Patrizia Laquidara - e-mail, 12-11-2003

Patrizia Laquidara e il suo “Indirizzo portoghese”, un’opera prima nella quale coesistono dolce e amaro, amore e odio, pacatezza e schizofrenia. Un lavoro al quale hanno voluto dare il loro apporto artisti affermati (Mario Venuti, Avion Travel, Aires Tango...), che hanno contribuito a rendere ancora più affascinante la musica di questo esordio. Di questo ed altro abbiamo discusso nell’intervista che ci ha rilasciato l’artista siciliana ormai trapiantata a Vicenza.



Come opera prima il disco appare molto ‘maturo’. Ci riassumi qualcosa del tuo passato artistico, che ti ha permesso di esordire con un lavoro come “Indirizzo portoghese”?
A me hanno detto che questo disco è un po’ una mistura di diverse cose: ci sono contrasti e contrari, ma anche sapori e sensazioni che vanno dal popolare al brasiliano. Ed è questo che mi stò portando dal passato, tutti i lavori che ho fatto sulla musica popolare e sulla musica etnica, oltre all’ascolto di molta musica brasiliana. L’album sicuramente riassume molto di tutto quello che ho fatto, soprattutto concerti (sia quelli nei locali che nelle strade) e ricerche. L’aspetto live è quello che più mi piace, e ultimamente ne sento molto la necessità e la mancanza.

Il titolo dell’album, “Indirizzo portoghese”, si collega, almeno linguisticamente, con il mondo sudamericano a te tanto caro?
Sì, si collega, anche perché riprende il titolo dell’omonima canzone scelta come primo singolo. Non pensavo che avrei dato all’album il titolo di una canzone, non mi è mai piaciuta molto questa cosa. Però, in effetti, “Indirizzo portoghese”, riassume perfettamente le sensazioni dell’album e alcuni mi hanno detto che ricorda qualcosa del fado portoghese. Quindi mi sembrava giusto sceglierlo.

E di queste influenze - tra musica brasiliane, argentine, portoghesi - cosa ti ha colpito di più?
Un po’ tutto, ma soprattutto quelle che arrivano dal Brasile. E più della bossanova, forse il tropicalismo, ma anche il tango - pur essendo una musica che conosco ancora poco e nella quale mi sono immersa solo da un anno a questa parte. Faccio dei concerti di tango con un amico fisarmonicista e due ballerini, ma l’ho approfondita meno. Invece, la musica brasiliana è da un po’ che l’ascolto; ho cominciato dalla bossanova e poi quando ho scoperto Caetano Veloso ed i tropicalisti, per me è stata una vera rivelazione. Finalmente era quello che volevo sentire.

Hai anche realizzato un album dedicato a Caetano Veloso, ma che non si trova in giro. Ce ne puoi parlare?
È un album uscito con una rivista, ma non ha avuto grande riscontro, nel senso che è piaciuto ma non ha avuto una grande distribuzione. L’ho fatto perché me l’hanno chiesto ed era una bella occasione, ma spero anche di fare qualcos’altro in brasiliano, scrivendo non solo i testi delle canzoni in quella lingua. Mi piacerebbe anche sviluppare delle collaborazioni, siccome quando ci sono stata tre anni fa ne stavano nascendo diverse, ma me ne sono andata presto e perciò non ho potuto sviluppare niente perché sapevo che il mio lavoro principale era qui. Sicuramente ritornerò in futuro e nel frattempo cercherò di instaurare qualche collaborazione con artisti brasiliani residenti in Italia - soprattutto nell’ambiente bolognese, dove questa musica è molto ascoltata…

