Novembre - Mail, 15-11-2008

(I Novembre - Foto di Enrica Fava)

Verso la fine del 2007 è uscito su etichetta Peaceville "The Blue", il nuovo disco dei Novembre, sicuramente uno dei nomi più longevi del metal italiano. Carmelo Orlando ci racconta il nuovo lavoro, prende in analisi lo stato di salute della musica in Italia per concludere che, da noi, una vera e propria "scena" metal non c'è mai stata. L'intervista di Paolo Menin.



Ciao Carmelo, tutto bene?
Tutto bene, abbastanza indaffarato. Tante interviste

Parliamo quindi del nuovo materiale. Un'uscita più rapida del solito, è infatti passato poco più di un anno dalla pubblicazione di “Materia”. Siete in un momento ispirato? E' merito delle potenzialità di cui disponete grazie all'importante etichetta per cui incidete?
Sicuramente questo è un fattore importantissimo. La consapevolezza che l’impegno che la Peaceville ha per i Novembre sia lo stesso che ha per tutti i gruppi della sua scuderia è molto rassicurante. E’ stato anche un periodo di forte ispirazione, non tutto il materiale composto ha trovato spazio in “The Blue”. Ci sarebbero voluti 20 pezzi! Non abbiamo mai avuto problemi di creatività in passato, i motivi che hanno causato ritardi nelle uscite sono sempre stati dovuti a qualche fattore non legato alla musica.

Come sono i rapporti con questa etichetta?
Ottimi direi. Credo siano una delle pochissime labels che ha un rapporto con i propri gruppi da artista ad artista e non da commerciante ad artista.

Mi sembra di notare che nel nuovo album ci sia un forte recupero di sonorità più aggressive rispetto al passato, naturalmente senza perdere il gusto melodico acustico che da sempre vi distingue. Quali sono state le vostre influenze per queste nuove composizioni?
Non esistono influenze per questo o quell’album. Tutto ciò che abbiamo ascoltato da quando ci hanno fatto le orecchie è fuso e amalgamato nei nostri dischi. Poi intervengono tanti altri fattori come l’esperienza vissuta, gli stati d’animo ecc… cose che determinano il vero carattere dell'album. Concordo col fatto che questo è un album dai toni più arrabbiati e incontra meglio i gusti dei metallari in odor di rivoluzione contro il mondo. Ma è semplicemente successo! Potrebbe non riaccadere o riaccadere in maniera più marcata. Di certo non forzeremo mai la mano verso una direzione o l’altra, rischieremmo di snaturare il lavoro.

Avete già pianificato le date per un tour? Dove e con chi suonerete?
Abbiamo tante cose in cantiere. Avremo delle date in UK come main support dei Paradise Lost. Molte altre idee sono ancora in fase di lavorazione.

Qual'è il processo che vi porta alla realizzazione di un brano, avete delle regole precise?
Noi siamo i nemici delle regole. Eversivi, terroristi, brigatisti, anarco-insurrezionalisti degli schemi preorganizzati. No, bando alle ciancie: di solito funziona che compongo un pezzo, lo porto agli altri e lo elaboriamo, lo arrangiamo, lo miglioriamo, ma in questa fase può succedere di tutto, come ad esempio che nasca un pezzo dal nulla o che da uno scherzo si passi al miglioramento di un pezzo che credevamo già pronto. Cose del genere…

Il titolo “The Blue” significa molte cose, prevalentemente tristezza. Cosa significa per voi? Di cosa trattano i testi?
E’ un titolo generico e non poteva essere altrimenti, dato l’alto numero di pezzi presenti nell’album. “The Blue” è un po’ la scenografia su cui sono nati i nostri album. E’ il colore che percepisco quando nascono i motivi dei nostri pezzi. E’ il colore che vedrebbe un sinestetico ascoltando la nostra musica, e tante altre cose tra cui quelle da te menzionate. I testi sono stati scritti, come ormai di consueto, nell’ultima parte della fase compositiva, in un arco di tempo brevissimo. 11 testi in una settimana (ricordo che “Zenith” è un instrumental)… non ho neanche avuto il tempo di pensare! E’ stata una specie di trascrizione medianica. Un attingere dal profondo più assoluto, senza la minima interferenza razionale. Per cui tantissima roba è molto misteriosa anche per me.

