Big Charlie - Perché ci scelgono per le colonne sonore

Da Bari, una città con la capacità di risucchiarti nelle sue dinamiche sempre uguali, al promo di "Luther". I Big Charlie raccontano "Knives party"

I Big Charlie raccontano "Knives Party" nell'intervista a Letizia Bognanni
I Big Charlie raccontano "Knives Party" nell'intervista a Letizia Bognanni - Foto di Fab Design

Innanzitutto rispondono alla domanda delle domande: come sono finiti nel trailer della serie tv Luther. Poi raccontano di aver scritto "Knives party" due volte, delle collaborazioni internazionali, del concetto di "musica pop" e di come sia vivere e suonare a Bari, una città che sembra risucchiarti nelle sue dinamiche ma dove nascono tanti progetti interessanti. L'intervista ai Big Charlie di Letizia Bognanni.

Cominciamo dalla fresca news di “On my shoulders” nel trailer di Luther. Come c'è arrivata?
Nell'ultima edizione del Medimex la Snowy Peach ha partecipato con uno stand nel quale venivano trasmessi in loop tutti i video dell'etichetta. Un responsabile di Fox Italia, passando più volte davanti allo stand, si è innamorato di “On my shoulders” fino al punto di chiederci di inserirla nel promo. A volte questo genere di manifestazioni serve a qualcosa!

Una storia poco italiana.
Direi! Molto c*lo anche. Diciamo fortuna, suona meglio. Speriamo sia l'inizio di una lunga collaborazione con Fox Italia…vedremo!

Ma Luther lo seguite?
Io (Stefano) l'ho vista fino alla fine e, effettivamente, avete ragione: il finale non è così brillante come si sperava. Certo, non ai livelli di Dexter o Lost, ma si poteva fare meglio che buttare un cappotto dal ponte.

Spoiler!
Dai ho solo parlato di cappotti, mica di morti.

Ok, perdonato. Se “Knives Party” fosse una serie tv...
Domanda difficile! Diremmo Black mirror, per l'insieme delle tematiche forti e di quello che suscita nel pubblico, l'aspetto fortemente dark della serie che si sposa con la passione dei personaggi e degli atti estremi pilotati dai loro sentimenti.

Bello. Anch'io avrei detto qualcosa di inglese e oscuro. È più dark in effetti questo disco rispetto al primo.
Vero, ma c'è anche tanto cuore. Abbiamo scritto quest'album due volte.

E com'era la prima volta?
La prima volta era un'estensione di “Too little too late”: tanta elettronica, tanti suoni senza personalità. Ci siamo resi conto che stavamo seguendo ciò che ci piace senza metterci del nostro, e per questo abbiamo deciso di eliminare letteralmente tutti i brani dall'hard disk e di sederci con chitarra e piano e riscrivere tutto lasciandoci trasportare dall'emotività del momento, rendendo i brani molto più scarni ma facendo in modo che allo stesso tempo esprimessero una violenza di sentimenti. L'uso del piano e della batteria acustica ha sicuramente contribuito a questa svolta.

Non vi piace più “Too little too late”?
Ci piace perché è frutto di un duro lavoro che ci ha portati qui. È grazie a quell'album che siamo riusciti a capire cosa volessimo fare come Big Charlie. Quell'album è una raccolta di idee sviluppate in un lungo tempo, tante strade parallele che abbiamo provato a percorrere per trovare la nostra personalità. “Knives Party” invece è il risultato di un percorso ben preciso, compatto, quasi un concept album.

Un concept su?
Sui sentimenti violenti, sull'idiosincrasia, sulle passioni più viscerali. Diciamo che è un manifesto sull'emotività umana. Siamo stati ispirati anche dal quadro di EricaIlCane "Il Bacio": un'immagine tanto romantica quanto forte. Due animali trafitti da coltelli che si baciano.

("Il bacio" di EricaIlCane)

Una perfetta illustrazione dell'amore.
Anche il simbolo perfetto dei rapporti umani: passione e tormento.