In Brasile hai già fatto qualche data: come sei stata accolta nella terra da cui trae origine la tua musica? E’ stata una bella sfida immagino
Sì, infatti. Ho presentato una canzone alla radio intitolata “Essenzialmente”, che è piaciuta ed è stata poi riproposta in alcune emittenti brasiliane; in seguito ho partecipato ad un programma televisivo dove ho cantato sempre canzoni italiane. Una canzone mia, ma soprattutto canzoni che loro conoscevano e poi ho fatto due bossa nova con un chitarrista brasiliano e sono andate abbastanza bene. Loro hanno apprezzato il mio lavoro, però devo confessare che c’è sempre un po’ di paura. Tempo fa sono stata alla ‘Cantina Bentivoglio’ (a Bologna, ndr), in occasione del Festival brasiliano: cantare in un’altra lingua ed interpretarla è una cosa che devi fare con il massimo rispetto - cosa che dicevo durante il concerto - e mi sembra che i presenti abbiano apprezzato. C’erano infatti molti brasiliani che poi si sono avvicinati, complimentandosi e - anzi - sorprendendosi di questa cosa, cioè che una cantante italiana riesca a cantare la loro musica. Sicché sono stata molto soddisfatta del risultato.

I confronti danno sempre un po’ fastidio, ma ho trovato, ascoltando il tuo disco, delle caratteristiche tipiche di cantanti quali Mina, Teresa De Sio, Vanoni, Donà, artiste dalla personalità molto forte e con un timbro vocale che si distingue. Dai anche tu l’impressione di avere una forte personalità artistica
Non mi dispiace affatto il paragone: Cristina Donà, per esempio, è una delle mie artiste preferite insieme a Carmen Consoli. Però cerco di non ascoltare tantissimo, proprio perché so che assorbo tanto e non voglio farmi influenzare troppo. Ma apprezzo molto Cristina Donà, anche se ho ascoltato solo “Nido”. E poi Mina, la Vanoni, due cantanti che fanno farte del nostro bagaglio musicale ed è logico che ci siano dei riferimenti; però… pensare a Mina… beh, lei è veramente una delle più…

Ma in fondo certi tuoi gorgheggi rimandano a lei
No, non credo di pensare mai a Mina, anche perché lei è ‘La Voce della Natura’. Ti faccio un esempio: una volta mi sono trovata in un bosco a registrare, per un cortometraggio, dei suoni degli uccelli alle quattro di mattina. E io Mina non l’avevo mai capita veramente, non l’ascoltavo molto, mi sembrava che fosse anche un po’ ‘troppo’; in seguito, ascoltando il canto di questi uccellini, credo di aver capito da dove viene la voce di Mina, perché era una cosa molto, molto naturale. E’ proprio il gorgheggio più naturale, e adesso quando ascolto un uccellino al crepuscolo mi viene sempre in mente lei. Ma, insomma... non credo, almeno consapevolmente, di aver fatto dei riferimenti a queste cantanti. Quello che dici comunque mi fa piacere, lo trovo un complimento… anche se mi sembra troppo essere paragonata a nomi del genere.

Rispetto al tropicalismo e alla bossa nova, nei tuoi brani mi sembra ci sia più melodia
Se parliamo di Caetano Veloso e Gilberto Gil anche lì c’è la melodia, mentre se ci riferiamo al ‘primo tropicalismo’ sono d’accordo con te. All’epoca forse c’era poca melodia, ma in quello che adesso fa Caetano Veloso la melodia è concreta.

In fondo la melodia altro non é che quello che canta la gente, ancora di più dell’armonia. Pensa che a volte ho paura che ci sia troppa poca melodia, al punto di non avere ancora la maturità per arrivare a scrivere un motivo che tutti ricordano.

E la tradizione comunque mediterranea, dalla quale provieni, pensi ti possa aiutare quando scrivi musiche di stampo sud-americano?
Credo di si. Non so se mi può aiutare nella melodia, è una cosa che mi viene da fare perché proviene dal mio passato, da quello che ho fatto e che sto facendo. In effetti non ho mai pensato in vista della melodia, ma potrebbe anche essere così. Adesso che mi ci fai pensare nella canzone “Indirizzo portoghese” questo accade, perché nella strofa la canzone è quasi parlata, mentre il ritornello si apre in chiave molto popolare, perché quel la-la-la è molto popolare e potrebbe anche stonare con la prima parte.

