Negazione - telefono, Radio Beckwith, 01-06-2003

Questa è la trascrizione di un’intervista a Zazzo, voce dei Negazione, avvenuta all’interno del programma “Tutti Pazzi” in onda sull’emittente regionale piemontese Radio Beckwith (www.rbe.it ) nel mese di giugno 2003.



Come sono nati i Negazione?
Siamo nati a cavallo tra l’82 e l’83, diciamo fine 1983, dalla fusione di due gruppi: uno più conosciuto cioè Il Quinto Braccio - in cui suonavano Tax e quello che divenne il nostro primo batterista cioè Orlando - e gli AntiStato, un gruppo che si era formato da lì a poco e che si sarebbe presto sciolto, dove suonavamo io e Marco (Mathieu, NdR). Ovviamente io cantavo e lui suonava il basso, come poi avremmo fatto nei Negazione.

Da lì in avanti abbiamo cominciato a percorrere pian piano le tappe, senza nessun progetto in particolare. L’unica voglia era quella di suonare, di dire le cose che volevamo dire e di riempire un po’ il vuoto culturale di quegli anni, in particolare a Torino, nonostante quello che propagandavano le istituzioni secondo cui la città era viva, ricca di centri d’incontro e sale prove gratis eccetera eccetera. Spesso ci capitava di girare per l’Italia e sentirci dire quanto eravamo fortunati a vivere a Torino (ride, NdR).

Poi ci siamo spostati all’estero, soprattutto i primi anni, per poi tornare in Italia quando c’è stata più considerazioni nei nostri confronti ma anche nei confronti di tutto un genere. Un genere che è stato poi rivalutato, non tanto musicalmente quanto per la sua portata di grande energia, e lo è tuttora, tanto che pochi giorni fa è uscito con Rumore l’allegato che parla del punk italiano di quegli anni. Non proprio quello della primissima ora, cioè quello forse più spontaneo che veniva dal ‘77 inglese e americano, quanto quello poi un poco più politicizzato e legato a discorsi generali e non solo musicali, nato intorno a primi anni ‘80 con Indigesti, Declino, Kina, e molti altri gruppi…

Segui ancora la scena musicale e che cosa pensi dei gruppi punk di oggi?
Non seguo molto un po’ per scelta, un po’ perché quel poco che ho visto e che vedo non mi interessa molto, sinceramente. Penso che ognuno sia libero di esprimersi come vuole: semplicemente dico che non mi interessa, anche perché sono inevitabili i confronti e i paragoni con quello che abbiamo fatto noi e che ha fatto la gente in quel periodo, cioè dai primi anni ottanta fino alla fine di quel decennio, che sono stati gli anni d’oro dell’hardcore italiano in giro per il mondo.

Quindi ti tieni abbastanza al di fuori della scena musicale attuale….
Si, anche se ho partecipato ad un pezzo di una compilation uscita da poco, curata da Holly degli Shandon. Degli altri gruppi ne so poco, quindi il mio è un giudizio abbastanza imparziale nel senso che non conosco a fondo la scena odierna, e quel poco che conosco non mi piace molto. Mi sembra tutto abbastanza finto e mosso più che dalla reale voglia di dire e fare delle cose, dalla voglia di avere un gruppo che potrebbe essere punk ma anche qualunque altra cosa.

Dal punto di vista musicale sei ancora attivo?
No, non lo sono più da diverso tempo. Quando i Negazione si sono sciolti ho ancora cantato per un breve periodo con i Peggio Punx di Alessandria, che allora si chiamavano solo più Peggio. Quando loro si sono sciolti, non ho fatto più niente musicalmente se non qualche apparizione di qua e di là, ad esempio con i Persiana Jones e in altre cose…

Hai ridotto la tua attività musicale per scelta o non hai avuto la possibilità di inserirti in altri progetti?
Un po’ tutte e due le cose: all’inizio dopo quasi dieci anni di tour, di concerti, di dischi mi mancava molto la dimensione musicale. Non tanto il fatto di suonare in sè e per sé, quanto la vita che si faceva allora: girare con il furgone, vedere molti posti e incontrare un sacco di persone. Piano piano la cosa è andata un po’ scemando e non ti nascondo che mi è venuta la voglia di riprendere a suonare, di provare a fare delle altre cose, ma nessun progetto si è concretizzato: un po’ per il quadro generale che non mi forniva molti stimoli a riprendere e poi anche un po’ per scelta, perché nel frattempo ho ovviamente fatto altro.

