Umberto Palazzo: santi e navigatori (di Facebook)

Ultimamente è riuscito a far parlare di sé per essersi inventato una class action contro la SIAE, tempo prima per aver diviso la band italiane in base ai cachet presi, prima ancora, negli anni '90, per aver dato vita ai Santo Niente. Fausto Murizzi ha intervistato Umberto Palazzo.

Foto di Giorgia Tobiolo
Foto di Giorgia Tobiolo

Ultimamente è riuscito a far parlare di sé per aver inventato una class action contro la SIAE, tempo prima per aver diviso la band italiane in base ai cachet presi, prima ancora, negli anni '90, per aver dato vita ai Santo Niente. Fausto Murizzi gli dedica un'intervista a tutto tondo: si parla del suo album solista ("Canzoni della notte della controra") e poi, ovvio, della SIAE, dell'economia della musica italiana, degli anni '90...
 

Partiamo, com'é giusto che sia, dalla musica: qual é stata la scintilla che ha scatenato la realizzazione di "Canzoni della notte e della controra"?
Ci sono stati degli eventi concomitanti che ne hanno favorito la realizzazione: Il Santo Niente era operativo solo come Santo Nada e quindi non avevo un gran carico d'impegni perché il lavoro compositivo in quella formazione è diviso fra Alessio D'Onofrio e me. In più non c'erano testi da scrivere, ero immerso nello studio di forme musicali di ogni genere perché insegnavo storia della popular music al conservatorio di Pescara e avevo per la prima volta a disposizione un home-studio finalmente professionale.
L'idea mi girava in testa da tantissimo tempo, infatti avevo scritto la canzone “La Controra” per quel disco acustico del Santo Niente che non si fece mai e che doveva chiamarsi “Good Morning Italia”. In realtà lo registrammo anche, ma le session furono insoddisfacenti e lasciammo perdere, per fortuna. Era roba che aveva bisogno di maturare, anzi io avevo bisogno di maturare e infatti il buono che c'era è riaffiorato col tempo.
Comunque la scintilla ideale è stata una visione notturna de “I Basilischi” di Lina Wertmuller.

Alcune canzoni (ad esempio "Café chantant" o "Terzetto nella nebbia") sono lontanissime dagli stilemi classici del tuo repertorio, eppure funzionano benissimo. Ci hai nascosto qualcosa in tutti questi anni o semplicemente aspettavi il momento giusto per pubblicarle?
Un certo gusto per le scale che sanno di mediterraneo e per gli accordi diminuiti l'ho sempre avuto, anche quando ero un teenager che suonava post-punk. Mi è sempre piaciuta l'idea di mettere un po' del mio retaggio meridionale in qualsiasi cosa facessi. Con gli anni mi sono raffinato e ora mi piace confrontarmi con un tipo di scrittura armonicamente molto più complessa, per quanto fisicamente abbia sembre bisogno di andare sul palco a far del rock'n'roll. Devo anche dire che il periodo del Santo Niente, che molti considerano il mio periodo iniziale, in realtà veniva dopo un lungo periodo in cui avevo suonato, con gli Allison Run, musica piuttosto elaborata, psichedelica e pop.
In quella formazione ero il bassista e il mio stile era al cento per cento ispirato a Paul McCartney, che è uno dei miei dei. Il basso di “Terzetto nella nebbia” è il mio ennesimo omaggio a sua maestà Macca. La durezza e la spigolosità del Santo Niente comunque non erano il punto di partenza del musicista grezzo, ma la scelta consapevole di usare un medium blindato e secondo me adatto a quei tempi. Ero affascinato dal rumore, dalle dissonanze e dal muro di suono e volevo giocare con questi elementi e con una certa freddezza industriale. Per me era lo zeitgeist dell'epoca.

La quasi title-track racconta lo stato comatoso di questo paese. Cosa ti ha spinto a scrivere una canzone del genere?
Bella la tua interpretazione ed è giusta. La ragazza dell'allegoria però esiste realmente e tanti anni fa mi turbava profondamente. Da questo turbamento è nata la canzone.
In questo momento mi viene da pensare a Giancarlo Frigieri che usa invece l'allegoria del sonnambulismo per descrivere uno stato d'animo nazionale. Per me lo stato d'animo nazionale è un dormiveglia in cui le impressioni e le visioni sono molto più forti della logica e della razionalità.

