RETROTERRA: Anima Latina

La storia di un disco che rivendicava l'importanza delle nostre radici latine in un momento dove il prog italiano subiva eccessivamente il fascino della scena americana e inglese.

Lucio Battisti
Lucio Battisti

"Anima Latina" è stato pubblicato per l'etichetta Numero Uno nel 1974. In molti lo considerano il punto massimo toccato da Lucio Battisti nella sua carriera. Un disco che rivendicava l'importanza delle nostre radici latine in un momento dove il prog italiano subiva eccessivamente il fascino della scena americana e inglese. Renzo Stefanel ha dedicato a questo album la sua rubrica Retroterra.


 

No, non è che siamo a corto di argomenti. Ce n'è di dischi e artisti di cui parlare. Ma Lucio è uno di quelli su cui tornare più e più volte. Quasi ogni suo disco meriterebbe un retroterra, dato che è il nostro Beatle. E come i favolosi quattro è ogni giorno svilito e bestemmiato dai babbioni che possiedono i media e ci fanno ascoltare le solite dieci canzoni. Invece in Battisti ruggiva feroce lo spirito di uno sperimentatore avanguardista e popolare al tempo stesso, capace di reinventarsi continuamente fino all'ultimo, a un'età – quella in cui ci ha lasciato – in cui molti hanno tirato i remi in barca da un quindic'anni buoni.
"Anima Latina" è il vertice massimo della sua sperimentazione anni 70, e con ogni probabilità il suo capolavoro di quel decennio (e forse non solo suo). Un disco che mostra una decisa influenza del prog, che nel 74 stava tirando gli ultimi, come si dice qui. Ma Battisti era Battisti. E il prog di "Anima Latina" è un prog a modo suo, inedito, che non ascolterete da nessun'altra parte. Perché – come da titolo – mostra una decisa influenza della musica latino-americana, eredità di un viaggio di venti giorni in Brasile e Argentina col fido Mogol. Ed è un'influenza che trova motivazioni artistico-politiche: "Con l'anglicismo e l'americanismo che ci hanno coinvolto in questi ultimi anni andavamo perdendo, proprio noi mediterranei più di tutti, lo spirito creativo, la vitalità che ci caratterizzano da sempre e che non sono morti, ma semplicemente addormentati dalla sudditanza all'Amerika, dei frigoriferi e dei consumi. L'America Latina mi ha scosso da certi torpori, ma già da qualche anno avevo dentro un senso di rivolta, sentivo che la strada giusta non è quella degli altri, che la cultura degli altri può violentarci, sopraffarci, ma non potrà mai diventare 'nostra'. […] Con la musica brasiliana, argentina, ecc., ho sottolineato questi stati d'animo, ma in pratica ho recuperato il mio stesso spirito creativo mediterraneo, latino come e forse più di quello sudamericano".


Vabbè, se pensiamo a come ancora oggi stiamo a dibattere, in queste paludi, su una via nazionale al rock… Ma poi Battisti ci mette le mani su 'sto mondo latino: lo riempie di influenze che vanno dall'Erik Satie delle "Gymnopédies" ("Abbracciala, abbracciati, abbracciali") allo Charles Ives delle "Songs" ("Il salame"), dal rhythm'n'blues dei Blood, Sweat & Tears al funky feroce di James Brown, dal country della West Coast e del suo adorato Neil Young a strizzatine d'occhio ai compagni di etichetta (e suoi dipendenti, quindi) Premiata Forneria Marconi. Frulla tutto a modo suo, immettendoci robuste dosi del suo stile e della recente passione per l'elettronica, e scodella. E quel che ne esce ha del vertiginoso: "Abbracciala, abbracciati, abbracciali" pare un pezzo dei Massive Attack, in anticipo di vent'anni. Ma sul serio. È già trip hop senza saperlo.