Sei sempre tu l’autrice di musica e testi?
Sì, tranne “Cu-cu-ru-cu Paloma” di Veloso e “Uira puro”, un samba del nord-est del Brasile. Dal punto di vista delle liriche é una sfida, perché è la prima volta che faccio un disco con testi nella maggior parte dei casi scritti da me e sento che c’è tanto lavoro ancora da fare. Invece con gli arrangiamenti e la struttura delle canzoni cerco sempre di collaborare. La title-track, ad esempio, è mia, anche la musica in maggior parte, ma poi l’ho rifinita con un chitarrista con il quale collaboro.

Sai suonare qualche strumento?
No, non so suonare nemmeno la chitarra. A volte mi registrano le melodie e poi chiedo a qualcuno di accompagnarmi con la chitarra, che è una cosa un po’ strana, però il più delle volte, ascoltando il pezzo di chitarra, ci costruisco sopra il testo e la melodia - oppure lo facciamo insieme.

Nonostante sia un album d’esordio, “Indirizzo portoghese” vede la partecipazione di molti musicisti d’esperienza
C’è Mario Venuti, Fausto Mesolella degli Avion Travel, due artisti che mi hanno anche regalato un loro brano. E poi ci sono musicisti che provengono da aree diverse, ma l’album stesso è stato registrato in posti diversi - da Catania a Roma, al Veneto - ed é stato un po’ laborioso.

Ma conoscevi già tutti gli altri artisti o li hai conosciuti in occasione della registrazione del disco?
Principalmente l’incontro é avvenuto in occasione della registrazione del disco. Fausto Mesolella mi ha telefonato dopo aver sentito la mia versione a “Cu cu rru cu cu Paloma’” a ‘Destinazione Sanremo’, come anche Mario Venuti. Tra l’altro entrambi sono tra i musicisti maschi che a me piacevano di più nel panorama italiano.

Mario Venuti me l’ha fatto ascoltare una volta un amico in auto e mi sono sorpresa: mi è piaciuto subito e l’ho ascoltato per diverso tempo. Non pensavo che un giorno avrei fatto un disco con lui, ma lo sognavo. Non a caso mi sarebbe piaciuto collaborare proprio con Mario ed è stata una coincidenza molto bella...

Come il fatto di essere entrambi di origini siciliane…
Guarda che ce ne sono state tante di coincidenze: pensa che nella band che adesso mi segue nei live, il chitarrista è messinese e collabora con Mario Venuti, mentre ed il batterista ed il bassista sono catanesi e gli altri due sono veneti. E quando facciamo le prove si sente un casino questa cosa, con le differenze dialettali…

A proposito di Sicilia... da quella regione provengono da alcuni anni molte realtà interessanti, che si sono distinte alla grande in ambito nazionale. Cosa ne pensi? Pensi che le realtà non appartenenti alle metropoli possano meglio distinguersi?
Sì, ma credo sia normale e sarà sempre di più così. Catania, per esempio, è una provincia e anche se è una grande città fino a poco tempo fa era provincia, secondo me. Io mi aspetto che dalla provincia arrivino sempre più cose. E sempre più dalla provincia, non dalle grandi città come Roma o Milano.

Perché questo?
Perché si è meno influenzati dalle mode, perché c’è molta più ricerca e la gente è costretta ad andare a cercare se vuole avere degli stimoli. Almeno questo percepisco io in un ambiente come Vicenza, per esempio, che ha sofferto molto di una povertà culturale fino a poco tempo fa e vedo tanti giovani che vanno a cercare nel moderno e nell’avanguardia, pur portandosi dietro un passato che vivono quotidianamente.

I tuoi testi raccontano storie che sono una via di mezzo tra forte passione e atteggiamenti piuttosto velenosi
E vero... anch’io mi sono scoperta velenosa! Per esempio in “Caotico” sono proprio cattiva ma un po’ anche in “Mielato”. Devo ancora lavorare molto sui testi, ma credo che per ora si noti il ‘caldo’ e il ‘ghiaccio’, perché ci sono delle cose che riconosco e arrivano subito - come per esempio dire: “Non sopporto più il fango di parole vane” è una frase in cui la gente si può anche riconoscere e la può capire. Poi ci sono delle cose più taglienti tipo: “Dentro qui, grumi di presenze isteriche, assenze illogiche”, cose che magari arrivano meno facilmente perché più ermetiche. Su quest’aspetto sono stata contestata molto ma credo di essere proprio così, di avere queste due facce. E poi c’è un’altra cosa che mi ha fatto pensare e cioè che spesso mischio quelle che sono le mie sensazioni emotive, i miei sentimenti, con le piccole cose che mi circondano. Per esempio, in “Mielato”, quando dico “mi hai seppellita e mi hai seminata di baci e poi seppellita”, sono sensazioni abbastanza forti, però poi nella strofa parlo di “filo di lana”, “spago di nylon”, o tutte sensazioni tattili e gustative.

