Joe Leaman - Cosenza, 05-06-2002

I Joe Leaman sono senza dubbio una delle migliori realtà del rock suonato in Italia. “Fried sponge”, il loro terzo album ha superato brillantemente la prova più dura di dare una credibilità definitiva al trio di Sassuolo. Non a caso è stata una nostra ‘primascelta’. Obbligo piacevole parlarne con Giancarlo Frigeri, voce e chitarra della band, nonché cabarettista di prim’ordine…:)))



Come dicono i critici professionisti siete giunti al disco della verità, ‘il difficile terzo album’…
Affermazione che deriva da Billy Bragg il quale, in “Talking witht the taxman about poetry”, aveva in copertina il sottotitolo di ‘The difficult third album’. Si fa fatica a far tre dischi, non è da tutti. Pochi giorni fa, mentre in fila aspettavo di entrare in un locale per assistere ad un concerto, pensavo: “tre dischi e un ep”. Caspita, una piccola carriera!

Una carriera costellata di successi: i primi due album sono stati accolti favorevolmente dalla critica, il secondo anche dal pubblico. Vi ha creato problemi questo giudizio lusinghiero, nel momento in cui vi siete fermati per pianificare il nuovo lavoro?
La paura, quando siamo entrati in studio, non è che l’avessimo avvertita tanto, forse era un problema che ci attanagliava prima. In una analoga domanda alla quale ho risposto pochi giorni fa, dicevo che noi non viviamo la musica come una routine, disco-concerto/disco-concerto. Ho usato un’espressione forte che mi va di ripetere: “vivere la musica come medicina per la vita”.

Mi spiego: esiste sempre la necessità della musica che vuoi realizzare, per cui “Fried sponge” suona più arrabbiato rispetto agli altri. Secondo me è un disco più intenso, più emozionante. Magari poi non piace a tutti, perché non ci sono le canzoni sbarazzine presenti in “Crappy barband schocklrock”, magari abbiamo deluso un po’ di gente, ma questo è il nostro disco, noi adesso siamo così e l’album ci rappresenta al meglio.

Una cosa che si nota subito è proprio la differenza con l’album precedente. Pur restando inconfondibili nello stile, pare che la vostra attitudine si sia spostata più indietro nel tempo, passando dai Sebadoh agli Hüsker Dü ed ai gruppi che incidevano per la SST negli anni ottanta
Il paragone piacevole con gli Hüsker Dü ci accompagna dagli inizi, forse perché siamo un trio, perché abbiamo la stessa immagine - cioè zero -, non siamo accattivanti dal punto di vista del look. Poi due di noi abbiamo amato quel suono, tranne Laura (Sghedoni bassista della formazione, ndi) che li odia, non so se tu sai questa cosa…

Peggio per lei
Sai quando uno detesta un gruppo…

Forse perché tutti usiamo questo riferimento?
No, lei non li conosceva. Ha provato a sentirli quando tutti le riferivano che somigliavamo agli Hüsker Dü, io le ho prestato i dischi e dopo un po’ lei ha detto che questo gruppo fa schifo! Le piacciono molto i R.E.M. che in fondo nel primo periodo altri non erano che una versione più melodica degli Hüsker Dü. Anche se poi quando suoniamo la nostra anima più rude viene alimentata proprio da lei.

Otto canzoni è il vostro standard, ed in “Fried sponge” il suono si è fatto più duro, come dicevamo. E’ una scelta voluta per presentarvi come poi siete nella versione live?
Molti ci hanno fatto notare la differenza che le canzoni di “Crappy…” mostrano nella versione dal disco rispetto al live; d’altronde in studio è naturale curare gli arrangiamenti, se vuoi aggiungere una chitarra acustica lo fai, così come riesci a togliere i passaggi più aggressivi, perché in studio ci teniamo molto ad arrangiare i pezzi nella maniera migliore. Questa volta abbiamo volutamente mettere dei suoni più scarni, che si avvicinassero alla nostra versione da concerto. Anche se alla fine pure stavolta sono comparsi il quartetto d’archi, un bouzuki, una chitarra portoghese, il vibrafono e il pianoforte. Ma l’impatto è tipico di un nostro concerto. Anche se ci hanno già riferito che nei primi concerti dopo l’uscita del disco, suoniamo ancora più carichi di come è il disco. Magari ci riproviano alla prossima occasione…

Magari quando vi vedrò in concerto potrò verificare quest’affermazione.
Noi il concerto di Cosenza ce lo ricordiamo ancora molto bene, ci siamo divertiti molto in quella occasione….

Tra l’altro questa è una cosa che hai citato pure nell’intervista uscita sul Mucchio Selvaggio, quando parlando dei due gruppi che ti piacevano di più hai citato i Proteus 911, che quella sera suonarono prima di voi.
Colgo l’occasione per salutarli, li ho visti solo quella sera, ci siamo scambiati i dischi, ma non abbiamo avuto occasione di parlare in maniera approfondita. Ho ascoltato il loro cd che mi è piaciuto molto. Ma ho un ricordo vivissimo del loro concerto: anche loro sono un trio basso-chitarra-batteria, ma usano molto le pedaliere, gli effetti in una maniera molto creativa. Poi Cosenza c’è rimasta nel cuore. Come ho detto al Mucchio, da Roma in giù devi togliere tutti i pezzi lenti perché tutti hanno voglia di pogare.

