Live Report: Jennifer Gentle ai Magazzini Generali - Milano

I Franz Ferdinand hanno fatto un concerto esclusivo a Milano: pochissimi invitati e qualche centinaia di posti disponibili (andati sold out subito, ovviamente). Hanno espressamente desiderato che fossero i Jennifer Gentle ad aprire il loro live. Sandro Giorello ha passato la giornata insieme a Marco Fasolo e Livio Mos - ormai unici due rimasti nel progetto JG - e ci racconta come è stato.




Il Male è sempre esistito….

Arrivo ai Magazzini Generali mentre loro stanno scaricando gli strumenti. Ci presentiamo e subito mi avvisano, quasi come se si dovessero scusare, di essere piuttosto malati e di aver dormito pochissimo. Il camerino è allestito in un seminterrato, c'è un continuo via vai di gente e molta confusione. Nonostante il caos i due - adesso la band si è ridotta ai soli Marco Fasolo e Livio Mos, questo è il loro quarto concerto così – sono tranquilli e rispondono gentilmente alle mie domande. Gli chiedo se situazioni come questa – backstage improvvisati, poco tempo per fare il soundcheck e appena finito lo show giù a calci dal palco – sono ancora molto frequenti per loro o se con gli ultimi tour, soprattutto quelli all'estero, hanno trovato accoglienze più decorose. Livio dice: possono capitare anche situazioni del genere. Quando ti fai un mese intero in America, coast to coast, devi passare per il Midwest e lì trovi spesso situazioni piccole, magari bar o club minuscoli. Viene sempre poca gente perché sono posti in cui l'indie-rock non è poi così seguito. E' nelle grosse città che trovi le situazioni fighe, lì abbiamo un bel seguito. Immagino che per voi questo sia un concerto particolare. Marco: Figo, registri su cassetta… Il concerto? E' un concerto nomale, solo che c'è più gente. Non vi vedo così esaltati, non ve ne frega niente? No, siamo contenti, la cosa buona è… esserci, ripeto è un concerto normale.

Come mai in due? Eh… c'erano problemi, non solo sulla musica. In poche parole: non c'era più la voglia di stare alle mie regole, non c'era più la fiducia necessaria che si deve avere in chi tiene le redini di un gruppo. E alla lunga mi sono rotto il cazzo e gli ho detto: se non vi va bene ognuno è libero di… Cioè se tu fai una cosa che non mi piace te lo dico, se tu cambi bene, se no chiusa lì. Ed io credevo che per gli altri fosse così, cioè… una persona matura fa così. E' andata a finire come finiscono tutti i rapporti, solo che c'è il di più (o il di meno in base ai punti di vista) della componente umana. Ma non credo che sia stata colpa mia... Hai un'idea molto chiara della direzione che devono avere i Jennifer Gentle? Si, non solo in termini musicali, ma anche di… dinamiche: decidere cosa oggi è giusto fare per il bene del gruppo, insomma la progettualità non può essere nelle mani di 5 persone, tanto meno se queste ci sono da pochi mesi invece che da 10 anni.

Che tipo di figure professionali hai bisogno attorno a te? Sicuramente di un management, di un'agenzia che mi faccia suonare, di una casa discografica che investa, magari poco ma un po' si, su di me. E ci sono delle figure di cui puoi far a meno? I rompicoglioni inutili… Ti riferisci a me? No, no. Secondo te questo folto numero di persone, di addetti lavori intendo, che ci sono nel mondo della musica andrà pian piano a ridursi? Io mi auguro di no, perché la fine ha inizio quando si inizia a credere che le cose non servono più. Quindi non c'è nulla di superfluo, oggi, in questo ambiente? E cosa è superfluo, un collaboratore valido? Tutti possono far tutto con internet: falso. Tutti possono far tutto con un computer: ancora più falso. Quindi non importa… ma un collaboratore degno di nome, se è valido, è indispensabile. Si, posso fare a meno di tutto, posso anche decidere di stare a casa mia a masturbarmi da solo, però non ha senso. Quindi, per come la penso io, i collaboratori servono, ma dal momento che quelli seri sono rari quando se ne incontra uno bisogna tenerselo stretto.

Sei uno dei pochi che riesce a vivere di musica in Italia. In che senso, economicamente? No, non ho altri lavori ma vivo nei debiti. Vivo per la musica, c'è abnegazione da parte mia. Però non ci si campa, lo scorso mese sono riuscito a coprire i debiti che mi ero fatto per pagarmi il biglietto aereo del tour dell'anno scorso. Ed anche il motivo per cui ci sono stati problemi con gli altri, è difficile ammettere di non voler andare avanti solo per i soldi… ma alla fine è quello. Non c'è trippa per gatti qui, so che ci sarà ma chi ha voglia di rischiare per 10 anni sulla propria pelle? Io rischio sulla mia ma non posso permettere che gli altri… O sei appassionato o non stai dietro a un folle. Io non credo di essere folle ma posso decidere se mettermi in gioco o meno, sono le mie creazioni… Si io mi vedo a 90 anni che faccio dischi. Non mi preoccupo molto di chi o cosa mi circonda.

