Amari - Sherwood Open Live - Padova

(Gli Amari dal vivo - Foto di Alessia Ragno aka Amaracchia, www.amarantajam.blogspot.com)

Frico e spritz, chi l’avrebbe mai detto? Alle prime battute del tour, gli Amari arrivano a Padova per uno show case dagli studi di Radio Sherwood. Cinque Power Rangers, nove canzoni, cinquanta fans: cronaca di una diretta radio annunciata da un mc che conosciamo bene.



So di essere fra i non molti che lo pensano, ma per me “Scimmie d’amore” è superiore perfino a “Grand Master Mogol”, uno dei migliori dischi italiani di quest’anno, forse del decennio. Così, quando gli Amari fanno la loro prima tappa a Nordest in quel di Padova, allo Sherwood Open Live, spazio showcase dell’omonima radio, mi fiondo in vicolo Pontecorvo. Francamente, credevo che il posto fosse ben più piccolo: invece, sopra alla taverna, che sta di fianco agli studi della radio ed è affollata di disparate genti tra cui si mescolano diversi Amari con generosi boccali di birra, c’è l’Open Live, che non è San Siro, ma contiene – seppure stipati - quella cinquantina di fans che quando la band udinese fa il suo ingresso on stage alle 22 ha già inserito la modalità “play” e canta beata e felice a squarciagola “Le gite fuori porta”.

So che esistono critici delle esibizioni live degli Amari, e non si può certo dire che i cinque Power Rangers furlàns siano sempre degli impeccabili Segovia (del resto, cose che importano solo ai metallari o ex tali), ma nell’esecuzione della opening track dell’ultimo lavoro macinano funky come Dio comanda: perfetti, una macchina da guerra, che scatena da subito. E qualcuno è già là che balla, mentre i testi a memoria segnalano che per una parte di pubblico italiano, perlomeno in quell’angolo d’Italia che va da Bologna alla frontiera slovena, i nuovi pezzi, come quelli vecchi, sono veri e propri inni generazionali, manifesti dell’essere thirty-something in questo spicchio di mappamondo prigioniero di una pesante cappa di piombo che potrete chiamare come volete – Paese più vecchio del mondo, gerontocrazia, partitocrazia, mafia, predominio di passatismo e tradizione – senza cancellare l’esistenza di quella crepa scricchiolante sul ghiaccio che è la sensazione di ordinaria e fragile precarietà che incrina le nostre vite.

Maestro di cerimonie è stasera il nostro Enver (Enrico Veronese, NdR), che dà il benvenuto a tutti – ché si va in onda in diretta - dal “Salone delle feste di vicolo Pontecorvo e non di via Asiago”, fotografandosi in una frase nel suo splendido dandismo commisto di epifanie Rai Seventies e bagliori adrenalinici indie 2007. Dopo aver definito il nuovo Amari “un disco d’amore, ma non solo” e cazzeggiato confidenzialmente col Pasta e con Dariella, dà il via a “Manager nella nebbia”, col suo riff tra Afrika Bambaataa – quello vero – e i Run Dmc, gonfia di malinconici ricordi d’un beato tempo che fu e chissà se fu mai tale, metafora trasparente del vagare a tentoni nel mondo d’oggi con pure un paio di citazioni malandrine dal secondo dei personaggi omaggiati nel titolo del disco precedente (e dai, non ditemi che “Quante luci ho seguito nella notte / Schivando alberi e pali” non vi richiama spontaneamente alla memoria “Emozioni” e “Sì viaggiare”. Rovesciandone la situazione, certo, ma neppure troppo, in fondo). Terminato il pezzo con il pubblico in de-li-rio (ma che ve lo dico a fare?), Enver si lancia in una domanda sull’importanza del frico (piatto tipico della cucina friulana) nella nuova musica italiana , beccandosi in cambio da Dariella un bel “Ma guarda che il Friuli è un trip tutto tuo”, a cui il chioggiotto replica prontamente con “Il Friuli spacca, è hardcore e noi lo supportiamo”. Sottoscrivo. Il Pasta mostra un lumino di Padre Pio e subito parte “Arpegginlove”, degna erede musicale della “Nessun dolore” di qualcheduno che fu, altra icona dello spaesamento esistenziale d’oggidì che si epifanizza in sentimenti confusi, accompagnato da cori che sarebbero da stadio se il posto non contenesse solo 50 supporters.

Quindi si parlotta del video, scorrono veloci e tristemente gioiose “30 anni che non ci vediamo”, “Il raffreddore delle donne”, “Parole vere in un mondo vero”, durante le quali cominciano ad affiorare le quantità industriali di spritz che gli Amari affermano sul loro blog (farraginoso.com) d’avere ingollato nel pomeriggio in quel di Padova, da loro definita “una città dove molti sostengono sia possibile procurarsi degli alcoolici persino da Calzedonia” (e finiscono commentando “E il concerto?! Boh! Chi se lo ricorda”). Ma i nervi restano saldi quando l’Enver tenta di trascinare il gruppo in un attacco ad alcune recensioni (“campane contrarie”) che non hanno apprezzato molto “Scimmie d’amore”: ma il Pasta stringe i denti e disimpegna elegantemente evitando qualsiasi polemica.