Certo. Questa ispirazione mi conferma una cosa che pensavo, e cioè che oltre alla musica mi sembrate molto attenti all'aspetto "visual": la copertina del disco per esempio mi piace molto, e anche i video sono sempre interessanti.
In effetti è così. Non nascondiamo una certa cura in tutti gli aspetti del progetto. A differenza del passato ora abbiamo le idee molto più chiare su cosa sia “Knives Party”.

I coltelli sono quelli del quadro?
Il quadro è stato per noi una suggestione più che una ispirazione vera e propria. Volevamo in qualche modo rappresentare un elemento che raffigurasse quanto a fondo possano ferirti o segnarti certi momenti della vita.

Ancora a proposito di ispirazioni e suggestioni, ho letto che siete innamorati di St Vincent. Altri amori musicali che in qualche modo sono presenti nel disco?
St. Vincent ci ha completamente segnati musicalmente per questo disco, oltre ad averci stregati nel suo live pazzesco. Abbiamo una certa fissa per gli Everything Everything da un po' di tempo a questa parte. Grazie a loro abbiamo inserito la componente corale nell'album. St Vincent si sente nelle sonorità taglienti della chitarra.

In effetti, riguardo la componente corale, più che il disco di un duo sembra uno di quei gruppi di sette o otto membri.
Vero, ed è così anche dal vivo. Non siamo in otto, ma nel live in trio con il supporto di Alessio Virno al basso riusciamo a replicare quella coralità presente nel disco.

Pensate di collaborare ancora con Sun Glitters? Personalmente spero di sì, “Lovers” è uno dei miei pezzi preferiti.
Con Victor è nata questa amicizia sin dai tempi di "Too Little Too Late" con il remix di “The sun”. C'eravamo promessi di lavorare insieme nel futuro e così è stato con “Lovers”. Grazie anche al contributo dei Diverting duo, in particolare della voce femminile, Sara. Non sarebbe male fare un album insieme, o farcelo produrre artisticamente da lui! Vediamo cosa ci riserva il futuro.

Ce l'avete una canzone preferita nell'album?
Stefano: Senza ombra di dubbio “Hold On”. Il mantra dei cori nelle strofe, i passi pesanti della batteria e la potenza del ritornello rendono assieme alla chitarra tagliente questo brano il mio preferito. E' uno di quei brani che non ti stanchi mai di ascoltare.
Matteo: Il mio preferito è “On my shoulders”. Ha una energia perfetta per cambiarti la giornata. Sono legato a questo brano perché in studio ci siamo molto divertiti nel registrare i cori iniziali. E dal vivo suonarlo è davvero liberatorio.



Siete anche nella colonna sonora del film “Il sud è niente”. Anche qui, com'è nata la cosa, il regista lo conoscevate già o anche lui è rimasto folgorato come il tipo della Fox?
Il regista Fabio Mollo era alla ricerca di brani più elettronici da inserire nella colonna sonora del film. Siamo stati a lui segnalati contemporaneamente da Rhò e da Mtv New Generation. Dovevamo comparire inizialmente solo in una piccola scena ed invece alla fine siamo riusciti non solo ad inserire due brani nel lungometraggio ma anche a fare da sottofondo a tutte le clip promozionali del film con ognuna delle tracce dell'album. Oltretutto Fabio si è rivelato, oltre ad un ottimo amico, anche un grande fan del progetto a tal punto da proporsi per girare il videoclip di “How I miss you” assieme alla protagonista del film. Vedrà la luce a breve.

Cito dal film: "Il sud è niente e niente succede". Siete d'accordo, o pensate che invece qualcosa possa succedere anche al sud?
È vero, come è vero che "l'Italia è niente e niente succede". È vero anche che dipende dagli occhi con i quali si guarda la realtà del sud. Lo stesso Fabio Mollo, che è riuscito a coronare il suo sogno di realizzare il primo lungometraggio a Reggio Calabria e spopolare all'estero, dal Toronto Film Festival fino al più recente Festival di Berlino, è un esempio di quello che si può fare al sud. Noi non "molliamo" (ci perdoni Fabio per il gioco di parole!).

