StudioDavoli - El Barrio - Torino

Foto di Giulia Bertelli.

I leccesi giungono nella tetra capitale taurina per un concerto d’eccezione. Sandro Giorello, con l’aiuto dei suoi prodi “compagni dell’obbiettivo” (i fotografi Ivan Rachieli e Giulia Bertelli) descrive un po’ come è andata. Una giornata che inizia con uno sguardo dolce e che termina con i brindisi e le uova di cioccolato. Curioso no?



Ieri sera al Barrio c’erano gli StudioDavoli. I ragazzi di Radio Digitale ( http://www.radiodigitale.info ), persone splendide adatte a far cose spendide, continuano, imperterriti, con i loro concerti. La scorsa settimana (o due fa, non ricordo), Benvegnù aveva sbancato. Ieri non c’era moltissima gente.

Ero il fonico della serata (eviterei, quindi, commenti sul “come si sentiva”, grazie). Chiariamo: non è andata malissimo. C’è da dire che il Barrio non è un gran posto per i concerti: per quanto siano stati utili gli sforzi per insonorizzarla, resta, comunque, una palestra. Non puoi mettere una batteria in una palestra che subito questa ti si ritorce contro (ci vuole poco a far nascere una guerra). In più, i Davoli, sembrano un gruppo esigente, che vuole i suoni nitidi e molto puliti. Se ci aggiungete che hanno la nomina di essere un po’ cagacazzo sul palco e che, in questa particolare occasione, devono arrivare tardi a causa di uno showcase alla Fnac, capirete il mio timore riguardo il soundcheck. Sinceramente credevo di non riuscire a finire in orario per la cena. Alla fine, tutto è filato liscio, anzi suonava più che bene.

Il concerto è andato così: pensatevi una batteria alla ”revolver”, confusa e tirata al limite dell’eccitazione. Piani elettrici e Farfisa come se piovessero. Basso che se sta un po’ in disparte. Voce, delle più calde in circolazione. Per come usciva dall’impianto sembrava la speaker che annuncia ai passeggeri che tra poco gli verrà servita la cena, ma vi assicuro che, nel contesto, aveva il suo fascino. Il mix suonava veramente grezzo e potente, questo ha influito nel dare alle canzoni una certa grinta e un tocco in più di psichedelia quando i pezzi dovevano essere più distensivi. All’inizio hanno proposto molte dell’ultimo disco. Poi, si sono buttati su pezzi di “megalopolis” ma facendoli più cattivi, tirandoli un po’ e distorgendo la chitarra. Per darvi un’idea complessiva: pensate al già citato revolver (pensavo a “Taxaman”, per essere precisi), l’atmosfera era quella.

Era impressionante, invece, l’estrema freddezza sul palco: per tutto il concerto avranno detto, si e no, 4 parole. Poi, ad un certo punto, il tastierista ha interrotto gli altri e ha iniziato a prendere in giro la cantante su come non sapesse i testi delle sue canzoni. Ha detto al pubblico: “ragazzi, cantate con Matilde, il testo è wene ghene wene ghene”. Al che, la cantantessa, che per tutto il concerto ci aveva giusto regalato un paio di sguardi tiepidi e poco di più, si piega a terra dal ridere (sembrava che l’avessero tolta dal frigorifero, aveva di colpo ripreso a vivere).

In realtà il gruppo, in più occasioni, a cena, si era definito “stanco del troppo suonare” a causa di una serie di esibizioni che lo aveva costretto a stare parecchie ore in furgone. La questione ha aperto una piccola discussione tra me e la barista del Barrio (adoro le bariste). Lei, peraltro fidanzata con un noto esponente dell’indie-rock italiano, sosteneva che “erano tutte balle”: ”se un gruppo vuole fare il gruppo, deve mettere in conto il fatto che i gruppi devono suonare come tutti i gruppi che suonano” (eh, si stava incominciando a bere,). Io prendevo le difese dei Davoli solo per l’esplicito fatto che Matilde è dichiaratamente carina. Quando nel pomeriggio, appena arrivata, il suo viso è sbucato fuori dal cappuccio della maglia, con la frangia che le tagliava la fronte e quei due occhi da scoiattolo (e un sedere da perderci la testa), il mio cuore ha deciso che gli StudioDavoli si aggiudicavano il titolo di “miglior gruppo emozionante” e che, se mai avessi dovuto recensirli da qualche parte, gli avrei dato il massimo delle stelline a disposizione.

La serata è finita con la festa di compleanno di un mio amico di Radio Digitale: biscotti allo zenzero, uova di cioccolato, prosecco e moscato. Il batterista dei Davoli si è improvvisato dj, un po’ tutti abbiamo pensato che è decisamente meglio se abbandona tale possibile carriera e continua a suonare la batteria. Ho raccolto le mie cose e me ne sono andato, ho riaccompagnato a casa la barista e sono finito a dormire, ospite da amici. Torino, questa mattina, è grigia da far paura. I leccesi avranno pure portato un po’ di sole nei miei sentimenti ma il resto, come al solito, è rimasto uguale.



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L'articolo StudioDavoli - El Barrio - Torino di Sandro Giorello è apparso su Rockit.it il 2006-04-08 00:00:00

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