Tornando agli inizi della vostra storia, ho letto nella compilation “Tutti Pazzi” che il vostro primo concerto era stato interrotto da un intervento dei carabinieri…
Si, allora era abbastanza frequente che i concerti all’aperto venissero interrotti dalle forze dell’ordine o magari da vicini piuttosto incazzati per la musica e per il rumore. Poi ci sono anche state altre interruzioni più spesse… Ad esempio ricordo un concerto a Bari in cui non stavamo suonando noi, ma avremmo dovuto suonare la sera dopo, in un centro occupato di allora che si chiamava “La Giungla”. Il posto si trovava in quartiere abbastanza frequentato da malavitosi, e proprio loro sono entrati per interrompere il concerto! Evidentemente erano un po’ infastiditi dalla presenza di punk e personaggi strani nella loro zona…
A quei tempi purtroppo interruzioni di questo tipo erano abbastanza normali e frequenti, ma per certi versi devo dire per fortuna, perché comunque ci hanno dato una scossa in più, manco ne avessimo bisogno. Insomma non ci si scandalizzava più di tanto.

All’estero la scena punk era più accettata?
All’estero c’era una cultura musicale diversa e anche una cultura generale differente dalla nostra. Noi siamo andati in Germania e in Olanda soprattutto nella prima metà degli anni Ottanta, ma anche negli anni successivi. Amsterdam è stata un po’ la nostra seconda casa, tant’è che i nostri primi lavori su vinile li abbiamo registrate lì. Il primo 45 giri “Tutti Pazzi” è stato registrato qua in Italia, ma “Condannati a Morte” e poi “Lo spirito continua” (il primo album), sono stati registrati all’Emma, che era il posto occupato che esisteva ad Amsterdam alla fine degli anni 80.

C’era un modo diverso di sentire e guardare la nostra musica e le cose che dicevamo, anche se in posti come la Germania, le prime volte che siamo andati, ci hanno guardato un po’ tutti con gli occhi sgranati, anche solo per l’aspetto esteriore. Questo perché il punk in Germania era inteso (dal punto di vista estetico) - e lo è ancora oggi anche se un po’ meno - come una persona con giubbotti, creste, borchie, anfibi, ecc. ecc. Noi invece giravamo vestiti con camicia a quadri, scarpe da ginnastica e così ci ridevano un po’ dietro, non essendo abituati a vedere questo tipo di personaggi. Ma già l’anno dopo, quando siamo tornati, si erano moltiplicati gli sport punk, come li chiamavano loro…

Quale è il concerto oppure il tour che ricordi con più forza in Europa o anche in America?
In America dal punto di vista pratico non è stato un gran tour perché le difficoltà sono state molte. In più c’è stato anche il grosso problema di Tax, il nostro chitarrista, che aveva sua madre malata e che proprio mentre eravamo in America è mancata. Siamo stati lì lì per tornare indietro: ovviamente fu una perdita molto grave per lui e non sapevamo cosa fare.

Al di là di questo ci sono stati tutti i problemi pratici dell’organizzazione di un tour. Noi siamo andati a suonare con i DOA mettendoci d’accordo a voce quando loro sono venuti a suonare qua in primavera e abbiamo messo su questo tour che fu divertente, bello e molto interessante per molti versi. Abbiamo fatto una trentina di date tra costa est, midwest e parte del sud. Purtroppo non siamo riusciti ad andare in costa ovest: ci eravamo ripromessi di tornare, ma da lì a poco abbiamo smesso di suonare.

Altri concerti a cui sono, siamo perché credo di poter parlare anche per gli altri due, affezionati sicuramente le prime volte in Olanda, i primi concerti ad Amsterdam all’Emma, che è stato un po’ la nostra seconda casa, e poi molti concerti in Italia. Ricordo un concerto che abbiamo fatto al Casalone di Bologna con CCM e Indigesti che, per molta gente, è stato come il canto del cigno dell’hardcore italiano, l’ultima vera data hardcore, perché erano stati radunati tre gruppi importanti di quella scena. Ricordo anche il Monsters of Rock per altri versi, cosa che all’epoca era stata molto criticata da un sacco di gente, ma a noi diede delle sensazioni comunque positive, aldilà del fatto che c’era tantissima gente a cui non eravamo abituati e abbiamo visto l’affetto della gente nei nostri confronti nonostante ci fossero altri gruppi che chiaramente non c’entravano niente con noi, vedi Metallica, ACDC e compagnia bella.

Il brano a cui sei più affezionato?
Il discorso è un po’ quello dei concerti. Ce ne sono molti e tutti i pezzi che abbiamo fatto non li rinnego, nel senso che continuano a piacermi. È ovvio che c’è qualcosa che mi piaceva di più allora e mi piace di più tuttora. Sarebbe banale dire che “Tutti Pazzi” probabilmente è il brano più rappresentativo per noi e per la gente che ci ha ascoltato e lo è tuttora. Non a caso la raccolta che è uscita l’anno scorso si è chiamata “Tutti Pazzi”. E poi pezzi come “Lo Spirito Continua”, che era la title track del primo album. Ma anche pezzi dell’ultimo disco che non a tutti è piaciuto, soprattutto ai fan più accaniti dell’hardcore della prima ora. Diciamo “Tutti Pazzi” e “Lo Spirito Continua” come pezzi più rappresentativi.

