Il Buio - via Mail, 11-10-2010

E' capitato di nuovo: un gruppo di ragazzi poco più che ventenni è uscito con un ep capace di voltare le spalle a tutto quello che abbiamo ascoltato negli ultimi mesi. Brani fulmicotone, testi di una lucidità spiazzante, senza dimenticarsi della malinconia, della bella scrittura, dell'irruenza hardcore necessaria. Fausto Murizzi ha intervistato Il Buio.



Una band che esordisce con un ep come il vostro non può che essere il frutto di un'unione di persone da tempo impegnate nel mondo della musica. Qual é quindi la pre(i)-storia de Il Buio?
In effetti hai ragione, tutti noi suoniamo da un po' di tempo (periodo pubertà se non prima). Andrea e Nicola suonano assieme da una vita e, escludendo Francesco, abbiamo tutti suonato assieme in un altro progetto chiamato A New Silent Corporation. Facevamo post-rock strumentale ed eravamo molto rigidi nella scrittura dei pezzi; da qui l'esigenza di cimentarsi con qualcosa di completamente opposto, di più immediato. Le prime canzoni sono state scritte da Andrea e Alberto, in acustico, un po' per divertimento e un po' come sfogo "musicale". Francesco, Mattia e Nicola sono gli amici di sempre, oltre che persone con cui eravamo certi di poter trovare da subito il feeling giusto, nonostante le esperienze diverse. Francesco è impegnatissimo con gli Speedjackers che fanno un rock'n'roll ispirato ai Gluecifer, mentre Mattia suona con i Radio Riot Right Now (a nostro parere una delle band hardcore migliori che ci siano attualmente in Italia) ed è stato il batterista dei La Piovra, altra band seminale. Per quanto riguarda i nostri ascolti e le nostre preferenze, ognuno ha le proprie, che sono le più svariate… cosa che ci porta regolarmente a prenderci in giro ed insultarci vicendevolmente, anche se credo sia proprio uno degli aspetti più stimolanti del nostro essere band.

Il sound della band sembra decisamente orientato verso l'hardcore. Per voi é facile arrivare alla sintesi o il percorso (i concerti, le prove, i viaggi in furgone, etc.) é più tortuoso di quanto si possa immaginare dall'esterno?
In realtà, nonostante ciò che possa sembrare dall'esterno, non ci sentiamo assolutamente una band hardcore. Non abbiamo mai pensato a dare una definizione a quello che scriviamo, ma se dovessi darti due coordinate spicce direi che tentiamo di suonare della musica rock (nella sua accezione più classica) alla velocità del punk-rock. Questo comporta il fatto che per arrivare a quella che tu chiami sintesi, il percorso sia a volte molto tortuoso, soprattutto per quanto riguarda la scrittura dei pezzi. In questo siamo molto lenti e tendiamo a provare e riprovare ogni soluzione che ci viene in mente, anche quelle più strane. Il bello di non essere troppo legati a determinate influenze credo sia proprio questa libertà "intellettuale" che non ti costringe a determinati clichè. La cosa che preferisco, in tutta questa riflessione, è che abbiamo imparato a prenderci sul serio solo in sala prove o in studio mentre quando siamo in viaggio o durante i concerti, emerge fortunatamente il nostro lato più cazzone e spontaneo.

Nella recensione ho scritto che la scelta di mixare la voce impastandola al resto sconta un po' l'adesione ai cliché del genere - visti anche i testi di notevole spessore. Siete realmente così ortodossi, oppure é un aspetto che avete preso in considerazione solo una volta davanti al mixer?
Non è una questione di ortodossia quanto di gusto. E' stata una decisione presa fin dall'inizio perchè a nessuno di noi piace avere la voce troppo "davanti" nel mix. Mi rendo conto che questo può comportare una minor comprensibilità dei testi ma credo che ne giovi l'impatto complessivo del nostro suono. I pezzi dell'ep sono stati concepiti e registrati tenendo sempre in considerazione l'aspetto live e se verrai a sentire uno dei nostri concerti noterai che anche lì la voce sta, per quanto possibile, ben dentro al mix. Ortodossi invece possiamo esserlo per il fatto che vogliamo evitare di venire a compromessi con le nostre idee e i nostri gusti per rendere l'ascolto di ciò che facciamo più facile o più orecchiabile per qualcuno, o anche semplicemente più in linea con determinate mode o generi. Siamo fortunatamente nella posizione di poter e voler vivere la musica come un'esigenza comunicativa e un divertimento e non come una vetrina o un'opportunità, qualsiasi cosa questa parola voglia dire.