C'è crisi, e ovviamente non mi riferisco solo alla musica. Se c'è crisi, beh, ve la lascio. Ho già troppi problemi a relazionami con me stesso e non posso preoccuparmi se escono bei dischi o no, non me ne frega proprio niente. Cerco di fare il meglio che posso con i mezzi che ho, e questa è la cosa più importante. Bisogna far così se no ti abbatti. Guarda solo come ho affrontato il problema con gli altri, l'alternativa qual'era? Annullare un tour? Vai avanti, se ci tieni, le cose le fai procedere. Per me l'obiettivo è continuare a far le mie cose, anche a costo di non fare la bella vita.

A pochi minuti dall'inizio del concerto Marco dice di essere rilassato ma se ne sta seduto su un divanetto fissando il vuoto. Sembra Jim Carrey in uno dei tanti momenti ansiogeni di "Se Mi Lasci Ti Cancello". Poi i due salgono sul palco. Suonano poco meno di mezzora, lo spettacolo è molto tirato. Mi piace: arrangiamenti scarni, suono essenziale, l'uso della batteria elettronica al posto di quella vera mi ricorda i Tall Dwarfs, alcune cose dei Folk Implosion e, più in generale, un certo tipo di lo-fi anni 90. Si perde quell'aurea freak-psichedelica dei precedenti show e, certo, adesso sono meno "fiabeschi" (stranamente la voce non assomiglia più a quella di un cartone animato). Il pubblico sembra gradire.

A cena i due sono molto contenti di come è andata. Marco si è ripreso, è gioviale, fa una battuta dopo l'altra e imbratta mezzo tavolo nel tentativo di prepararsi dei crostini di pane con l'olio. Gli chiedo com'è per lui il pre e il post concerto: ci sono delle volte che parti teso e rimani così per tutto il concerto, altre che parti scoglionato ma poi vedi che la gente reagisce bene e allora ti coinvolgi anche tu, altre volte… E' andata bene, la gente aveva pagato per i Franz Ferdinand ma sembrava contenta anche di noi. Un po' come quella volta che abbiamo aperto a Jarvis Cocker. Poi intraprendiamo una discussione piuttosto tortousa sul fai-da-te che durerà fino al caffè. In sintesi: io dico che potrebbe essere cosa buona e giusta se i gruppi imparassero a fare le cose da soli prima di dover pagare qualcuno che le faccia al posto loro. Che la smania di avere un'etichetta a tutti i costi o un ufficio stampa che li renda popolari in fretta – pur essendo consapevole che a certi livelli queste figure sono fondamentali - è una delle principali cause del perché c'è così tanta fuffa in giro. Marco ribadisce cosa mi aveva già detto in camerino – da soli non si fa nulla - e la sua conclusione è lapidaria: il Male è sempre esistito ma viene giustamente regolato da una selezione naturale che tiene in vita chi se lo merita mentre fa morire gli altri. Mi sembra un'ottima chiusura per questo articolo. Dopo il caffè i due mi ringraziano e vanno a familiarizzare con i Franz Ferdinand che li hanno invitati a bere nel loro camerino. Mai ne esca un tour mondiale, dicono.



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L'articolo Live Report: Jennifer Gentle ai Magazzini Generali - Milano di Sandro Giorello è apparso su Rockit.it il 2008-11-21 00:00:00

COMMENTI (24)

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  • utente0 16 anni fa Rispondi

    è proprio questa la cosa sconfortante.

  • sandro 16 anni fa Rispondi

    hai anche ragione...


    (Messaggio editato da sandro il 06/12/2008 16:39:40)

  • utente0 16 anni fa Rispondi

    giorello,
    accademiadellacrusca.it/faq…;ctg_id=44

    saluti.

  • utente0 16 anni fa Rispondi

    Bah che dire, Fasolo e Mos tirino dritto per la loro strada e vediamo quante buche riusciranno a evitare (e da qui ai 90 anni la strada e' molto lunga). Mi sembra che Fasolo si masturbi la mente sia a casa che in pubblico, a ognuno la sua gita.:[

  • utente0 16 anni fa Rispondi

    Diavolo porco questa gente deve morire....

  • utente0 16 anni fa Rispondi

    e sentite questo un certo Hamilton Santìa:

    "Se vuoi farti le seghe, usa le mani. Non i dischi." Una massima letta in rete. Geniale. E verissima. Quante volte noi, vecchi ragazzi punk presi male con l'underground, l'indie-rock di un certo tipo e le chitarre elettriche stronze l'abbiamo detto nei confronti dei pretenziosi macchinoni di gente che voleva farti sapere a tutti i costi che sapeva suonare? Ho perso il conto. Quello che stupisce, è che una frase del genere può essere usata anche per gruppi che non sanno suonare. Prendiamo i Jennifer Gentle. Quanto avevo amato "Valende" e i suoi predecessori, quanto questo "The Midnight Room" mi lascia perplesso.

