Appaloosa - e-mail, 15-02-2006

Sono in quattro. Amano mescolare ironia e brutalità, dance e metal, sandali e calzini bianchi. Da poco è uscito il nuovo lavoro, "Non Posso Stare Senza Di Te", uscito per Urtovox nel 2005 e distribuito da Audioglobe. A dispetto del titolo, però, qui non c'è spazio per trottolini amorosi e incontri fra cent'anni. Perché loro sono gli Appaloosa. E fanno un gran baccano



Paolo, il boss di Urtovox, ha detto di essersi innamorato subito degli Appaloosa. Com’è nata, allora, questa storia d’amore tra di voi?
Simone Di Maggio(sintetizzatori e campionamenti): Il rapporto è decollato quando Paolo ha sentito l'album: era quello che volevamo tutti e due, esaltarsi per la musica senza tanti discorsi. Così abbiamo scoperto di essere sullo stesso livello di umanità. E poi ci ha saputo consigliare rispettando le nostre scelte, facendo un lavoro eccellente: si sta bene.

Prima della Urtovox, però, c’è stata Ondanomala. E Arezzo Wave. Allora non è vero che i festival non servono a nulla, ché tanto – come dicono i critichini dalla lingua troppo lunga – “è il solito magnamagna”.
Marco Zaninello (batteria): Arezzo Wave per quanto ci riguarda è stato fondamentale, nel giro di due anni la nostra situazione si è capovolta, almeno per le aspettative che nutrivamo. In generale fanno un lavoro eccezionale, dando la possibilità a persone che hanno suonato nel circolino del paese di trovarsi di fronte ad un festival e al mondo della musica. Chiaramente le selezioni creano discussioni, noi siamo stati abbastanza massacrati su alcuni forum, ma penso sia ordinaria amministrazione. C'è sempre chi dice che servono raccomandazioni e conoscenze ma per quanto abbiamo vissuto noi e vedendo la situazione dall'interno posso dire che sono tutte cavolate.

Qualche aneddoto curioso – meglio se scabroso! – riguardante Arezzo Wave che vi va di raccontare?
Simone: Ho stretto la mano al grande calciatore Paolo Rossi nei camerini, anche se non ho capito cosa ci facesse lì. Volevo stringerla anche ai Cypress Hill, ma non mi sono sembrati troppo raccomandabili. Comunque il concerto è stato spaziale!

“Non Posso Stare Senza Di Te”. Nuovo disco, nuova formazione. Continuate a pestare di brutto sugli strumenti, ma l’ampliamento della "squadra" – da trio a quartetto – ha portato aria nuova ad una formula – il math-rock – che rischia di essere ripetitiva.
Simone: Io suono coi ragazzi da quasi due anni e li apprezzavo già e, da esterno, mi chiedevo come avrebbero reagito ad altri strumenti. Ho inserito le parti elettroniche nell’esatto momento in cui i ragazzi le stavano cercando, rispettando la loro personalità e i loro gusti. Ma non ci sono preclusioni di alcun tipo: i pezzi nuovi potrebbero suonare metal o dance (o tutti e due), ma alla fine ci devono piacere.

Ci sono tracce, come l’iniziale “Brigidino”, che potrebbero ospitare una linea vocale. Avete mai pensato di inserire un cantante?
Simone: All’inizio c’era un cantante, ma ad un certo punto non se n'è sentita più la necessità: i brani andavano bene così come erano. E poi fare il frontman è un ruolo molto difficile ed impegnativo.

Potreste parlare delle storie – se ci sono – che si nascondono dietro i titoli dei brani? Quale criterio usate per dare un nome ad un pezzo strumentale?
Simone: Non ci sono storie specifiche. Spesso sono coincidenze che ci fanno ridere. “Are you Mons? No I’m Jurgen” deriva da una volta in cui mi sono presentato alle prove con i sandali coi calzini bianchi, così mi hanno chiamato Jurgen tutta la sera. Le conseguenti elucubrazioni hanno dato origine ai titoli definitivi.

La copertina del cd è molto pulp. Chi l’ha realizzata?
Simone: Luca Santeramo, se non sbaglio ha anche qualche riferimento biblico.

Qual è la frase più bella che avete letto sugli Appaloosa?
Simone: Fortunatamente le persone sono state gentili con noi e a volte si stenta a credere che vengano adoprati “paroloni” per descrivere quello che semplicemente ti piace fare, sicuramente una frase molto bella è stata usata qui su Rockit: "È come ritrovarsi legati all’interno del mattatoio di un serial killer che, mentre trivella i tuoi padiglioni auricolari con un suono devastante, ti sussurra di non poter vivere senza di te".

Qual è il vostro parere a proposito dell’atteggiamento morboso della gente verso la vita - e i problemi personali - degli artisti? E secondo voi è vero che, come dice Michael Stipe, “chi è felice non perde tempo a scrivere canzoni"?
Simone: Dipende da chi vive la musica, chi la fa e chi la subisce. Noi ci divertiamo a fare quello che facciamo e spero si possa trasmettere ai concerti. Siamo felici di suonare: è ciò che sappiamo. Il discorso Artista/non Artista è un campo minato… chiedetemelo quando devo caricare e scaricare un furgone pieno di strumenti alle 6 di mattina.

Come vi vedete tra dieci anni? Ancora Appaloosa?
Simone: Vedi sopra. Finchè ci si diverte non si fanno domande. Esiste anche il lato oscuro della forza.

Vi sono piaciuti gli album degli Offlaga Disco Pax e dei Baustelle? O c’è qualche altro cd italiano che secondo voi avrebbe meritato più visibilità nelle classifiche di fine anno?
Simone: Confesso la mia ignoranza. Non ho sentito nessuno dei due. I soldi in tasca sono sempre quelli e i dischi sono infiniti. In macchina ascoltavamo Uochi Tochi e ci mette d’accordo; a titolo personale ti dico che adoro la Nature Rec. di Marco Passarani e spero che si senta presto parlare di Eclat (un duo di Dj esagerato, tra Pisa e Livorno) e di Autobam, minimal-electro a livelli altissimi. Ovviamente da Livorno.

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L'articolo Appaloosa - e-mail, 15-02-2006 di Manfredi Lamartina è apparso su Rockit.it il 2006-03-05 00:00:00

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