Su questo disco solista mi par di capire abbia investito completamente di tasca tua, dalla produzione alla promozione. La percezione é che il concetto di "fare un disco" sia ormai relegato al passato, quantomeno per gli aspetti relativi all'industria. Secondo te qual é lo scenario che ci aspetta a breve - e non mi riferisco solo all'idea del musicista contabile?
Ho pagato tutto io, non ho problemi ad affrontare la mia attività musicale anche dal punto di vista imprenditoriale, anzi sono molto orgoglioso di essere veramente indipendente da questo punto di vista. Ho un bellissimo rapporto con Disco Dada che è una struttura elastica e moderna, consapevole del fatto che oggi un'etichetta può essere anche solo un'agenzia di servizi per i musicisti, ma che non per questo rinuncia a seguire altri artisti in maniera più tradizionale.

Pensi ci sia un libro e/o un film a cui questo disco possa idealmente fare da colonna sonora?
Il film l'ho già citato, cioè “I Basilischi” e già la parola è splendida. Un concetto ancora più meridionale che “vitellone”, che è una parola di origine pescarese resa universale da Ennio Flaiano, sceneggiatore di Fellini e pescarese. Nel basilisco, uno spaventoso lucertolone, c'è tutta la pigrizia e il velleitarismo della persona inerte e feroce, di un certo tipo di borghese meridionale che passa tutto il tempo a prendere il sole e a controllare che nulla si muova nel suo raggio d'azione. La parola contiene anche un'esplicita sfumatura snob, un retrogusto di privilegi dovuti che risuonano nella parola greca “basileus” cioè il re dei bizantini.
Il libro è invece quello che ho usato come base per la copertina del disco. Una copia anni 60 dei racconti di Domenico Rea. Non so se siano attualmente reperibili, ma vale la pena di recuperarli.

Su Facebook leggo spesso i tuoi "interventi", che generano code infinite di commenti e non si limitano ad essere retorici aggiornamenti di status bensì vere e proprie riflessioni, spesso provocazioni, con frequenza quotidiana. Cosa ti porta ad essere così prolifico anche sotto questo punto di vista? Non é per caso che, per citare McLuhan, é il mezzo che si fa messaggio?
Assolutamente sì ed è un medium ancora tutto da scoprire. Sono sbalordito dalla risonanza che può avere una discussione nata per caso. Negli ultimi giorni sono finito sulla home di Repubblica e sono stato intervistato da una dozzina di persone che non hanno mai ascoltato una nota della mia musica e presumibilmente mai lo faranno.

Spesso e volentieri ho come l'impressione che il tuo rapporto con tutto ciò che rappresenta Milano, non solo a livello musicale, sia talmente conflittuale da (s)cadere nel pregiudizio. Il "sistema Milano" ha moltissime colpe, non lo nascondo, ma perché tanto astio?
Ammetto di avere un po' di Milano-fobia, è un posto che mi fa un po' paura, da sempre. Non ce l'ho con nessuno in particolare, forse sarà qualcosa nella luce o nell'aria, ma mi sento sempre molto a disagio, Non è una questione di nord: ho vissuto diciassette anni a Bologna e la mia città preferita è Berlino. Forse dovrei andare da uno psicologo per capire questa cosa. Se può interessare, quando ancora seguivo lo sport, tifavo Milan e nel basket la MobilGiorgi Varese.

A proposito di ciò, anni fa, sul tuo blog, comparve un post molto critico sull'operato di Rockit, che se non erro andava proprio ad analizzare il "sistema relazionale" di Rockit e le conseguenze (negative) che questo produce sulla scena musicale italiana. Cosa non ti piace ancora di questo modello e cosa, ammesso che ci sia, hai avuto modo di rivalutare?
Quello che ho scoperto che mi piace di Rockit è che,nel corso degli anni, avete creato un potente e molto pratico mezzo di comunicazione e di marketing che può essere utilizzato da tutti, anche dagli artisti che non sostenete con le vostre scelte e che io sto usando da mesi con grande soddisfazione.