Di solito mi capita di essere in una stanza e di osservare quello che mi circonda. Magari di fare un elenco degli oggetti presenti e subito dopo parlare di quello che sento io dentro, che magari non ha niente a che fare con quello che mi circonda…però c’è un mondo fuori e un mondo dentro e credo che si noti un po’ nei testi questa cosa. A volte mi definiscono dolce, angelica e a me dà fastidio: non mi riconosco proprio, credo di avere piuttosto un pungiglione dietro di me. Non sono cattiva, direi piuttosto forte quando ci vuole…

E’ inevitabile parlare del Festival di Sanremo, visto che ci sei andata nel 2003 nella sezione Giovani. Come hai trovato quella esperienza?
Tutti mi dicono che devo dire bene…(ride, ndi). Ti basta? Non mi aspettavo di andare a Sanremo, almeno l’anno scorso, perché a gennaio avevo fatto una tournèe in Spagna, in strada, con un gruppo. Era proprio in strada, e oltretutto non avevo contratti discografici, niente di niente, e provenivo da contesti del tutto diversi.

Ho partecipato al Festival di Recanati - un festival più ‘artigianale’, anche se di grande spessore - e mi è andata bene. Poi ho partecipato a ‘Destinazione Sanremo’ portando delle cose molto particolari, tipo “Cu cu rru cu cù Paloma” solo con la voce e un altro brano solo fisarmonica e voce. Speravo di fare bella figura, ma pensavo si fermasse lì siccome non credevo di avere ancora le spalle abbastanza forti per arrivare ad un Sanremo; inoltre mi sembrava impossibile e quando mi hanno detto che ci sarei andata è stata una cosa bellissima e paurosa allo stesso tempo.

Così mi sono ritrovata lì ma senza entrarci dentro completamente, perché non avrei probabilmente retto tutto. Ricordo per esempio i giorni pieni di interviste, le passerelle, tutte cose che cercavo di fare come se non fossi io, magari guardandomi più da fuori. Invece, quando mi sono ritrovata sul palco, lì sapevo che dovevo essere davanti alla scena ed esserci completamente. Tutto il resto del contesto l’ho vissuto pensando di posticipare il commento, cercando di riviverla tempo dopo. Era un po’ forte come esperienza…

Non credi, comunque, di esserne uscita vincente da quella esperienza, visti i Premi della Critica, che sono poi quelli più graditi?
Se c’era un premio che desideravo era proprio quello della Critica. Posso dire quindi di essere stata molto soddisfatta…

Ci saresti tornata?
Non è nei miei programmi. Spero piuttosto di cominciare con i concerti live perché mi mancano. Ho sempre cominciato a farli perché oltre ai progetti, diciamo così, di musica ‘pop’ ho anche la mia carriera artistica che si dirama in tante parti. Però spero proprio di fare un lavoro di live massiccio perché è da lì che provengo e lì che mi trovo bene.

E cosa ti manca per mettere su una tournèe?
Beh, adesso niente… credo. La band ce l’ho, anche se per strada vorrei aggiungere altri elementi oltre alla base di musicisti fissi. Vorrei portare nel live i diversi mondi da cui provengo, partendo dall’album per fare un viaggio tra i progetti e le curiosità. Dalla musica brasiliana arrivare ad una canzone balcanica, per esempio, e in mezzo fare il percorso dell’album.

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L'articolo Patrizia Laquidara - e-mail, 12-11-2003 di Christian Amadeo è apparso su Rockit.it il 2004-03-20 00:00:00

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