Inside the lake” è uno dei brani più rappresentativi dell’album: parte come un pezzo dei Motorpsycho, poi vira verso la California dei sixties, per finire agli U2 di “The joshua three”. Ma il riff iniziale ricorda qualcosa dei Giardini di Mirò
E’ proprio copiato! E’un pezzo del finale di “Perl harbour” dei Giardini di Mirò ai quali abbiamo chiesto l’uso di questo ‘campione’. La storia di questo brano è nata proprio il giorno dopo di quel famoso concerto di Cosenza: abbiamo suonato ad Ancona insieme ai GDM, e durante il soundcheck abbiamo improvvisato questo brano, nato proprio in quell’occasione. Tornati a casa ci siamo resi conto che il riff iniziale di chitarra era proprio quello finale di “Perl harbour” così abbiamo chiesto ed ottenuto il permesso di utilizzarlo.

Continuate ad usare gli archi, anche se con parsimonia
Volendo essere pignoli li usiamo anche troppo, nel senso che quando c’è la possibilità di arricchire un brano pensiamo subito agli archi. Laura dice che sono il quarto strumento in ordine d’importanza del rock. Abbiamo già altri brani pronti per il prossimo album in cui abbiamo idea di utilizzare altri strumenti, diversi dagli archi.

So che è difficile farti questa domanda, ma cosa ti soddisfa di più e cosa ti soddisfa di meno di “Fried sponge”?
A me il disco soddisfa al 100% nel senso che è proprio come lo volevamo, anche se durante le varie fasi della lavorazione abbiamo avuto molti problemi. E’ stato un album veramente difficoltoso da realizzare; ci sono stati momenti in cui pensavo fosse tutto da buttare, ed altri in cui pensavo… fosse tutto da buttare!

A riascoltarlo oggi lo trovo veramente soddisfacente.

Anch’io trovo il disco splendido, anche se trovo un po’ roboante il pezzo che tutti esaltano: “Page/Plan
Anche noi abbiamo notato che in tutte le recensioni sono citati sempre brani come “Inside the lake” e “Page/ Plan”…

Il primo ha le potenzialità del singolo
Ma è un singolo da sei minuti, con una parte finale tutta strumentale che non sembra finire mai. Difficile che possa diventare un singolo…
Non un singolo inteso come traino per le vendite, ma sono sicuro che nelle radio alternative questo è il brano più trasmesso dall’album
E’ anche il brano che ci piace suonare di più dal vivo, ma se io avessi un’etichetta e dei soldi da investire su un singolo, penserei ad un altro brano.

Page/Plan” è un brano troppo lungo che, a mio avviso, avrebbe mantenuto il suo accento psichedelico anche se fosse stato ridotto della metà cioè per alcuni versi è un brano monocorde
Si, ma volutamente. Anche se i violini divagano un po’, noi volevamo realizzare un brano lungo e monocorde, ma che pensavamo non durasse più di 7-8 minuti. L’intenzione iniziale era di sfumarlo, solo che non riuscendo a trovare il punto esatto dove sfumarlo, l’abbiamo tenuto lungo sino a quando non ci siamo rotti le palle.

Non è che volevate giocare sulla durata del cd e fare vedere che c’era un bel po’ di musica?
No, tu sai bene come la penso sulla durata di un cd. L’ideale è che duri al massimo 40 minuti. Quel brano ci è piaciuto lungo in quel modo e lo abbiamo tenuto così.

In fondo avete raggiunto l’obbiettivo: il brano ha colto nel segno?
Non ci aspettavamo tante lodi su questi due brani, che tra l’altro non sono facili. "Page Plan” non è il brano più rappresentativo del nostro suono, anche se ci piace molto suonarlo dal vivo. Pensavamo che ci avrebbero stroncato su questo pezzo, ma in fondo la canzone dura quattro minuti e poi c’è la coda strumentale che non ha molte variazioni. Di sicuro è il pezzo più lungo della storia della Gammapop records, e di questo ne siamo orgogliosi.

Avete superato i Julie’s Haircut
Infatti, il brano più lungo era “Super K” che durava 12 minuti, abbiamo giocato un po’ su questo primato scherzandoci sopra.

E’ vero che siete già pronti a pubblicare un nuovo ep? Dopo “People against loneliness” e “Fried sponge” cosa ci aspetta?
Come sai la cover di “Smalltown Boy” la eseguivamo da tempo in concerto, situazione classica che si verificava era che molti ci chiedevano su quale nostro disco si trovasse. Noi non vogliamo mettere cover nei nostri album, almeno per il momento. C’era questa forte richiesta per cui abbiamo pensato di creare “People against loneliness” per avvicinare anche il pubblico occasionale attirato dalla cover.

A settembre, però,dovrebbe uscire un nuovo ep con una versione di “Three weeks of rainy days” cantata da Thalia Zedek (una ex dei Come che ha pubblicato da qualche mese il suo primo disco solista, ndi) e siamo molto emozionati per questo; in più il disco dovrebbe contenere anche un video che andremo a girare a Los Angeles con il regista Dim Harry che noi abbiamo citato nel brano “Dim Harry as a variant” che da quando ha scoperto questa cosa ha voluto conoscerci e poi si è innamorato della nostra musica (per inciso, scoperta avvenuta attraverso la lettura della recensione di “Crappy barband schocklrock” apparsa proprio su Rockit, ndi). Ci ha già detto che utilizzerà come operatore lo stesso che ha girato “Titanic”. Hai presente il film da 11 oscar? Non so se questo sia vero, ma visto che lui lavora a Hollywood sarà così.

Ti immagini passare da “Titanic” ai Joe Leaman? Muoio dal ridere ogni volta che ci penso…

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L'articolo Joe Leaman - Cosenza, 05-06-2002 di Eliseno Sposato è apparso su Rockit.it il 2002-08-04 00:00:00

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