Descrizione

In quest’ultimo lavoro “Antico”, rispetto alle precedenti esperienze artistiche, ci sono delle notevoli differenze. Una su tutte sta nell’allontanarsi dall’immaginario “popolare” in senso stretto, a favore di una dimensione sonora più arcaica, atomica e imprevista in alcuni punti e in altri, all’opposto, mantrica e ossessiva. Ritroviamo un Alfio Antico in stato di grazia. Si scrolla di dosso il folcloristico (spesso appesantito dal complesso della “canzone popolare”) a favore di una ricerca cosciente e matura che non scende a compromessi con logiche di mercato o standard radiofonici. In primo piano c’è l’anima di Alfio che si prende lo spazio e il tempo necessario per stare “comoda”, per dirla con le sue parole.

Credits

Viene meno lo stilema "classico" della musica popolare. Via gli orpelli e i ghirigori barocchi che sono da sempre stati il fulcro centrale dei suoi precedenti lavori. La produzione, infatti è stata costruita e plasmata attorno ai due elementi unici e fondamentali, trade union di tutto il lavoro: Il tamburo e la voce di Antico">Alfio Antico. L'approccio alle tracce, spesso di carattere improvvisativo (dove per improvvisativo non intediamo “a caso”), è stato quello di incidere le performance di Alfio come delle composizioni istantanee, senza delle vere barriere strutturali. Nel tentativo di catturare anche le minime sfumature emozionali prima che musicali, invece del classico studio di registrazione abbiamo optato per uno studio mobile e l’intero lavoro è stato registrato a Gangi, in una casa-agriturismo di campagna, la casa di Totò Lo Vecchio, storico amico di Alfio. Questi dettagli non sono da poco, perché crediamo molto che l’ambiente in cui vengono registrati i dischi siano parte fondamentale dell’aspetto artistico e creativo, (ne parla meglio di noi David Byrne nel suo ultimo lavoro “Come funziona la musica” ). La possibilità di restare per venti giorni immersi nella natura, circondati dagli animali, che per altro hanno avuto parte attiva in questo disco sia "strumenti musicali" che come involotarie guest star, ci ha permesso di stabilire un ottimo equilibrio e tensione emotiva in fase di ripresa. (Per esempio in “Picchì”, registrata tutta negli esterni della casa, sul finale del brano c’è un rientro di un asino che raglia che con grande gioia abbiamo lasciato anche in fase di mix). Nelle intenzioni di produzione abbiamo cercato di partire dalla matrice pura e arcaica della performance tamburo/Voce di Alfio per poi rielaborare il materiale con un trattamento di sound design e arrangiamenti minimali per chitarra e sintetizzatore, talvolta "strutturando dei brani più vicini alla forma canzone, talvolta destrutturando le performance di Alfio, sempre con sonorità elettriche o elettroniche ma di matrice "organica", "materiale". La volontà è stata quella di creare una musica popolare moderna, che non ammiccasse ai cliché anni 2000 di tanta word music, e che non fosse cristallizzata esclusivamente all' interno di un "immaginario popolare". L'atmosfera ancestrale, il dialetto stretto, i suoni distorti, le unghie di capra, i synth, gli stomp-box e i tamburi, tutto si è fuso per dar vita ad un disco istintivo, animalesco e poetico, dove la tradizione e l' antico, l'amore e il rispetto per la natura si confrontano con la propria nemesi.

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