The Carnival of Fools - Milano @ uffici V2, 28-01-2003

Incontro Mauro Ermanno Giovanardi (al secolo Giò dei La Crus) negli uffici della V2 in un pomeriggio d’inverno soleggiato. L’occasione non ci è data dal nuovo disco della sua attuale band, ma dall’uscita nei negozi di “The blues get off my shoulder”, antologia dei Carnival Of Fools da appena un mese nei negozi grazie proprio alla label di cui sopra.
Alla fine dei conti, come leggerete tra poco, non si è solo parlato del primo progetto importante di Giò, ma di tutta una serie di ‘situazioni’ che in quegli anni - e soprattutto in futuro - avrebbero poi dato frutti all’epoca insperati...



Come nasce l’idea di questa raccolta?
Mah… io ci pensavo da un po’ di tempo, siccome molto spesso negli ultimi anni capitava che qualcuno periodicamente mi dicesse di aver sentito canzoni sparse dei Carnival Of Fools, oppure persino chi non li aveva mai sentiti ma gli sarebbe piaciuto ascoltare qualcosa. Per cui, andando inevitabilmente a ripescare le cose di quel periodo - a parte il primo impatto tipo ‘tuffo nel passato’ - mi sembrava che il materiale potesse ancora reggere il confronto con le produzioni odierne su e di quel genere.

Ascoltando oggi ad esempio gruppi come i Black Heart Procession e cose simili - che in qualche modo recuperano quelle sonorità, magari traducendole ritmicamente in maniera diversa… - ho subito pensato che noi quelle cose le facevamo già alla fine degli anni ’80. Essendo quindi questo sound così attuale, mi sembrava che l’antologia fosse un documento quantomeno interessante, anche solo perché contiene pezzi che hanno ormai 10 anni abbondanti.

Di fatto il primo discografico che avevo contattato era stato John Vignola - ormai quasi 2 anni fa - perché pensavo che la Beware! potesse essere la dimensione ideale, ma in realtà lui era presissimo da mille impegni. Finché un giorno, con lo staff della V2, abbiamo deciso di stampare il cd.

D’altronde proprio la V2 può considerarsi oggi in Italia l’etichetta che meglio lavora nel recupero degli archivi della scena rock italiana (vedi ad es. il best dei Negazione)
Sì, infatti. E pensa che all’inizio si era pensato a ben due ristampe: la prima che comprendesse il mini degli inizi (da cui prende il titolo quest’antologia) e l’album d’esordio intitolato “Religious folk”, mentre successivamente sarebbe toccato a “Towards the lighted town” più tutta una serie di pezzi da raccolte varie.

Alla fine, però, ci è sembrato più interessante concentrarsi sul percorso artistico, sintetizzando tutto su un cd con 19 tracce (compresa quella multimediale), curato anche esteticamente in maniera egregia grazie al supporto di Giacomo Spazio. Insomma, come ‘oggettino’, tutto sommato mi sembra fatto bene…

In più c’è la presentazione alla stampa scritta e curata da Davide Sapienza (e che trovate anche sul nostro sito, ndr), che credo renda al meglio l’idea del vostro gruppo più di mille fotografie
Con Davide ci conosciamo dal 1985 - lui è di Monza, io di Brughiero - e lui è stato sicuramente uno dei primi sostenitori del progetto. In realtà a me era venuto in mente di farlo fare a lui o a Marina Petrillo (che attualmente conduce “Patchanka” sulle frequenze di Radio Popolare, ndr), siccome anche lei all’epoca lavorava con Davide su “Fire”. Però Marina in questo periodo era un po’ incasinata per concentrarsi a fondo sul testo da scrivere, e quindi lei stessa mi ha consigliato di rivolgermi a Davide, sia perché all’epoca era giovincella, seppur promettente, sia perché Davide conoscendoci fin dagli esordi aveva forse qualche ‘vantaggio’ in più.

Di fatto, leggendola, rappresenta molto quel periodo storico, perché all’epoca era veramente difficile riuscire a fare dischi da ‘indipendenti’. Solo per darti delle cifre, sia io che Manuel (Agnelli, ndr) con la VoxPop abbiamo fatto circa 90 dischi in meno di 5 anni di vita…

producendo nomi allora piccoli ma che nel tempo hanno segnato non poco la storia della scena rock italiana
Infatti! Dai Casino Royale ai Mau Mau, passando per Ritmo Tribale, gli Africa Unite, i Prozac+ e tanti altri…
In generale è stata un’esperienza bellissima e intensa, soprattutto se pensi che nell’87, quando abbiamo iniziato noi, non esisteva una scena. Poi è iniziato un momento magico, da quando abbiamo cominciato a trovarci in questa sorta di caffè letterario che si chiamava… (ci pensa un attimo, ndr) “La Chimera”, dove, un po’ per scherzo un po’ per gioco, nel momento in cui muore Andy Wharol viene in mente a Giacomo Spazio (anche lui all’epoca nella VoxPop e oggi grafico rinomato, nonché discografico con il marchio ‘Microsolco’ e articolista per ‘Rumore’, ndr) di realizzare un tributo al primo disco dei Velvet Underground. Per cui un po’ tutti - da Stefano Ghittoni all’epoca con i Peter Sellers, Manuel Agnelli, lo stesso Giacomo e Charlie Albertoli (anche lui un ex VoxPop) - ci sentiamo coinvolti in prima persona nel realizzare un intento comune. E inaspettamente questo disco arriva a vendere 15.000 copie in Germania e 5.000 in Inghilterra, così abbiamo avuto anche la possibilità di fare un altro tributo, stavolta ai Joy Division, che per noi ha significato molto, perché anche sulla stampa estera (del tipo che il ‘New Musical Express’ ci dà 8!) cominciavamo a riscuotere consensi.