Questa apertura verso canzoni più melodiche è stata molto criticata, come siete arrivati a questa scelta?
Non erano scelte che si pianificassero a tavolino. Noi non avevamo un modo di comporre i pezzi classico, da gruppo o da musicisti professionisti, anche perché in fondo nessuno di noi lo è mai stato. Avevamo un modo di fare i pezzi un po’come ci venivamo in quel momento, per cui dipendeva da quello che sentivamo, dalle nostre sensazioni, da quello che provavamo e che ci succedeva intorno. Anche la scelta, ad esempio, del crossover o del metal che nell’ultimo album è uscita fuori è stata molto criticata. Purtroppo i gusti della gente sono vari: molti pensano che un gruppo nasca, in questo caso, hardcore e debba morire hardcore. Fortunatamente, dico io, non è cosi. C’è un’evoluzione che poi da molti è vista come un’involuzione ma a noi sta bene, nel senso che cambiare, innovare e decidere di fare delle cose diverse è positivo il più delle volte.

Perché proprio nel momento in cui vi stavate avvicinando ad un pubblico più vasto avete deciso di sciogliervi?
Credo che il nostro scioglimento sia coinciso con l’incontro faccia a faccia con il vero business della musica. Quando ci siamo aperti a situazioni diverse da quelle a cui eravamo abituati noi, ad esempio il Monsters of rock, lì ci siamo resi conto che entrare in quel mondo, anche se dalla porta secondaria, era molto difficile. Ed era molto difficile gestirsi e gestire il nostro nome soprattutto considerato cosa avevamo fatto, da dove venivamo, chi eravamo. Di conseguenza fu quella la motivazione dello scioglimento. Poi è subentrata anche la stanchezza e mille altri motivi che adesso non sto a raccontarti, però lo scontro con il mondo della musica, quella con la M maiuscola, almeno secondo la maggior parte dei critici musicali, è stato fatale perché ci ha dato una mazzata a cui non eravamo preparati. In fondo non era neanche il nostro obiettivo. È una cosa che con il passare del tempo è successa: abbiamo cercato di affrontarla e abbiamo capito che non avevamo voglia e probabilmente non eravamo capaci di affrontarla nel modo migliore.

Avevate paura di perdere la credibilità che avevate nei confronti del pubblico?
Più che credibilità penso proprio allo “spirito” di cui si parlava prima e che secondo me è rimasto fino alla fine, anche quando abbiamo suonato davanti alle trenta mila persone del Monsters of Rock. Fare quel passo dal punto di vista pratico non sarebbe stato neanche così difficile, perché sarebbe bastato continuare musicalmente secondo una certa linea, ma era proprio il fatto di pianificare le cose che non riuscivamo ad accettare. Soprattutto per una cosa come i Negazione che era nata assolutamente al di fuori dall’ambito del business.

Anche se conosco già la risposta…possibilità di una reunion?
Sul sito parliamo anche della reunion visto che sul guestbook spesso ci sono ragazzi che ci chiedono “ma perché non vi riunite, io sono giovane e non vi ho mai visto...” e noi rispondiamo che ci dispiace, ma sinceramente non credo che ci sia alcuna possibilità di reunion, anche perché la troviamo una cosa abbastanza patetica. Non ci sono mai piaciute le reunion di gente che si rimette a suonare per i motivi più disparati. Ce lo siamo chiesti, io Marco e Tax, ma sul sito abbiamo anche spiegato che non abbiamo intenzione di rimetterci a suonare insieme. Mi spiace.

Peccato! Speravo che aveste cambiato idea all’ultimo…
No, questo è un punto abbastanza fermo. Continuiamo a mantenere il sito http://www.negazione.com come una forma di comunicazione con la gente che non ci ha mai visti o che ha bisogno di recuperare i nostri dischi. Può darsi che in futuro si ristampi anche qualche cosa di vecchio, senza aggiungere niente a quello che abbiamo fatto, ma reunion no.

Bene, allora andrò a casa ad ascoltarmi i dischi…
Per fortuna ci sono quelli. Anche perché fare le cose a dieci anni di distanza non avrebbe senso. Sono successe molte cose nel frattempo, sia a noi che al mondo che ci circonda. Preferiamo rimanere quello che eravamo allora e oggi ognuno fa altre cose.

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L'articolo Negazione - telefono, Radio Beckwith, 01-06-2003 di Simone Maurino è apparso su Rockit.it il 2004-06-15 00:00:00

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