"Due mondi" preannuncia la cassa in quattro della disco (ancora underground), precipitandola in vortice psichedelico di ricami strumentali, sezioni di fiati, acuti tenorili, assoli sfrenati e turbinosi che sfumano lasciando il posto all'elettronica bucolica di "Anonimo" con quella tastiera che Dio bono ora sembra gli Air o quegli stravolti krautrockers dei Popol Vuh. E poi quel finale bandistico che piglia per il culo la sua "I giardini di marzo" a sottolineare che lui non è più quello di prima, no, e vuole "l'azzeramento di una personalità monumentale" come dirà in una celebre intervista. E già, perché tutto l'album, come e più dei precedenti "Il mio canto libero" e "Il nostro caro angelo" è uno stacco netto dai Mogol-Battisti cantori d'amore, con Mogol scatenato a distruggere l'istituzione famiglia e giù a proclamare la necessità filosofica dell'amore libero, con tanto di allusioni massicce ed ermetiche a Nietzsche. Roba che oggi al cardinal Bagnasco piglia un coccolone. 

Proprio "Gli uomini celesti" spara a zero su politica, religione, famiglia e ci traghetta, dopo due alternate take di se stessa e "Due mondi", nel cuore della title track, forse il più bel testo di Mogol, sottilmente antiamerikano, brano musicalmente bellissimo, che coglie l'essenza profonda del Brasile evitando ogni luogo comune. Dopo l'impressionismo avanguardista de "Il salame", con spunti di musica concreta e anticipazioni delle produzioni anni 80 con Panella, arriva la serratissima "La nuova America", incredibile pout pourri di stili. La varietà ritmica di "Macchina del tempo", cuore del disco, finale che intreccia a leitmotiv spunti da tutto l'album, introduce al conclusivo bordone elettronico di "Separazione naturale", con cui si sancisce la fine della coppia. Album da non credere. Impossibile da raccontare. Che spinge a vertiginosi riascolti. E lascia annichiliti. Se non l'avete, non avete idea di cos'è il rock italiano.



 

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L'articolo RETROTERRA: Anima Latina di Renzo Stefanel è apparso su Rockit.it il 2007-11-20 00:00:00

COMMENTI (10)

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  • damarama 14 anni fa Rispondi

    ahahahahahah hai ragione però mi sono balzati alla mente loro! E cmq parlando di mercato quanto li hanno pompati ai tempi di freak show? Una chicca: copertina e titolo poi scoppiazzati da una delle + brutte band italiane:

    rockit.it/album/2721/settev…

    provare per credere :)

  • faustiko 14 anni fa Rispondi

    Adesso... i SILVERCHAIR?!?! Ma dai... ti passo Bijork e Motorpsycho (e se vuoi anche i Ramstein), ma gli altri nomi che hai fatto non mi paiono dei best-seller da competizione, pur essendoci alcuni fra questi che mi piacciono molto (tipo The Knife).

    E veramente: non puoi tirare in ballo i SILVERCHAIR... ti prego, no, no, no!!! :[

  • damarama 14 anni fa Rispondi

    Ops :) grazie Shiva...mi ero perso nel mare del nord!

  • shivabakta 14 anni fa Rispondi

    no, era una semplice correzione al post di Damarama

  • albertoarcangeli 14 anni fa Rispondi

    .

    Sei lassù? Che figata.

  • shivabakta 14 anni fa Rispondi

    Motorpsycho (Trondheim, NORVEGIA!) :)

  • damarama 14 anni fa Rispondi

    Di Battisti non ne fanno più. Grandissimo artista.

    "Con l'anglicismo e l'americanismo che ci hanno coinvolto in questi ultimi anni andavamo perdendo, proprio noi mediterranei più di tutti, lo spirito creativo, la vitalità che ci caratterizzano da sempre e che non sono morti, ma semplicemente addormentati dalla sudditanza all'Amerika, dei frigoriferi e dei consumi. L'America Latina mi ha scosso da certi torpori, ma già da qualche anno avevo dentro un senso di rivolta, sentivo che la strada giusta non è quella degli altri, che la cultura degli altri può violentarci, sopraffarci, ma non potrà mai diventare 'nostra'. (…) Con la musica brasiliana, argentina, ecc., ho sottolineato questi stati d'animo, ma in pratica ho recuperato il mio stesso spirito creativo mediterraneo, latino come e forse più di quello sudamericano".


