genere, ma partiamo da un fatto davvero fastidioso.

1) Perché quasi tutte le testate giornalistiche ha deciso di dare la notizia sbattendo Mahmood come immagine dell'articolo? Alessandro Mahmoud è milanese, Dario Faini (Dardust) nativo di Ascoli e Charlie Charles (vero nome Paolo Alberto Monachetti)  è di Settimo Milanese. Questi sono i compositori della canzone "Soldi", che ha vinto Sanremo e sta spopolando in tutte le classifiche. Non c'è nessun motivo per fare di Mahmood un esempio da combattere, tranne nel caso si aderisca all'insostenibile leggerezza dell'essere razzisti. Ci domandiamo perché non sia stato usato come esempio il duetto Fabrizio Moro e Ermal Meta, vero esempio di italiano e straniero (naturalizzato italiano) insieme. 

Screen da Corriere della Sera

2) La musica italiana ricopre circa il 50% dei palinsesti radiofonici, nel 2018 per esempio, la canzone più trasmessa è stata "Non ti dico no" dei Boomdabash con Loredana Bertè insieme a "Una grande festa" di Luca Carboni, due artisti che hanno saputo rinnovarsi molto bene e che sono stati accolti con affetto smisurato dal pubblico. 4 italiani nella top 10, 9 nella top 20, praticamente poco meno della metà di tutta la musica trasmessa è italiana. La classifica FIMI degli album più venduti nel 2018 parla chiaro: Sfera Ebbasta, Irama, Salmo, Maneskin, Capo Plaza, Ultimo, Benji & Fede, Gemitaiz e solo al decimo posto la prima entrata straniera: Ed Sheeran. Anche quella dei singoli la vince l'italiana Giusy Ferreri insieme a Takagi & Ketra con "Amore e capoeira". Questi sono i dati, il resto bla bla. Di musica italiana in radio ce n'è quanta ne volete, se parlate di un certo tipo di musica italiana, parlate chiaro.

3) Cosa s'intende per musica italiana (oltre al pezzo di Calcutta e Giorgio Poi)? Immaginiamo che Al Bano, quando si è incazzato con il rap, non lo reputasse tale, eppure anche quella è musica italiana, insieme a nomi come Tropea, Giungla, LIM, Ginevra, Any Other, Joan Thiele, Hån, Capibara, Inude, Go Dugong, Be ForestKlune, Populous e una tonnellata di altri, tutti compositori italiani. Beh, se fosse così ci troveremmo in difficoltà a non essere d'accordo sul rinnovo dei palinsesti, ma così non sarà. "La musica italiana", quando si tratta di difenderla, è sempre intesa come "quella cara melodia per cui siamo famosi nel mondo insieme a pizza, pasta, mafia e gesticolazioni bizzarre con le mani". Va bene, nessuna discriminazione nei confronti di nessuno stile musicale, ma chiamiamo le cose con il loro vero nome, please.

video frame placeholder

Esempio di musica suonata e composta in Italia

4) La musica straniera può essere bella, ben prodotta, variegata, ci si può imparare tanto, perché ghettizzarla? Non si parla solo di musica anglofona, ci sono progetti interessanti provenienti da ogni parte del mondo e pensare di compilare i palinsesti in base alla provenienza dell'artista e non alla sua bravura pensiamo sia aberrante di default. Potrebbe essere minimamente ok se la ratio tra italiani e stranieri fosse sbilanciata  (come lo era in Francia), ma abbiamo visto che non lo è. Qual è il vero problema, la lingua incomprensibile? Beh, fosse quello, non sarebbe l'ora di imparare a confrontarci col resto del mondo, invece di limitarci a essere contenti quando riusciamo a chiedere a gesti dov'è il bagno in un qualsiasi luogo straniero e ci indicano "in fondo a destra"?

5) Come ci comportiamo con i pezzi scritti da un italiano e uno straniero? Con quelli scritti da italiani di seconda generazione con doppio passapporto? Ne facciamo ascoltare solo la metà o solo la percentuale che ricopre l'autore italiano? E coi duetti tipo Fabrizio Moro e Ermal Meta? Riccardo Cocciante, italiano naturalizzato francese? E Mina, italiana naturalizzata svizzera? 