La canzone in cui compare nel titolo Georg Elser è un tributo ad un eroe mancato o c'è qualche significato recondito?
Il titolo dà un riferimento molto esplicito a questo cittadino tedesco che aveva ideato un attentato per uccidere Hitler e, per una questione di sfortuna e pochi minuti, non ci è riuscito. Il titolo e il testo sono, più che un tributo ad una persona che avrebbe potuto cambiare la storia, una riflessione sull'egoismo del periodo storico che stiamo vivendo. Siamo abbastanza stanchi di sentire persone che si lamentano della situazione politica, del lavoro, della mancanza di possibilità per i figli, ma anche semplicemente per la difficoltà di organizzare concerti o altre cose più "leggere". Il concetto è che crediamo che ognuno sia artefice non solo delle proprie "fortune" ma anche del contesto sociale in cui vive… quindi dovremmo smetterla di aspettare "qualcuno" che metta fine al disagio che viviamo e, secondo le possibilità che ognuno ha, agire (questo vale anche per noi ovviamente). Anche perchè spesso poi, per comodità, si finisce per mettere il proprio futuro nelle mani di abili venditori di fumo ed essenzialmente è quello che credo sia successo al nostro paese, una volta raggiunto il benessere e l'appagamento economico nella seconda metà del novecento.

Declinate il concetto di buio e di oscurità da un punto di vista sociale, ridicolizzando ("io voglio ridere di noi") tanti luoghi comuni dell'occidente industrializzato. Pensate che la crisi di valori sia ormai irreversibile o c'é ancora una piccola speranza?
Beh, diciamo che la piccola speranza è suggerita dalla risposta alla domanda precedente.

Nelle vostre liriche colgo anche tantissima filosofia: non raccontate storie o vissuti, ma solo istantanee del vivere quotidiano. L'ispirazione proviene da alcune letture in particolare oppure deriva dal classico atteggiamento di chi, appunto, prende (e racconta) la vita con filosofia?
L'ispirazione viene da film, discussioni tra amici, giornali, libri di storia, romanzi, gente incontrata per strada, al bar o in piazza, racconti dei nonni... Credo sia normale per chi scrive, non solo musica, assorbire un sacco di stimoli diversi che, volenti o nolenti, ti influenzano poi quando stai cercando di concretizzare delle idee che hai per la testa. In questi primi pezzi questi stimoli hanno preso la forma di istantanee, come dici tu, e ne siamo abbastanza soddisfatti anche se, personlamente sento la mancanza di un filo narrativo. I nuovi pezzi a cui stiamo lavorando saranno infatti diversi sotto questo punto di vista. Credo saranno più narrativi che "didascalici", quasi più "folk" se mi passi il termine…

E, sempre a proposito di filosofia, che significato ha per voi il processo di globalizzazione in atto?
Noi ci limitiamo a raccontare e descrivere ciò che vediamo e che ci circonda, mettere in accordi le nostre frustrazioni e le nostre piccole soddisfazioni. Quello che ci piace dello scrivere canzoni è che sono totalmente aperte all'interpretazione di chi le ascolta; quindi se tu vuoi leggere nei nostri pezzi una critica all'Occidente e al processo di globalizzazione, sarei interessato a capirne il perchè e qual è il tuo punto di vista. In tutta sincerità ti dico quindi che questa domanda avresti fatto meglio a farla a Zerzan o a Chomsky piuttosto che a noi. Avresti avuto delle risposte sicuramente più interessanti!