    Purtroppo non condivido pienamente questo pensiero.

    Mi spiego: da un punto di vista sociologico, politico, filosofico, purtroppo abbiamo subito ancora riceviamo bastonate dal sistema capitalistico anglosassone.

    Se la sudditanza nei confronti del popolo a stelle a strisce riguarda MTV, i mediocri film hollywoodiani i fastfood: allora eccomi. In prima linea col fucile carico.

    Ma c'è una magnifica sudditanza artistica che proviene dal nuovo mondo: a volte si chiama Hendrix altre Basquiat o Warhol...c'è fervore creativo.

    Ora: il resto d'europa e non solo, ha risposto adeguandosi al mercato (ma anche all'arte) d'oltreoceano imponendosi con artisti di altissimo calibro come Bjork (ISLANDA - ambito elettronica sperimentale), RAMSTEIN (GERMANIA - ambito metal), BEATSTEAKS (GERMANIA - ambito punk), SILVERCHAIR (AUSTRALIA - ambito pop/rock), THE KNIFE (SVEZIA - ambito elettronica), MOTORPSYCHO (SVEZIA, ambito alt/rock)...e chi più ne ha più ne metta.

    In Italia il morbo dell'incapacità attraversa artisti, produttori, agenzie di booking, locali.

    Quanti prodotti validi si esportano?

    Pochissimi...troppo pochi.

    L'Italia è piccola, troppo piccola per accogliere troppi artisti una scena nazionale.

    Vogliamo mantenere gli artisti oppure vogliamo vederli sparire uno dopo l'altro annientati da un settore che non ti permette di "campare"?

    Battisti è un mito. Sono passati 30 anni e costruire un leitmotiv col presente mi sembra veramente impossibile.



  • albertoarcangeli 14 anni fa Rispondi

    Due mondi è una di quelle canzoni che ti rimangono in mente per sempre ("in mente" e non "in testa", visto che il testo è di Mogol). Rispondere a qualcuno "è una vela la mia mente
    prua verso l'altra gente. Vento, magica corrente…" da soddisfazioni a non finire. Per non parlare di "L'amore è qualcosa di più del vino, del sesso che tu prendi e dai.", universale.

  • utente0 17 anni fa Rispondi

    purtroppo oggi un disco del genere non sarebbe possibile.
    e non parlo (solo) dell'incompetenza delle major.
    non ci sono autori.
    la fine del mito teorizzata da nietzche è un paradigma della situazione musicale odierna: c'erano un giorno i miti:
    coppie di autori (rodgers-hammerstein, lennon mccartney, king-goffin ecc.) e a vote autori singoli (da cole porter a neil diamond) che dall'olimpo forgiarono gli strumenti della musica pop d'autore.
    poi ci fu il postmodernismo, il punk, il riflusso, e ilpantheon è stato demolito da ignoranti con le ruspe, manovrati inconsapevolmente dalle major: abusivismo edilizio, ovvero musicale.
    la valle dei templi un luna-park per nostalgici.
    il pantheon un rudere per trasmissioni notturne.
    e dire che solo fino a 25 anni fa era religione di stato, globale, per la civiltà musicale...

  • utente0 17 anni fa Rispondi

    Consueto giro sulla pagina di Rockit, la faccia di Battisti ha immediatamente attratto la mia attenzione... ed eccomi catapultata in "Anima latina".

    Ho letto l' articolo, l' ho riletto, poi ho tirato fuori il cd.
    Da quanto non lo ascoltavo... da un pò .

    Avevo rimosso quella coda circense in "Anonimo", avevo bisogno di riascoltare, terapeutico.

    Io che provo commozione per tante canzoni del team Battisti-Mogol-Battisti-Panella..
    Per me non fa differenza a livello di cuore, di affezione.
    A parte le cose stra-usurate dal consumo selvaggio, tutto il resto è sull' ara major.

    Ben venga un retroterra tale sia per chi deve solo tirare fuori il disco dallo scaffale, sia per chi lo andrà a cercare, magari anche in rete.

    Grazie.

    Evy