Crediamo che dietro la proposta di legge ci sia la voglia e il desiderio di tirare il freno alle contaminazioni, dare l'oblio ai generi musicali ritenuti pericolosi (la trap su tutti) ed evitare che in futuro, artisti con genitori italiani e stranieri possano avere il successo che meritano in Italia. Di certo, tra i molti problemi che ha la musica in Italia, non c'è quello di farsi regolamentare i palinsesti dal MEI, dal PD o dall'ex direttore di Radio Padania.

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L'articolo 5 motivi per cui "1 canzone italiana su 3 in radio" è una cazzata di Simone Stefanini è apparso su Rockit.it il 2019-02-18 15:30:00

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COMMENTI (5)

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  • MikyLaunio 5 anni fa Rispondi

    In Francia nel 1994 la legge Toubon, al fine di salvaguardare la propria lingua impose anche d' inserire nei palinsesti delle radio una quota di musica francese pari o superiore al 30%. Ma era il 1994, il masterizzatore era una chimera ed ancora giravamo con l'autoradio sotto il braccio. Dubito che nel 2019, qualcuno utilizzi solamente la radio per ascoltare le proprie canzoni del corazon (pardon ho utilizzato un termine straniero). Che facciamo imponiamo il palinsesto sovranista anche a youtube, Spotify e iTunes? Ma sopratutto ha senso una proposta simile? Tralasciando la qualità musicale, basta dare un'occhiata alle classifiche Fimi od ai prospetti della Siae, per rendersi conto di quanto la musica italiana non necessiti di alcun traino. Tra i 50 dischi più venduti del 2018 solamente 5 sono stranieri. Coez l'anno scorso ha venduto più biglietti di Roger Waters. Ultimo, no dico Ultimo, in estate si esibirà allo stadio olimpico. Fossi nello Stato mi sperticherei per finanziare le etichette indipidenti e gli artisti emergenti. Ovviamente mi riferisco a quelli che fanno la gavetta e girano l'italia per club e spazi piu o meno accoglienti, lungi da me l'idea di finanziare tizi nati in tv battezzati da coach (si nasce cantanti si muore giudici) impresentabili.

  • blue.afternoon 5 anni fa Rispondi

    Il vero problema non sono le quote, ma il fatto che la quasi totalità della musica che viene passata in radio (e che vende) fa vomitare. Il tipo di produzione e le voci dei cantanti sono spaventosamente omologate. Inoltre in radio ci lavora gente che parla di tutto tranne che di musica. Il problema naturalmente esisteva anche in passato (il talento non paga quasi mai), ma negli ultimi anni sta prendendo una piega preoccupante.

  • GianniPlacido 5 anni fa Rispondi

    Veramente la porposta di quote azzurre è stata sottoscritta da artisti italiani tra i quali Finardi, Pelù, Piotta, il MEI e moltissimi altri...di sinistra. prima che Rock'it diventi un avamposto di Repubblica anti leghista sarebbe il cao di informarsi meglio no? Un saluto.

    dirittodautore.it/news/attu…

  • stolencar 5 anni fa Rispondi

    1984, dopo 35 anni viene riproposta a Sanremo e vince, grande zio Tullio.....stavi troppo avanti.Tema del testo simile, ovvero come i soldi cambiano gli equilibri interpersonali e tema musicale allo stesso modo ricalcato nell'incedere ritmico e nelle atmosfere. Addirittura i battiti in levare eseguiti da Tullio sul rullante e da Mahmood con le mani (a mò di ballo di gruppo). Un marocco-pop, definito cosi da alcune testate musicali, alle quali sfugge però negli articoli che si tratta di un territorio già esplorato da artisti che nel corso della loro carriera hanno espresso musica zeppa di contaminazioni. Nel caso di De Piscopo poi si può dire che abbia affrontato di tutto, dal jazz, all' afro-cubano, latino-americano, fusion, progressive, classica, orientale e tanto altro. Non sto parlando di "ispirazione" trafugata sia chiaro, altrimenti cominciate a scrivere di tutto, ma alla fine i temi ed i generi sono sempre quelli, l'importante è raccontare storie che piacciano. Poi Sanremo non è noto e non è il festival adatto a presentare delle novità.
    youtube.com/watch?v=TdJXFsF…

  • plato99 5 anni fa Rispondi

    e all' improvviso appare il buon senso