SANREMO: riflessioni e pagelle dal festival

Per pura casualità avevamo un inviato al teatro Ariston. Perdonateci ma la tentazione era troppa e allora abbiamo chiesto a Carfiocco di scriverne. Per fortuna non si tira indietro e ci racconta, stralunato, l'aria di Sanremo, l'orgia mediatica e ci regala le imperdibili pagelle...

SANREMO: riflessioni e pagelle dal festival
di Alessandro Carfiocco

Entrare alla prima serata del festival di Sanremo è come fare da comparsa in una puntata di Diabolik, come reincarnarsi nelle smorfie di Totò o nei maccheroni di Alberto Sordi, come fare da chierichetto al Papa, come fare un tunnel a Franco Baresi, come [inserite qualcosa di surreale che appartiene ai vostri sogni ancestrali da DNA-di-italiano-qualunque]. Ebbene, io ero lì. Non chiedetemi perchè, devo ancora capirlo.

Ho sempre avuto l'impressione che il comune di Sanremo fosse in realtà un'installazione temporanea, da montare per un mese e poi riporre in magazzino. In realtà esiste davvero e probabilmente i giorni del festival sono i peggiori in cui frequentarla. Perchè il vero festival è in paese, dove la colonizzazione mediatica si spinge ai confini della realtà. Ed è curioso come l'orda di appassionati giunta da tutta Italia sia in realtà solo una minima parte di un flusso migratorio che vede convergere a Sanremo tutto ciò che da San Remo è escluso. Impresari decaduti coperti di brillantina, giornalisti senza testata e senza futuro, discografici falliti profumati di naftalina, coriste-veline-modelle-qualsiasicosavabene accampate nelle hall dei grandi alberghi, musicisti-mendicanti a cercare spiccioli di sogni in improbabili universi paralleli, ufficiostampisti leccatutto, politici disoccupati da io-senza-musica-non-vivo. Stereotipi, banalità e luoghi comuni che prendono forma, davvero. Fiumi di musica invisibile che scorre ovunque, tratteggiando la decadenza della cultura contemporanea e celebrando la Fine con la magniloquenza e l'entusiasmo di una Vittoria imminente.

Migliaia di wannabe-hasbeen adoranti attorno a quello spettacolare Big Bang tutto italiano.

Ma una delle cose più curiose è la guerra dei pass. Nei giorni del festival sembra quasi che ci sia una sospensione dei documenti di riconoscimento e ogni rapporto sociale è regolato dall'importanza che ha il tuo pass, se ce l'hai. L'accesso ai ristoranti, la richiesta informazioni, il saluto del mattino, tutto avviene a seconda del pass. Una vera e propria guerra a chi lo possiede più potente. Sorta di segno nobiliare che divide il mondo tra chi ce l'ha e chi vorrebbe averlo. Il possessore di un All Areas merita probabilmente la scorta e le chiavi della città.

Insomma, con un giorno a San Remo avrei materiale per scrivere un trattato di sociologia, uno di psicologia, un altro di comunicazione, un altro di storia. Ma qui si parla di Musica, parliamone allora (qualcuno prevedibilmente obietterà che allora ho fatto l'inviato all'evento sbagliato).

Il teatro Ariston ha tutto insieme il fascino di un tempio Maya, di un ritrovo per anziani, di un bowling, di un monumento ai caduti, di un'astronave, di un luogo dell'anima e di una camera parlamentare. Ah si, anche di un bellissimo teatro musicale, piuttosto comodo e con l'acustica che dovrebbe avere ogni luogo per la musica. Ed è più piccolo di quanto immaginiate.

Attendere l'inizio della prima serata ha qualcosa di mistico. E' cosi che l'imbarazzante siparietto di Clerici&daughter assume le sembianze di un rito sacro, che termina con il passaggio nelle manone di Gianni Morandi, colui che ha amato, come noi, quei Beatles e Rolling Stones che si sbudellerebbero dalle risate a guardare il festival. Ad accompagnarlo le solite belloccie-ovunque e due impacciati Luca&Paolo che probabilmente avrebbero potuto risparmiarsi il cattivo gusto di cantare quella “Ti sputtanerò” che nel pubblico in sala genera omertosa indignazione e applausi di facciata, scontentando un po' tutti, specialmente chi sperava in qualcosa di intelligente.

Ma Sanremo è Sanremo perchè ci sono le canzoni. E allora, andiamo con le pagelle, come fanno i giornali italiani qualunque:

Giusy Ferreri – Il mare immenso

Arriva al festival dopo trionfi discografici e persino qualche canzone discreta. Purtroppo apre il festival nel peggiore dei modi, con una canzone che non è da Sanremo, ma che non è buona nemmeno per altro. Prova a fare la rocker, prova a fare la pausiniana, prova a fare la soulsinger, prova a fare la francescarenga. Presenta un patchwork di banalità su cui si erge quel “è troppo che non si fa più l'amore”. Avesse la quarta, almeno apprezzerei il vestito.

Voto: 4,5

Luca Barbarossa e Raquel Del Rosario – Fino in fondo

Una stampellona spagnola sgraziata, moglie del pilota Alonso, non si capisce cosa faccia a Sanremo, ma almeno ha una voce decente. A Barbarossa invece, perduta ogni ispirazione mille anni fa, non resta nemmeno quella. Peggior duetto del secolo. Ridateci Oxa-Leali.

Voto: 2

Roberto Vecchioni – Chiamami ancora amore

Quantomeno scrive una canzone con un minimo di idea cantautoriale e qualche flebile ricordo dell'intelligenza che fu. Tra un silenzio e un tuono, la porta a casa. Resta il dubbio su cosa abbia imprecato a fine pezzo e perché. Però merita almeno l'onore delle armi.