Ultimi fuochi: una title track più grezza, senza tastieroni alla Cure, ribattezzata “Scimmie da bar” in omaggio al tasso alcolico che si fa sentire, una “Campo minato” bellissima, delicata e impreziosita di piccole minimali gemme sonore rispetto all’originale, “Conoscere gente sul treno” che come consuetudine trascolora in “Blue Monday” dei New Order (1983, il più bel pezzo dance mai scritto), e “Don’t Stop” degli Outhere Brothers (1995). Finisce così, la favola breve se ne va, discoteca labirinto college party version. Band da stadio costretta nell’ambito indie dalla miopia della Warner (davvero una pessima promozione, o meglio: nessuna. Roba da andare lì a spiegargli il marketing con la mazza da baseball). Dicono che le nostre metropoli paesane, che vogliono porsi come modello di stile, non abbiamo ancora capitolato al fascino Amari, costretti a suonare in piccoli locali. Qui, a parte lo show case di stasera, riempiono il New Age. Che volete che vi dica? Fanculo lo stile, se hai solo quello.



Scaletta:
01. Le gite fuori porta
02. Manager nella nebbia
03. Arpegginlove
04. 30 anni che non ci vediamo
05. Il raffreddore delle donne
06. Parole vere in un mondo vero
07. Scimmie d’amore
08. Campo minato
09. Conoscere gente sul treno

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L'articolo Amari - Sherwood Open Live - Padova di Renzo Stefanel è apparso su Rockit.it il 2007-11-09 00:00:00

COMMENTI (14)

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  • nicko 17 anni fa Rispondi

    massimo rispetto per il tuo punto di vista, ma definire quella degli ex-otago "musica demenziale" è piuttosto grossolano, perdonami. demenziali sono i gemboy, gli ex-otago sono eccentrici e folli, ma fanno del grande pop che di demenziale non ha proprio niente. (e qui le ire funeste le aspetto io...)
    Buon Natale...
    :[

  • ammale 17 anni fa Rispondi

    Ok, giusto per tirarmi addosso un bel po' di ire funeste la butto lì:
    personalmente non riesco a capire (giuro che ci ho provato) come si possano ascoltare tanto gli Amari (personalmente li trovo uno degli esempi peggiori della musica italiana)quanto gli e ex-otago (quando ascolterò musica demenziale rinchiudetemi)...
    ciò nonostante, fra i due,mi schiero pienamente con i genovesi...

  • re 17 anni fa Rispondi

    se consideri che a me non piace l'hip hop (e prob a tutto il pubblico degli amari) capisci che siamo due mondi che non possono dialogare

  • utente0 17 anni fa Rispondi

    l'ultimo disco è aridissimo, imho.
    gli amari stanno all'hip hop come la cacca sta al formaggio.

  • re 17 anni fa Rispondi

    beh, non è obbligatorio amare gli amari.. anche perché, hip hop a parte, le cose che a te dispiacciono sono quelle che a me fanno impazzire...
    gli amari sono il pop "as it should be"

  • enver 17 anni fa Rispondi

    soprattutto se prima bevi con la mano destra!
    (te la spiegherò)

  • nicko 17 anni fa Rispondi

    guarda io sono un profano dell'hip hop, raramente mi sono trovato ad apprezzare qualcosa di quel mondo (scoprendo poi che si trattava per lo più di presunti "tradimenti") e, in definitiva, non me ne intendo proprio.
    il fatto è che, credo, quando uno arriva da un tipo di suono e di attitudine difficilmente riesce a staccarsene del tutto, per cui, pur riconoscendo una notevole distanza tra gli amari e l'hip hop "conclamato" non riesco a non sentire che da lì provengono, dall'hip hop e da certa club culture che proprio non mi va giù: riconosco senza minimo dubbio la loro abilità nel miscelare queste origini con quelle del pop all'italiana e per questo non posso che apprezzarli, ma mettermi ad ascoltarli per puro godimento o andarli a vedere con trasposrto, proprio no.
    gli ex-otago invece sono uno dei pochi gruppi di cui mi posso tranquillamente dichiarare fan sfegatato perchè mi piace la follia, soprattutto quando è autentica e con loro non si scherza mica. anche loro, in qualche modo, vengono dall'hip hop, ma che ti devo dire? ci impazzisco, sono meravigliosamente lo-fi, suonano come suonerebbero alcuni dei miei migliori amici (quelli che ti fanno morire dal ridere) se decidessero di mettere insieme una band, insomma, con gli otaghi GODO!
    interessante, tra l'altro, il fatto che stiamo parlando di due band della stessa etichetta, nevvero?
    beh 'nzomma... non tengo altro da dire.
    ciau!
    :)

  • re 17 anni fa Rispondi

    mmm... tutto ok perché tutto è opinabilissimo, tranne l'hip hop... secondo me, gli amari vengono da lì, ma davvero ormai c'entrano poco con l'hip hop... non vedo come puoi associarli alla scena... il fatto che rappino qui e là non li rende hip hop...
    io cmq li adoro! :)

  • nicko 17 anni fa Rispondi

    è il cantato.
    da una parte il pernazza e i suoi freestyle nonchè l'inglese più improbabile che si possa immaginare, dall'altra questo hip hop generazionale che non mi rappresenta e che mi irrita come solo certi locali fighetti riescono a fare.
    è la musica.
    da una parte tastierine sgangherate suonate con un dito e chitarra acustica+batteria come nemmeno all'oratorio, dall'altra precisione produttiva da club che proprio non mi sfagiola.
    da un lato l'armata brancaleone, dall'altro i power rangers... i primi li adoro, i secondi mi danno irrimediabilmente sui nervi.
    de gustibus.

  • faustiko 17 anni fa Rispondi

    ma, scusa... tu non sei quello che stravede per gli Ex-Otago? non mi sembrano così distanti musicalmente...