Foto Profilo: Joan Thiele

Abbiamo ascoltato per caso qualche pezzo di Joan Thiele in giro per l'internet, e ce ne siamo innamorati. Ecco una breve intervista per conoscere un'artista che farà molto parlare di sé, nei prossimi mesi

Joan Thiele
Joan Thiele

Abbiamo ascoltato per caso qualche pezzo di Joan Thiele in giro per l'internet, e ce ne siamo letteralmente innamorati. L'abbiamo contattata per una breve intervista, e di tutta risposta lei ci ha regalato un bellissimo video di una sua esibizione un po' particolare, dentro il carcere di Brescia. 

 

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Come ogni intervista foto-profilo che si rispetti, iniziamo con le presentazioni
Mi chiamo Alessandra Joan Thiele, sono nata in Italia ma ho vissuto un sacco di anni in Sud America; sono cresciuta in Costa Rica e poi in Colombia, perché mio padre coltivava noccioline lì. Siamo stati in Sud America per un po’ di anni prima di tornare in Italia, sul lago di Garda, a Desenzano. Dopo mi sono trasferita in Inghilterra a studiare chitarra, e lì verso i 18 anni ho iniziato a scrivere le mie canzoni.



Gli anni in Costarica hanno lasciato suggestioni nel tuo immaginario musicale?
Sì, mi è rimasto molto dentro, proprio a livello di immagini. Mio padre vive ancora in Colombia quindi ci torno tutti gli anni, è un luogo dal quale puoi ricevere input pazzeschi, anche dal punto di vista musicale; ci sono letteralmente musicisti ovunque.



Gli anni in Inghilterra invece che ruolo hanno avuto nella tua formazione?
Nel Regno Unito mi sono messa a studiare pesantemente la chitarra, anche se non mi esibivo ancora con pezzi miei. Stavo con un musicista ed ero circondata da persone che organizzavano concerti e festival, quindi lo stare sempre con gente che ne sa un sacco di musica è una cosa che mi ha ispirato molto, sentivo di avere tanto da imparare. Per me quel periodo è stato davvero super.



Ci sono pochi tuoi pezzi online, ma la direzione della tua musica è abbastanza chiara. Quali sono i tuoi punti di riferimento?
Di base sono una ledzeppeliana, li ascolto sin da piccola, al punto che mi sono messa a suonare la chitarra perché volevo diventare come Jimmy Page! Adesso invece mi piace un sacco Lianne La Havas, The Corrispondents, Submotion Orchestra e quel genere lì. Anche cose un po’ più elettroniche, come Little Dragon. Nel mio prossimo album (che sto autoproducendo) ci saranno brani in acustico, chitarra e voce, però ci saranno anche delle leggere contaminazioni elettroniche. Non c’è ancora un titolo definitivo, ma la cosa che caratterizza il disco è proprio il concetto di cambiamento, di crescita.



Lo scorso dicembre hai suonato in un carcere. Ci puoi spiegare com’è nato il tutto, e che tipo di esperienza è stata?
A Giugno ho suonato alla Festa della Musica a Brescia, organizzata da Radio Onda d’Urto. C’erano palchetti per tutta la città, e musicisti che si esibivano a tutte le ore del giorno; io ho suonato di fronte al Duomo. Alla fine del concerto mi ferma questa signora che si presenta come la direttrice del carcere di Brescia che mi chiede di andare a fare un live da lei perché le ero piaciuta molto e le avevo trasmesso tanto, e così voleva condividere la mia musica anche con i carcerati. Io ovviamente ho accettato subito, anche perché il fatto che a dirigere il carcere ci fosse una donna (così come sono donne tutti i dirigenti) mi aveva sorpreso molto. Così abbiamo organizzato questo concerto di beneficienza i cui fondi poi sono andati a finanziare progetti di ristrutturazione. La stessa direttrice però, prima del concerto, mi ha consigliato di visitare la struttura, perché il carcere è un luogo che ti dà sempre qualcosa di forte e inaspettato e non sempre sai bene come reagire. Così sono andata una prima volta, un mese prima del concerto, per vedere la struttura e ambientarmi. Ti assicuro che è stata un’esperienza forte: vedere le celle, i corridoi, il loro teatrino - che in realtà sembra una sorta di mensa scolastica - è stata una stranissima sensazione, sembra veramente una scuola diroccata, andata a male, con l’odore di disinfettante. Insomma quella prima volta tutto sommato è andato tutto bene. La seconda volta invece sono tornata per una giornata di integrazione; sono entrata nelle celle, ho conosciuto i detenuti che avrebbero assistito al concerto e lì mi sono resa conto che l’esperienza che mi stavo preparando a fare non era esattamente una passeggiata. Quella giornata è stata pesante, mi sono presa un po’ male. Il giorno del concerto vero e proprio invece è stato tutto bellissimo, ho passato tutto il tempo col bibliotecario che mi ha raccontato le storie più assurde, e con il fonico che in passato aveva lavorato persino con Mina e non so per quale motivo era poi finito in cella. Insomma è stata una giornata fantastica, già dopo le prime ore mi sono tranquillizzata e nonostante fossi abbastanza preoccupata per la reazione delle persone (non sai mai come un pubblico del genere potrebbe prendere la tua musica) è stato veramente bello, molto molto emozionante. A un certo punto ho dedicato un pezzo alla Colombia, e una parte dei detenuti colombiani si è alzato a urlare e fare il tifo, è stato molto carino. C’era una bella interazione, anche se ero completamente sola sul palco.

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L'articolo Foto Profilo: Joan Thiele di Nur Al Habash è apparso su Rockit.it il 2015-02-13 17:51:00

COMMENTI (1)

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  • marcomoro 9 anni fa Rispondi

    Grazie Rockit per la bella scoperta. La terrò d'occhio! ;)