Quindi erano belle soddisfazioni, soprattutto se confrontate con il ‘deserto’ di allora in termini di scena; magari non ci si guadagnava un cazzo perché dopo ogni disco si cercava di reinvestire i guadagni su nuove produzioni, ma quando vedi che i Mau Mau dopo il mini d’esordio vengono contattati dalla Emi, o i Casino Royale che oltreManica spopolano con i loro primi due vinili, ti rendi conto che stai veramente facendo qualcosa. Certo è stato bello quanto difficile, ma siamo sempre andati in pari e abbiamo fatto i salti mortali per mantenere viva una realtà che producesse lavori qualitativamente interessanti.

Con gli altri del gruppo, senza considerare le varie line-up, in che rapporti sei rimasto?
Partendo dal presupposto che il primo disco, per il cui titolo ho scelto una definizione tratta da una poesia di Patti Smith, pur essendo suonato da più persone era completamente opera mia, in seguito c’è stata la necessità di portarlo in giro e perciò di trovare una band con la quale lavorare stabilmente e prepararsi all’opera successiva. Nel momento in cui stavamo per terminare questo lavoro, abbiamo avuto dei problemi vari sia con il chitarrista che con il bassista, sicché l’opera è stata completata grazie all’apporto di Maurizio (Raspante, ndr) e Luca (Talamazzi, ndr), entrambi parte del nucleo futuro dei Santa Sangre.

Però, da quanto mi stai dicendo, questo è stato fin dall’inizio un progetto tuo
Sì, in effetti è nato nella mia testa e sono sempre stato il ‘capitano della barca’. Quando ho conosciuto Luca, che all’epoca suonava nei Fragole & Sangue - gruppo i cui riferimenti erano principalmente i Sonic Youth, la Gibson e un Marshall - gli dissi: “Mi piace un casino il tuo stile, ma occorre una Telecaster e un Fender Twin per fare quello che voglio io”. In più gli rifilai un sacco di vinili (tipo dischi di surf, rock anni ’50 e ’60, produzioni di punk-rock australiano) in modo tale che lui inquadrasse precisamente l’idea del sound che io volevo riprodurre e l’uso della chitarra tipico di gente come Mick Harvey, Keith Congo, Cramps, The Gun Club e cose simili.

In realtà mi ero rotto i coglioni di suonare con musicisti anche bravi e con estro, ma inaffidabili e scostanti. Allo stesso tempo, però, in quel periodo non era facile trovare persone che avessero questo tipo di feeling; pensa, ad esempio, che quando arrivò Mox (Cristadoro, ndr) si portò dietro una batteria con cinque tom, crash e chissà quanti altri pezzi. Invece a noi serviva un drumming fatto solo ed esclusivamente di cassa, rullante, crash… e zero tom (!!!) se volevi veramente avvicinarti al modello che avevi in testa.

Viene quindi da pensare, paradossalmente, che l’eredita dei Fools, almeno sul piano sonoro, sia stata raccolta dai Santa Sangre (e in parte assolutamente minore nelle primissime produzioni dei La Crus)
Beh, anche se non dovrei dirlo, mi sento in buona parte responsabile di quello che hanno fatto negli anni i Santa Sangre… (ride, ndr)

A ben vedere l’unico ‘trait d’union’ dell’intero progetto è Paolo Mauri, praticamente fin dall’inizio il vostro fonico, per certi versi il produttore artistico
Diciamo che lui non è mai stato solo un fonico, ma sia per noi che per gli altri gruppi VoxPop, ha rappresentato molto di più. All’inizio ci ha anche formato sull’idea di cosa significasse, anche solo un minimo, produrre artisticamente un disco; e tuttora è lui a mixare alcune tracce che usciranno col nuovo La Crus.

Domanda classica: rimorsi e/o rimpianti?
Pensando al periodo vissuto con i Carnival Of Fools ti posso dire che ho solo dei bellissimi ricordi, perché all’epoca eravamo un po’ come degli eroi se consideri che tutt’attorno c’era il deserto. Se pensi poi che abbiamo avuto l’opportunità di suonare di spalla ai miei due gruppi preferiti dell’epoca - Beast Of Bourbon e Bad Seeds - senza muovere un dito ma semplicemente perché piacevamo ad entrambi, direi che è una soddisfazione non da poco.

E a proposito di Bad Seeds, come andò esattamente la faccenda?
Praticamente un giorno mi chiama al telefono Mick Harvey perché Hugo Race (ex membro dei Bad Seeds, avviato ormai da tempo ad una carriere solista, ndr) gli aveva parlato di noi; e siccome di lì a poco sarebbero venuti in Italia, a lui e al resto della band faceva piacere se noi avessimo aperto per loro.

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L'articolo The Carnival of Fools - Milano @ uffici V2, 28-01-2003 di Faustiko Murizzi è apparso su Rockit.it il 2003-04-09 00:00:00

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