Avete sempre avuto la volontà di incidere in studi esteri rinomati, avete avuto l'occasione di suonare all'estero con band famose a livello internazionale, come ci si trova a contatto con queste realtà? Cosa manca all'Italia per raggiungere i livelli di questi paesi?
L’Italia è un paese quasi morto. Dico quasi perché qualche Grillo mi da ancora qualche speranza. Ma quando si torna dall’estero, la frustrazione è doppia. Sia perché tutto va male anche fuori, ma poi perché qui va ancora peggio. Siamo un po’ sotto la dittatura degli Italiani. Non la dittatura della destra o della sinistra. Ma la dittatura del nulla, del qualunquismo, dell’arrendevolezza, dell’accettazione. Ci lamentiamo di questo di quello, ma non ci sono manifestazioni spontanee di reazione (se non le fa Grillo), non un solo dissenso. Al G8 ci hanno rotto i denti come facevano in Cile e noi ci siamo spaventati. Hanno raddoppiato i prezzi di tutto e nessuno organizza uno sciopero degli acquisti ad oltranza. Insomma, ognuno ha quello che si merita e questo vale per ogni settore, incluso quello della musica. Cosa manca all’Italia? La convinzione di essere lo stesso paese del Rinascimento, lo stesso paese che insegnava ai barbari l’uso di forchetta e coltello. Siamo un paese che ha i propri gruppi di punta, con fans in ogni parte del globo, fonti d’ispirazione per tantissima gente. Ci sono gruppi come noi, nati nel ’90. Che abbiamo fatto tour con i Kreator, che ci siamo permessi di mandare a fanculo la Century Media (una delle etichette più autorevoli di area power e death metal, NdR) e firmare per Peaceville. Questo paese poi chiede a noi se “siamo influenzati dagli Anathema e Opeth…” e non si sognerebbe mai e poi mai di chiedere la stessa cosa a queste bands, con un remissivismo fantozziano. Al momento vedo un paese di pasta e Maria De Filippi e nessuno si lamenta!

Per "The Blue" Vi siete appoggiati nuovamente ai Finnvox Studios di Helsinki, ci vuoi parlare di questa esperienza?
I Finnvox sono studi sicuri. Non certamente “umorali”, dove la qualità del prodotto dipende dall’umore del fonico, appunto. Ma sono studi professionali con dei codici deontologici tassativi. Se il prodotto non è perfetto da ogni punto di vista, da lì non esce! Hanno un direttore, con dei fonici dipendenti, che se non danno il massimo non vengono più convocati. Al nostro livello non possiamo permetterci rischi. E poi sono i migliori studi del continente. Per trovare qualcosa di simile toccherebbe volare in USA, con un inutile spreco di budget.

Noto con piacere che la band è composta dai membri iniziali (eccezion fatta per il bassista) non capita spesso. Qual è l’alchimia che vi ha portato a quest’unione così duratura?
Questione di equilibri. Ci siamo resi conto che insieme siamo difficilmente eguagliabili e questa è una piacevole consapevolezza che porta a superare ogni tipo di ostacolo. Sappiamo placare le inevitabili crisi, ci teniamo a distanza per periodi sufficienti a compensare la convivenza forzata delle tournée. Visto che lo hai menzionato, adesso abbiamo finalmente trovato un bassista in pianta stabile: Luca Giovagnioli. Si è subito ambientato bene dal punto di vista musicale, tanto che ha sia suonato nell’album che partecipato alla fase di composizione/assemblaggio. Luca ha suonato per anni in una realtà thrash-metal romana, con gli Scapegoat (oggi Enemynside). Poi, frequentando gli stessi ambienti ci siamo conosciuti e abbiamo fatto un provino, che come è facile immaginare è andato benissimo. Sia dal versante musicale che da quello umano. E’ un personaggio forte, deciso, rassicurante, non ti lascia mai per strada. Ha portato tanta nuova linfa vitale, tanti consigli da (ex) esterno che noi faticavamo a vedere.

Vi sentite un po' un baluardo della scena metal italiana?
Oddio, che parolaccia! Credo che inevitabilmente lo siamo, ma poi ci ripenso e mi dico: quale scena? C’è una scena? ‘Na scema, forse! I gruppi che fanno le cose come si deve, sono così pochi che non si possono definire un “scena”. Servirebbe molta, molta più determinazione e apertura mentale.

Siete presenti da quasi vent'anni - contando anche l’esperienza dei Catacomb, il vostro primo gruppo - ma ancora non avete pubblicato ristampe di demo, raccolte e soprattutto, cosa che sta diventando diffusissima, nessun Dvd. Avete dei progetti in tal senso?
Non a breve termine. Abbiamo ancora un po di strada da recuperare prima di fare passi del genere. Sicuramente dopo il prossimo album se ne potrà riparlare.

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L'articolo Novembre - Mail, 15-11-2008 di Paolo Menin è apparso su Rockit.it il 2008-02-20 00:00:00

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