Voto: 6,5

Anna Tatangelo – Bastardo

Dopo Syria, anche lei passa dalla nostra parte? Peccato. Molto meglio single in minigonna a cantare all'italiana, che fare la rocker neomelodica con l'aggressività di un chiwawa. La giuria demoscopica se ne accorge e la fa fuori. Il pezzo però è italianamente catchy. Alle radio piacerà, lei si vanterà di essere più rock di Nevruz e di essere incompresa.

Voto: 6--

La Crus – Io confesso

Palesemente obbligato a presentarsi come La Crus per fini mediatici dagli organizzatori, Mauro Ermanno Giovanardi riesce nel miracolo di un compromesso convincente, abbinando la vera canzone d'autore a qualche paraculata melodica. Premio della critica già vinto. Tenco che da lassù forse apprezza. E carriera da solista cominciata col piede giusto.

Voto: 7

Max Pezzali – Il mio secondo tempo

Ingrassato, barba incolta, invecchiato. Max è ormai una cover band di Pezzali. Proprio per questo non delude, nonostante si presenti con la sua peggior canzone di sempre o quasi. In lizza anche per il premio di peggior look della storia del festival (quest'anno sono in molti a contenderselo).

Voto: 4,5

Davide Van de Sfroos – Yanez

Folk padano senza idee. Non si capisce un cazzo. Il pezzo è stucchevole. Lui ha l'ironia di un palo della luce.

Voto: 2

Anna Oxa – La mia anima d’uomo

Mi sono sempre chiesto se Anna Oxa esista davvero o sia solo un ologramma che accendono apposta per Sanremo. Non esiste durante l'anno, appare solo all'Ariston. Poi scompare di nuovo. La canzone è indefinibile, rock-pop-pasticciato-gorgeggiato con la presunzione di sperimentare e con il risultato di atterrire.

Voto: 2

Francesco Tricarico – 3 colori

Quest'anno non c'è Povia a fare da opportunista sui fatti di cronaca. Ci pensa la mediocre filastrocca di Mesolella sull'Italia. Almeno Tricarico le conferisce quel minimo di credibilità per non disgustare. Destinato a scomparire dopo il festival.

Voto: 4,5

Emma Marrone e Modà – Arriverà

Cover band dei Negramaro + Amici + cuoreamore + voci a tutto spiano = vittoria? Probabile.

Voto: 5

Luca Madonia e Franco Battiato – L’alieno

Una enorme bufala in bocca a Madonia, una canzone mistica e fascinosa quando entra Battiato. La verità sta nel mezzo. E Franco era lì per sbaglio.

Voto: 6

Patty Pravo – Il vento e le rose

Nonostante il trucco la faccia sembrare una comparsa di Avatar, Patty fa sempre venire la pelle d'oca sul cuore. La sua infinità sensualità vocale resta uno dei capolavori della musica leggera italiana. La canzone è però talmente debole che nemmeno lei riesce a darle un verso e tutto finisce in una brutta figura.

Voto: 4

Nathalie – Vivo sospesa

Se qualcuno le scrivesse canzoni, lo scricciolo di X-Factor avrebbe pure qualche colpo importante. Invece si presenta con un pezzo senza capo, né coda. Inutile, noioso, inconcludente. O cambia registro, o torna nei pub romani a fare la Tori Amos de noantri.

Voto: 2


Al Bano
– Amanda è libera

Ormai assunte le sembianze di un cubo, Albano ricorda a tutti cosa è il festival di Sanremo. Mitologico.

Voto: 10 (0)

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L'articolo SANREMO: riflessioni e pagelle dal festival di Redazione è apparso su Rockit.it il 2011-02-16 00:00:00

Tag: Sanremo

COMMENTI (11)

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  • mordana 13 anni fa Rispondi

    Complimenti per l'articolo, soprattutto il prologo alle pagelle. L'unico pezzo quello di Giovanardi.

  • cesareparmiggiani 13 anni fa Rispondi

    Oh, il pezzo di La Crus è proprio bello!

    Mi dispiace per Tricarico che solitamente mi piace ma ha fatto una robetta inutile a questo San Remo.

    Il pezzo di Vecchioni, al di là dei contenuti, mi pare banalino.

    Quello di Battiato è bello solamente quando canta lui.

    Mi dispiace per Patty Pravo...

    Al Bano è un grandissimo!

    Tutto il resto è noia...

  • spranga 13 anni fa Rispondi

    ieri sera ho visto la Patty, anch'io confermo che sembra un Avatar, le hanno stuccato male il naso fino alla fronte.
    Comunque la sua sensualità, a volte stecca, e infatti l'hanno buttata fuori, poverina...

  • rainn 13 anni fa Rispondi

    :D
    patty pravo avatar è fenomenale. spassoso.

  • utente30820 13 anni fa Rispondi

    La Crus super

  • leoge9se 13 anni fa Rispondi

    Alla fine i voti mi sembrano abbastanza giusti.

    Abitualmente Van de Sfroos mi piace, quello che ha portato è uno dei pezzi più infinitamente brutti che abbia mai scritto.

    I La Crus invece hanno portato un gran pezzone.

    Mi è piaciuto anche Luca Madonia.

  • cianosonic 13 anni fa Rispondi

    Io non ho ancora sentito niente, per fortuna.

  • worlich 13 anni fa Rispondi

    ascoltato solo vecchioni e mi è sembrato un signor pezzo.

  • faustiko 13 anni fa Rispondi

    "Avesse la quarta, almeno apprezzerei il vestito". Sottoscrivo...

  • spadapaolo 13 anni fa Rispondi

    io invece non ho visto sanremo in tv e mi è bastato l'articolo: divertente! Domani ancora, grazie