A Bari com'è la situazione, dal punto di vista musicale soprattutto? A me sembra che tutto sommato sia una città viva, soprattutto se paragonata appunto al resto del sud.
Se parliamo di Puglia tutto sommato bene. Ci sono progetti come Girl with the gun, FOR e Populous che fanno ben sperare per un futuro musicale che non ha nulla da invidiare al resto del mondo. Bari è tutto un altro discorso: abbiamo dedicato “Life in a loop” proprio alla nostra città, capace di incollarti alle sue dinamiche e, senza che te ne renda conto, di schiacciare i tuoi sogni. È forse grazie a questo che come Big Charlie abbiamo sentito l'esigenza di guardare oltre i confini della nostra città e dell'Italia sia per sonorità che per lingua usata.

Dite "che non ha nulla da invidiare al resto del mondo", e avete ragione, però – ma forse è solo un'impressione da italiana esterofila - mi sembra che rispetto al resto del mondo manchi sempre la voglia del pubblico di scoprire queste cose esportabili, per esempio se parli di musica e Puglia subito la gente pensa al reggae, al massimo ai Negramaro. Perché secondo voi è così difficile qui uscire dalla "nicchia"?
Argomento spinoso. Partiamo dal principio: ci sono quelli che seguono RockIt e quelli che non lo conoscono. Scusa la facile classificazione ma è così, c'è chi non sa proprio cosa sia: quelli del reggae in Puglia, quelli di Mengoni e di Uomini & Donne Granny edition. Insomma quelli che se il brano non passa 100 volte in radio o non finisce nello spot Vodafone non lo conosce. E poi ci sono quelli che scavano e fanno a gara nel cercare il gruppo col nome più strano e con meno fan su Facebook. Sono quelli che pogano ai concerti degli Aucan e ascoltano in cuffia M+A. Sono quelli che se la ridono per "P for Pausini" insomma.

Gli hipster con la maglietta "ascolto band che ancora non esistono".
Salutiamo tutti gli hipster che ci stanno leggendo ora, “Black Monday” è anche per voi!

Secondo me un problema dell'Italia è proprio questo divario fra l'”alternativo” che deve schifare senza pietà qualsiasi cosa raggiunga un minimo di successo, anche se fosse un capolavoro assoluto, e quelli che ascoltano Emma Marrone, la mia idea è che manchi il punto d'incontro, il pop inteso in senso anglosassone, quello che ha successo ma non è merda. Io ho ancora amici che rabbrividiscono se sentono la parola "pop", ma i Beatles cos'erano?
La verità è che esistono anche le sessioni private su Spotify e la gente ascolta certa musica di nascosto per non fare figure di merda perché ha una cotta. Il punto è che l'Italia "popolare" si accorge di te se arrivi a loro. Le vecchie care glorie come i Beatles hanno vissuto in un periodo storico nel quale la musica non era così fruibile. Dove c'era davvero il culto di una band, dove le ragazze si strappavano i capelli e svenivano ai concerti. Dove non bastavano 2 loop per fare musica elettronica. Ci siamo resi conto che non basta più dire nella bio "ho suonato di spalla a Patti Smith" oppure "ho vinto Arezzo Wave" per suonare in un locale con un compenso degno di tale nome. Ora che il mercato è stanco e saturo, l'unico modo per esplodere è farlo all'estero e tornare in Italia con la testa alta. Questo è l'unico modo per far diventare "pop" un progetto altrimenti per pochi. Forse ci vorrebbe un'altra intervista solo per questa domanda.

É vero. Magari un'altra volta la facciamo monotematica. Intanto l'ultima è per Stefano: meglio i Big Charlie o i Fabryka?
Vuoi più bene alla mamma o al papà?

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L'articolo Big Charlie - Perché ci scelgono per le colonne sonore di Letizia Bognanni è apparso su Rockit.it il 2014-01-27 11:13:18

Tag: serie tv

COMMENTI (1)

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  • MarcoGiordano 10 anni fa Rispondi

    casualità: cercavo "On My Shoulders" perché l'ho sentita alla pubblicità in questione purtroppo mentre non guardavo la tv, casualità non avevo shazam (e non so se l'avrebbe trovata) casualità la canzone mi piace ed ha attirato subito la mia (scarsa) attenzione. Casualità: la canzone non era nuova alle mie orecchie, ero al Medimex anch'io!
    Casualità: non frega un c.. a nessuno del mio commento ma sono felice di averli trovati!