Provenite da Thiene, un paese nel cuore della provincia veneta. Se vi guardate intorno cosa cogliete di realmente differente della vostra regione rispetto alla rappresentazione mediatica che si é data in questi anni?
Se per rappresentazione mediatica intendi quella che ci vuole tutti intenti a lavorare dodici ore al giorno, evadere le tasse, votare Lega, scagliarci contro gli immigrati e aspettare il venerdì per poterci ubriacare al bar… beh, non è proprio così! Qui si fa sempre festa, si organizzano un sacco di concerti fighissimi e ti diciamo che, anche se nessuno lo sa, Thiene è considerato dagli stessi thienesi uno dei maggiori poli culturali dell'Occidente e anche dell'Oriente. Abbiamo il teatro, il pub, la discoteca e da alcuni anni anche la discoteca per gli "alternativi"; poi abbiamo la biblioteca, la stazione dei treni e pure un castello! Tra qualche anno dovremmo avere anche il mare con le spiagge e i turisti, a Thiene. Scherzi a parte, abbiamo un rapporto di amore/odio verso i luoghi in cui viviamo e questo credo dipenda dal fatto che, nonostante sia sempre più difficile trovare degli stimoli, abbiamo imparato a crearceli; nonostante sia difficile convivere con la mentalità bigotta della provincia produttiva, abbiamo imparato ad analizzarla con ironia. Nonostante a volte la dimensione ci stia stretta, abbiamo imparato che molto spesso le piccole cose che trovi qui, anche se di cattivo gusto, sono decisamente migliori delle grandi parate di paillettes e brillantini che trovi in certe metropoli.

Quali sono le band che artisticamente apprezzate di più nel panorama nostrano?
Ci sentiamo molto legati, per amicizia, gusto e attitudine comune, a band come Miss Chain & The Broken Heels, Radio Riot Right Now e Whales and Aurora. Aggiungo pure gli ormai dispersi The Rituals e i cantautori punk Caso e David Hale col suo progetto Sigfried and Roid-Rage che, nonostante li conosca da poco, credo siano due delle realtà più belle, fresche e sincere nel panorama italiano. A livello generale invece, pur non avendo la fortuna di conoscerli personalmente, apprezziamo un sacco gruppi come La Crisi, La Quiete, Raein, Neil on Impression, Verme, Fine Before You Came, Dead Elephant e Death of Anna Karina.

C'é un film che pensate potrebbe raccontare la vostra musica? A me siete tornati in mente guardando di recente "Funny games" di Michael Haneke...
Ricordo che "Funny games" lo vedemmo al cinema quando uscì. Direi che è un film un po' troppo nichilista per descrivere la nostra musica… ma più che altro ricordo che i due protagonisti dialogavano spesso con il pubblico in sala, una specie di dimensione "meta-narrativa" che li metteva nella posizione di completo controllo della storia e del film. Ciò che noi non facciamo è proprio questo, ovvero parlare direttamente all'ascoltatore oltrepassando quella che è la canzone. Non saprei dirti un film che racconti la nostra musica… ce ne vengono in mente parecchi ma solo per mio gusto personale e non per una affinità con ciò che facciamo noi.

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L'articolo Il Buio - via Mail, 11-10-2010 di Faustiko Murizzi è apparso su Rockit.it il 2010-10-19 00:00:00

COMMENTI (3)

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  • rombotto 14 anni fa Rispondi

    bella musica!

  • sarabastreghisperotto 14 anni fa Rispondi

    Da thienese concordo in pieno con la descrizione..
    Si tratta solo di sapersi distinguere..e non disperiamo,c'è qualcuno che ci riesce..:)

  • mestessocredo 14 anni fa Rispondi

    bravi bravi il buio...li ho visti al festival nodalmolin a settembre e mi ricordo il cantante invocare il gruppo di apertura(musicalmente vergognoso...) di venire a togliere dalle palle l'amplificatore...

    comunque avevo notato una certa affinità a livello musicale ai fine before you came che sono l'unica band che conosco(a parte i verme) che ha citato nell'intervista...

    poi si, a thiene-schio-bassano passano molte più band che a vicenza che ha un po' di scena hardcore e basta...