Morkobot - Mezzago (MI), 21-11-2008

E' uscito "Morto" il terzo album dei Morkobot. Questa volta hanno ripreso gli spunti e le idee sperimentate nei precedenti dischi e hanno condensato il tutto in tre lunghe tracce, scure e psichedeliche (potete ascoltare alcuni estratti qui a lato). Marco Verdi era presente alla presentazione ufficiale che i tre hanno fatto al Bloom di Mezzago (MI) e finito il concerto li ha intervistati.



Un funesto dopocena spazzato da un vento gelido che puzza di inverno e che di lì a poco porterà la neve in pianura. Più o meno quando il mercurio si atrofizza nell'ampollina del termometro a muro per le prime volte, e le nocche rossastre iniziano a screpolarsi supplicando tepore o liquidi fumanti al posto di quella birra da 66cc inadeguatamente a temperatura ambiente. Ho i sensi addormentati quando i woofer mi smuovono il freddo dalla pelle. Non so da quanto tempo aspettavo "Morto" dal vivo. Quaranta minuti per assorbire la violenza della morte e tornare a respirare. I tre che giocano a polverizzare il Poe di "The Premature Burial", lasciandomi muto e tremante. Non è (solo) stordimento, è un'emozione che ti si schianta addosso come quelle corde che comprimono litri d'aria. Tragici deliri consequenziali fusi in un set semplicemente enorme, glaciale, impavido, estremo nelle convulsioni hardcore e noise eppure così febbricitante e visionario nelle maestose derive psichedeliche. Perché i tre (ri)creano magicamente la suggestione ipnotica del disco, alternando rumore doloroso al ticchettio etereo e metallico delle digressioni ambientali. Si assestano su livelli esecutivi (e cerebrali) altissimi, definitivamente senza trovare epigoni nell'avanguardia strumentale extra-nazionale.

Non ho mai capito se i toni pazzoidi con cui raccontate sul blog le vostre gesta (il Getal, gli esperimenti nella Fortezza della Scienza, i viaggi sul Furbone) sono propedeutici a sminuire le tinte altrimenti seriose dei vostri dischi, oppure se davvero siete pazzi.
I toni con cui nel MoRkObLoG descriviamo le nostre imprese non sono poi meno seriosi della nostra musica; riguardano quasi esclusivamente fatti nefasti che ci accadono puntualmente ogni giorno, con una regolarità ed una prevedibilità agghiacciante; vedi il nostro rapporto con La Sfiga ed altri problemi, spesso legati alla poca predisposizione alla vita dei nostri involucri. In casi sporadici ci è concesso gioire di nuovi esperimenti scientifici riguardanti le onde sonore, ma non sono nulla se paragonati alle disgrazie che circondano quotidianamente le nostre esistenze.

Nel tempo avete creato una sorta di barriera fantasiosa e metaforica tra musica e realtà: è una forma di difesa o davvero vi sentite slegati, autonomi e indipendenti da qualsiasi forma di critica e/o etichetta?
Non crediamo abbia senso dare retta a critiche o catalogazioni. Ognuno può definire la nostra musica (che per convenzione chiameremo "Getal") come più gli aggrada, purché la chiami Getal. Abbiamo scoperto e rivalutato molti dei gruppi a cui veniamo paragonati, leggendo le recensioni dei nostri album; alcuni sono veramente interessanti e probabilmente estrapoleremo i loro cefali per inglobarli nei nostri, ma saranno paragoni più sensati se accostati ai prossimi lavori.

Da "Morkobot" a "Morto", le vostre pedaliere sono rimaste immutate, ma il percorso artistico è consistente e palese. Cosa è successo in questi anni, dai collage di improvvisazioni al concept mono-traccia?
I nostri album si sono evoluti in maniera direttamente proporzionale al peso delle sofisticate apparecchiature elettroniche che utilizziamo per produrre i suoni. In questi anni abbiamo accantonato alcuni strumenti per concentrarci meglio su altri, ma è sempre rimasto l'approccio puramente casuale alla stesura del suono. Non credo sia il caso di definire il nostro percorso come "artistico". Non credo si possa definire "arte" il rinchiudersi all'interno della Fortezza della Scienza a torturare i propri fegati e i propri padiglioni auricolari per ammazzare la noia figlia di una zona geografica dove la principale attrazione sono le nutrie sezionate lungo il ciglio della strada.