    Chiariamoci, i Jennifer Gentle sono abituati a spiazzare e spaziare. Ne sono dimostrazioni efficaci i millemila progetti paralleli con questo o quell'altro personaggio e via delirando. Ma. Questa volta la sbandata sperimentale è di una gratuità pazzesca. "The Midnight Room" gira attorno al niente e te lo fa anche pesare. Il disco è un macigno, mancano quelle melodie barrettiane punto forte di "Valende" e quei viaggi cosmici che avevano colpito la critica nei primi due dischi. Questa volta sembra tutto campato per aria. Un disco totalmente a-melodico, decisamente compiaciuto (e forse qui va detto che lasciare solo uno come Marco Fasolo non è esattamente una buona idea, quando si tratta di fare un disco compiuto) e che si perde nell'ansia di voler sorprendere a tutti i costi. Ma si sa, a fare pop d'avanguardia per partito preso, si rischia di pisciare fuori dal vaso. E qui, tra marcette senza senso ("Telephone Ringing", "It's In Her Eyes", "Take My Hand") e afflati ambiente-psych che guardano a Wyatt ma all'intenzione si fermano ("Come Closer", "Twin Ghosts"), c'è da chiedersi quando l'abbiano mai centrato, il vaso.

  • utente0 16 anni fa Rispondi

    queso è quello che ha scritto su ondarock un certo coglione di nome Michele Saran raga gente dome questa uccide la musica e ci spinge ad ascoltare merda.....

    News dal mondo Jennifer Gentle: nuove uscite parallele di ricerca, sia sperimentali che tranquille (“A New Astronomy”, 2005, e “The Sacramento Sessions”, 2006), un ulteriore dimagrimento della line-up, ormai ridotta al solo Marco Fasolo (ora se n’è andato pure il fido compagno d’avventure Alessio Gastaldello, l’altro fondatore storico), e soprattutto il nuovo album ufficiale, ovviamente ancora sotto l’egida Sub Pop. Quello che conta, in definitiva, è la conferma del continuo aumento di fama e solidità internazionale del marchio di fabbrica Jennifer Gentle.

    In “The Midnight Room” spariscono i toni semi-acustici e bucolici che dominavano il precedente “Valende” (oltre al suo concept spiraliforme), ma soprattutto spariscono le grandi intuizioni dei primi due album (dalle vaste parate strumentali alle nenie surreali, dai surf‘n’roll bambineschi alle gag melodiche stralunate). Si comincia anzi con un drone che ricorda quello dell’attacca di “Drum’s Not Dead” (il capolavoro dei Liars, ndr), attraversato da tenui fremiti angosciati, invocazioni vocali e un motto di chitarra, secondo un ondeggiamento psicotico strumentale che si protrae ad libitum. “Telephone Ringing” e “It's In Her Eyes” espongono un passo psych senza tono, con vaghi riferimenti alla chitarra di Ribot (e al Waits circa “Rain Dogs”), più che al solito Barrett, con cantilene poco ricercate e sospensioni esoteriche. “Quarter To Three”, l’unico momento di vera ricerca dell’album, prosegue il discorso con strappi e cambi di tempo, ma rimane interlocutorio.

    Fanno meglio il folk melodico - quasi caricaturale - di “Electric Princess”, a ricordare i gioiellini di “Funny Creatures Lane” (pur senza la loro brillantezza), e il vaudeville scanzonato di “Take My Hand”. “The Ferryman” è una canzone impostata dalle chitarre barocche e da un’andatura zoppicante degna della Magic Band, che prosegue secondo direttive di variazioni strumentali tra glockenspiel e salmodie gregoriane. “Mercury Blood” continua con una nuova storpiatura folk-barocca adornata da insistenti (monotoni) contrappunti di chitarra e tastiera vintage, e “Come Closer” è la tipica chiusa salvifica, a riproporre il tono crepuscolare dell’incipit, un raga sognante e i rapimenti estatici degli strumenti attorno al drone circolare (oltre a un minuto conclusivo di musique concrete notturna).

    Infastidente collezione di pezzi brevi o allungati, deformati o destrutturati, che rimane - a parte un certo umore mefistofelico - ingabbiata in un rigore formale che ha dell’autoparodistico. Fatta salva la garanzia di qualità, dagli esordi non è ancora stata specificata la pendenza della fruizione. In quest’album funziona così, più o meno: tanto divertissment personalizzato del solo Fasolo (non avrebbe fatto meglio a farlo uscire a proprio nome?), poco intrattenimento, discreto narcisismo, scarso fascino. Bastava e avanzava un mini-cd, con l’accortezza di includere quel momento di reale incubo acustico che risponde al nome di “Granny’s House”. “Live In The House Of God” è un nuovo vaneggio del solo Fasolo, stavolta alla tastiera vintage registrato in una chiesa sconsacrata, disponibile solo via pre-order.

  • utente0 16 anni fa Rispondi

    Raga propongo il primo fun club per sostenere il povero Fasolo...

  • utente0 16 anni fa Rispondi

    ecco il problema Fasolo non veste alla moda si cazzo avete ragione abbiamo scoperto perchè a molti non piacciono i Jennifer Gentle.....

  • utente0 16 anni fa Rispondi

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