Devo riconoscere che avete creato un modello originale ibrido che è per metà webzine e per metà uno strumento di lavoro paragonabile a MySpace e Reverbnation. Avete creato uno standard italiano utilissimo a tutti gli operatori del settore e democratico, se usato con cognizione di causa, in una maniera che non avrei mai creduto possibile qualche anno fa. Però non posso dire di essere d'accordo con tutte le vostre scelte musicali. Io ho un'altra idea di quello che si dovrebbe e potrebbe fare in Italia. E' un lungo discorso, comunque, che magari verrà fuori in un altro punto dell'intervista.

Tu, soprattutto tu, non puoi esimerti dall’elencarmi nomi e cognomi degli artisti e delle band che ritieni siano sopravvalutati dalla stampa di settore (cosa che in parte si ricollega a una delle tante provocazioni di qualche tempo fa, in cui chiedevi sulla tua bacheca di Facebook di indovinare il valore del cachet di alcune band)...
In realtà io preferisco soffermarmi su artisti che ritengo sottovalutati e cerco di spingere chi mi legge ad incuriosirsi alle cose che più mi emozionano. Io amo la musica, e a maggior ragione la musica italiana. Ho gestito un club e ho organizzato 250 concerti di gruppi italiani negli ultimi dieci anni e mi sono dannato l'anima per far conoscere artisti secondo me ingiustamente ignorati, ma devo dire che il muro d'indifferenza da gomma si è fatto di granito. Ci sono troppe certezze su chi merita e chi no. Troppa omogeneità.
Quello che mi piace è stimolare il pubblico, soprattutto il pubblico dei gruppi famosi, per farlo incuriosire nei confronti di altre cose secondo me altrettanto meritevoli - e parlo come organizzatore di concerti e operatore culturale più che come musicista.
Invece il mio “borsino” dei gruppi è stato del tutto malinteso da chi lo ha ripostato sui siti maggiori. Ho iniziato chiedendo agli amici di Facebook che idea avessero dei guadagni dei musicisti. Ovviamente tutti, tranne gli operatori del settore, avevano idee esagerate per eccesso, molto esagerate, dei guadagni dei musicisti e anche dei locali.
Non volevo assolutamente parlare del tanto che guadagnano i musicisti in cima alla classifica, ma di quanti pochi siano in Italia i musicisti rock che riescano a ricavare uno stipendio (spesso mediocre) dalla musica e quanto poco, anzi nulla, guadagnino invece quelli al di sotto dei primi sessanta gruppi.
Il mio fine è far capire che è pazzesco che una nazione che ha la settima (forse) economia del mondo e sessanta milioni di abitanti, riesca a creare, da tutto il movimento che c'è intorno al rock, solo tre o quattrocento stipendi al mese per i musicisti rock.
Ciò vuol dire che c'è un problema economico enorme, vuol dire che non c'è pubblico e, se c'è, non spende e quel poco che spende, lo spende senza rischiare, andando sempre sul sicuro e sull'abituale.
E ciò, oltre ad essere un problema economico, è anche e soprattutto un problema culturale, perché è chiaro che il ragazzo italiano non dà nessun valore alla musica, visto che la relega all'ultimo posto dei suoi acquisti. Il sistema è imballato nelle sue radici più profonde e su queste bisogna agire secondo me, piuttosto che mettere pezze a colore o cercare di barcamenarsi nella situazione.
E' ovvio che la mia visione entra facilmente in conflitto con chi ne ha un'altra di segno opposto e credo che da questo nascano molte tensioni.

In un recente scambio di mail mi accennavi al fatto che stessi lavorando con Amerigo Verardi alla "restaurazione" dei dischi degli Allison Run. Raccontaci qualche dettaglio in più...
Stiamo cercando di recuperare i master dei vecchi dischi, ma non è un'impresa facile. Secondo me sono bellissimi e lo diventano sempre di più. Di recente Amerigo ed io ci siamo rincontrati su un un palco per una versione di diciassette minuti di “Smooth Dog” il pezzo che apriva “God Was Completely Deaf”. A farci ritrovare è stato anche “Eighties Colours” l'immane volume di Roberto Calabrò dedicato alla scena neo-sixties degli anni 80. Il libro fra poco avrà un corrispettivo audio, con band del periodo che si coverizzano a vicenda e per l'occasione abbiamo registrato un pezzo insieme. Si tratta di una cover dei Views che all'epoca erano il gruppo del grandissimo Giovanni Ferrario. Siamo molto contenti del risultato e per il resto non si dice nulla per scaramanzia.