E' curiosa la dicotomia ordine/disordine nel vostro approccio al suono: quanto c'è di improvvisato e quanto di meticolosamente studiato nei vostri set?
Il Getal parte innanzitutto dal caso, nulla è mai stato pianificato. Le volte in cui ci abbiamo provato non siamo mai riusciti a portare a termine l'intento. Nonostante ciò, tutte le parti sono arrangiate durante la composizione; solo la durata di alcune parti viene decisa dall'incrocio spesso casuale di speciali raggi ottici che fuoriescono dai nostri bulbi oculari durante l'esecuzione.

Si può dire che "Mostro" sia il primo lavoro in cui mettete a fuoco uno stile personale, trasformando certe rigidità nervose tipiche del math-rock con suoni slabbrati e distorsioni impazzite che ricordano un approccio più jazz che heavy, tra sperimentazioni ambient e psichedeliche. Riuscite, da ascoltatori, a vivisezionare le vostre composizioni?
Difficilmente riascoltiamo i nostri dischi. In genere le sensazioni comuni sono dovute allo sgomento di un'esecuzione approssimativa o di bozze di idee che avrebbero dovuto essere messe più a fuoco. Ma di questo passo faremmo un disco ogni dieci anni. I nostri tre album sono fotografie di un determinato momento delle nostre esistenze, nulla di più. Ovviamente le foto sono state fatte su pellicola, in modo da non poter essere ritoccate in alcun modo.

Molti credono che nell'album non suonate esclusivamente basso, basso e batteria, immaginando forse costosi studi d'avanguardia o abbondanti plugin; invece...?
Nei primi due album utilizzavamo anche una chitarra (strumento ormai obsoleto per i suoi evidenti limiti acustici), un piccolo sintetizzatore digitale, voci ed una drum machine. Per "Morto" nulla di tutto ciò si è reso necessario: abbiamo usato una batteria acustica, alcuni residui metallici (gli esseri umani hanno l'abitudine di abbandonare in discariche o lungo le strade di campagna gli oggetti metallici di cui non riescono più a trovare un utilizzo: vecchie lavatrici, bidoni di latta, portalampade), numerosi effetti a pedale, una cordiera di un vecchio pianoforte in decomposizione e due bassi elettrici.

Anche questo disco è stato registrato da Fabio Magistrali. Che rapporto avete con lui?
Solo lui è in grado di intrappolare in maniera costruttiva i suoni provenienti da strumenti musicali fatiscenti ed apparentemente privi di significato. Lo stimiamo immensamente per la sua saggezza e la sua perseveranza.

Dalla mitologia di DEM alle visioni di Malleus: raccontatemi la storia delle vostre copertine.
Siamo molto contenti che le nostre copertine siano state realizzate da Artisti che stimiamo a dismisura. Nella copertina di DEM sono rappresentate tutte le creature che vengono nominate nei titoli del nostro primo album (ad esempio il nano Gobobo o il cane Arachidog). Le grafiche di Malleus invece rispecchiano fedelmente il suono contenuto negli album. Mai e poi mai avremmo pensato di avere delle loro copertine, anche perché è dai tempi in cui i nostri cd-r non avevano nemmeno le copertine che perdiamo litri di bava sui loro poster.

State ricevendo un grande numero di recensioni dall'estero: intendete concentrarvi maggiormente sulla promozione del disco in Europa? Siete felici di suonare, vivere e continuare a vivere in Italia?
Chiederci se siamo felici è un po' azzardato. Suonare in Italia ha senza dubbio il pregio che il giorno successivo al concerto è possibile recarsi a degustare un pranzo tipico locale di cui difficilmente si rimane delusi. Per noi l'aspetto goliardico del suonare è sicuramente la parte più complementare alla musica. Ci piacerebbe tornare nuovamente al di là delle Alpi. Le poche occasioni che abbiamo avuto in passato si sono rivelate assai educative: abbiamo visitato locali con liste da più di 500 tipi diversi di bottiglie di succo di luppolo, abbiamo osservato esseri umani di sesso femminile che rasentavano la perfezione, abbiamo assaggiato carni prelibate, abbiamo visto cose inimmaginabili, ma soprattutto un sacco di cose non ce le ricordiamo più. Questo indica che ci siamo divertiti non poco.

---
L'articolo Morkobot - Mezzago (MI), 21-11-2008 di Marco Verdi è apparso su Rockit.it il 2008-12-08 00:00:00

COMMENTI (2)

Aggiungi un commento Cita l'autore avvisami se ci sono nuovi messaggi in questa discussione Invia