Sono curioso di sapere se gli ascolti che ti hanno formato da giovane sono ancora fonte di ispirazione in maniera consapevole oppure pensi siano stati filtrati dal tempo e sia ormai stratificati...
A volte ascoltando un vecchio disco penso :“Ah, ecco da dove veniva quella cosa...”. C'è una consapevolezza a posteriori.

Ti sei già procurato i dischi dei Black Heart Procession?
Sì, mi piacciono, ma non mi somigliano secondo me, se non per l'oscurità.

A questo punto del tuo percorso, l'idea de Il Santo Niente é, perlomeno nelle intenzioni, definitivamente in soffitta?
No, assolutamente. Sto lavorando al disco nuovo con una band di venticinquenni, belli feroci, che vengono dagli Zippo e dai Death Mantra For Lazarus. Però nel frattempo mi sono accorto di avere, fra cover, inediti e pezzi rari una quarantina di minuti di musica di varie formazioni del Santo Niente che probabilmente pubblicherò prossimamente. Sarà un disco molto, molto strano.

Chiudo chiedendoti di spiegare al passante di turno obiettivi e modalità della tua idea di dare vita ad una class-action contro la SIAE…
La situazione è che se io suono in un locale il gestore deve pagare alla SIAE i diritti d'autore della musica che viene eseguita. Cioè viene pagato lo sfruttamento economico dell'opera del mio ingegno. Però dal 2007 la SIAE, quei soldi invece di darli a me, cioè il soggetto titolare di quel diritto, li accredita sui pezzi di maggior successo in quel momento, per una percentuale che va dal 75 al 95 per cento.
Il motivo? Si è scoperto che un'orchestra segnava nei borderò i pezzi del capo invece che i successi realmente eseguiti, quindi, per rimediare ad un abuso, si è scelto di punire gli onesti e i legittimati e di togliere ai poveri per dare ai ricchi con una di quelle manovre paternalistiche così squisitamente italiane: ti fottono e cercano di convincerti che lo fanno per il tuo bene. E non prendono minimamente in considerazione il fatto che gli autori non agiscano nell'ambito delle orchestre, ma quasi sempre come artisti autonomi. Nel loro immaginario truffaldino, il mondo della musica è fatto da scrittori di grandi successi e di orchestre che suonano questi successi.
Il fine è far conoscere agli autori, spesso inconsapevoli perché refrattari ad occuparsi di cose burocratiche, questi e altri furti di cui siamo vittime e, una volta raggiunta la massa critica necessaria, affrontare seriamente la SIAE, portare l'opinione pubblica dalla parte degli autori derubati e trasferire l'azione sul piano legislativo, che dovrà essere quello decisivo.

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L'articolo Umberto Palazzo: santi e navigatori (di Facebook) di Faustiko Murizzi è apparso su Rockit.it il 2012-03-12 00:00:00

COMMENTI (4)

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  • faustiko 12 anni fa Rispondi

    Ma il blog della Irma si é concluso con 3 post?

  • AlbertoChicayban 12 anni fa Rispondi

    Solamente chi non lavora da musicista può essere contrario all'iniziativa di Umberto! La SIAE a mio avviso abusa di una situazione di monopolio, ha compromesso due o tre generazioni di musicisti.

  • graziemario 12 anni fa Rispondi

    meraviglia di album

  • irmarecords 12 anni fa Rispondi

    Ciao a tutti, tramite il nostro blog e il nostro profili facebook stiamo rispondendo all'iniziativa di Umberto Palazzo riguardante la ripartizione dei "diritti SIAE". Ci sentiamo spinti ad un dibattitto e a un confronto perchè l'argomento è molto più complicato e dettagliato di quanto asserisce Umberto Palazzo e dove gli attori da combattere sono altri rispetto alla SIAE, senza nulla togliere che sicuramente la SIAE ha la neccessità di essere modernizzata e cambiata. Ma tutto ciò può partire solamente conoscendo a fondo la materia che si va a trattare:

    irmarecords.blogspot.com/